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Lo sguardo libero
Come Draghi riformerà la Rai
Mario Draghi  Lapresse

È impassibile – e una fortuna per l’Italia - il metodo d’azione, da economista e manager, del presidente del Consiglio Mario Draghi, al pari della non conoscenza della sua prassi in alquanta parte della politica, come dimostra l’incapacità di alcuni rappresentanti dei partiti sia di decifrare che anticipare le scelte del premier. Esemplare in questo senso è il dibattito sulla riforma della Rai, così messo correttamente a fuoco su questa testata da parte del direttore Angelo Maria Perrino.

Come agirà Draghi? C’è un elenco delle priorità. Queste per chi governa, una sorta di amministratore delegato – è vero, certamente espressione della Repubblica parlamentare – della ottava potenza economica al mondo, rimangono tali malgrado, con tutto il rispetto, le polemiche che riguardano un rapper. Ora le priorità sono due: 1 -  la pandemia, con la campagna vaccinale che procede bene, grazie alla gestione del commissario straordinario generale Francesco Paolo Figliulo; 2 -   la ripartenza economica, con il piano dei sostegni alle categorie più colpite dagli effetti della crisi pandemica, la stagione turistica estiva alle porte e il PNRR (Piano Nazionale Ripresa Resilienza), ossia la declinazione italiana di Next Generation EU:  un disegno di 248 MLD, tra 191 europei (69 di prestiti e 122 a fondo perduto) e gli altri stanziati dall’esecutivo. Qui la situazione si complica: gli obiettivi dettati dall’Ue – sostenibilità, digitalizzazione e inclusione sociale – sono il volano di più temi da gestire: infrastrutture fisiche e digitali, industria ed energia green, riforma della giustizia e della pubblica amministrazione, istruzione, scuola e sanità. C’è un grandissimo lavoro da fare.

La Rai può attendere. Tuttavia, si può prevedere come si comporterà Draghi. Come sanno manager ed economisti, si parte dalle proposte già esistenti. Come sono queste ultime? Probabilmente nessuna degna di essere tirata fuori dal cassetto. Draghi è consapevole che la politica quasi sempre guarda al proprio interesse, al consenso elettorale immediato ed è probabilmente impossibile che abbia pensato a una vera riforma manageriale, economica e finanziaria della televisione pubblica, che, proprio perché è tale, merita e necessita di un simile approccio. Non si dimentichi quanto si può fare, per esempio il caso di Poste Italiane, una palingenesi, un tempo emblema dell’inefficienza (e anche degli sfoghi degli utenti presso il personale delle filiali, col classico “Mi chiami il direttore!”), oggi caso di efficienza, dove neppure gli italiani riescono a trovare il pelo nell’uovo. Quando si vuole riformare un’azienda, si parte dalla testa.  Infatti, il Governo pare abbia affidato a Egon Zehnder, una delle più importanti società al mondo di selezione del personale (head hunter, “cacciatore di teste”) di individuare i possibili presidente e CEO. Per completezza, ben vengano tali consulenze, cui si ricorre se non ci sono soluzioni interne, come avvenne già con McKinsey, una delle società di consulenza anch’essa tra le più rilevanti, quando sono tra le espressioni migliori delle competenze e delle conoscenze del capitalismo e dell’economia liberale, quindi della democrazia, l’opposto, lo si dice per intenderci, del parlamentare con il diploma di scuola media che non può necessariamente avere tale preparazione, conseguenza di studi e curriculum vitae. Poi ci sarà il confronto con la politica su tali nomine e bisognerà riformare la governance e sarà davvero interessante vedere la scelta di Draghi (se si possiede la conoscenza, tutto nasce spontaneamente e in modo sempre diverso, il che vale nell’arte, nell’economia come in qualsiasi disciplina, quindi non sarà un grande problema - il risultato non la fatica - per il premier). Toccherà poi mettere mano alla riforma delle redazioni, come auspicato da Angelo Maria Perrino, discorso spinosissimo visti la funzione di servizio pubblico, la professione giornalistica, che è di tipo intellettuale, prevede un Ordine e ha aspetti deontologici fondamentali, il ruolo ovviamente imprescindibile dei sindacati e le norme del contratto nazionale professionale.

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