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Covid, studio italiano sul plasma. De Donno: "Nelle fasi iniziali della malattia funziona soprattutto negli anziani"

Covid, studio italiano sul plasma. De Donno: "Nelle fasi iniziali della malattia funziona soprattutto negli anziani"

Uno studio tutto italiano conferma che il plasma funziona contro il covid-19. La terapia del plasma iperimmune (una componente del sangue che contiene proteine, nutrienti, prodotti del metabolismo, ormoni e elettroliti inorganici, ma è privo di cellule) oggetto della ricerca dell’Università di Mantova, ricco di anticorpi neutralizzanti, funziona perché abbatte la mortalità negli anziani del 65%, con forme moderate o gravi di covid ed elimina il coronavirus nel 90 per cento dei casi. Lo afferma la ricerca pubblicata su una prestigiosa rivista americana, la Mayo Clinic Proceeding, che fa capo alla Mayo Foundation, una delle più grandi no profit al mondo, condotta in collaborazione tra l'ospedale Carlo Poma e il Green Park, Rsa privata operante nel territorio. I dati dello studio sono stati confrontati con quelli della Regione Lombardia relativi alla mortalità per covid nelle Rsa nello stesso periodo. Lo studio si è concentrato sugli anziani ricoverati in una residenza per anziani. I pazienti covid hanno ricevuto entro 72 ore dalla comparsa dei sintomi plasma iperimmune donato dai volontari guariti dall’infezione.

Naturalmente il plasma non funziona in tutti i casi gravi, ma in una determinata fase di progressione della malattia può essere salvifico. Prima di questo studio hanno fatto discutere molto due altri studi, uno dei quali aveva messo in dubbio l’efficacia del plasma. Secondo il Direttore SC di Pneumologia e Utir ASST Mantova, Ospedale C. Poma, Giuseppe De Donno, quella ricerca era stata fatta usando un numero inferiore di anticorpi: questa è la ragione del fallimento. Pierluigi Lopalco aveva considerato l’utilità di questa terapia, fin dalla prima ondata, nonostante non si fosse mai sbilanciato più di tanto sull’efficacia. Infatti, in Puglia il plasma viene utilizzato da quasi un anno e l’Asl di Brindisi si è spinta fino al punto di affermare che attraverso quest’ultimo sono stati ottenuti buoni risultati e guarigioni. Certo, come ha spiegato Lopalco, non è facile gestire il plasma e conservarlo: il professore la considera una delle diverse armi in campo. Dunque, ora a dire che questa terapia funziona in determinati casi e circostanze non sono più solo Le Iene (programma in onda su Italia 1) nella famosa intervista al dottor De Donno, dove tanti ex pazienti covid erano pronti a giurare che il plasma iperimmune li aveva miracolosamente salvati. Adesso anche un servizio nel tg di scienza, su Rai Tre “Leonardo” (del 19 febbraio 2021) ne tesse le lodi.

“Ho notato, con una certa sorpresa, devo dire – spiega Massimo Franchini, direttore servizio Trasfusionale dell’Ospedale di Poma, ai microfoni di RAI TRE- una riduzione della mortalità del 65%: una dato molto importante. È stato dato plasma iperimmune ad ‘alto titolo’, con un’alta percentuale di anticorpi capaci di bloccare il virus”. Secondo alcuni studiosi, attraverso questi anticorpi il sistema immunitario è in grado di reagire efficacemente persino con la variante inglese. Con 600 millilitri di plasma si possono curare due persone. L’Ospedale di Mantova è già autosufficiente per trattare tutti i pazienti che non rispondono alla terapia di eparina e cortisone. 

Del resto, l’infettivologo e scrittore, Pietro Grima, più volte ha spiegato che anche 100 anni fa, con la spagnola, fu usato il plasma di chi era guarito dalla stessa malattia che si voleva combattere, come è avvenuto per altri più recenti virus, e che utilizzarlo è sempre una buona idea. 

INTERVISTA AL DOTTOR GIUSEPPE DE DONNO

È passato un anno dalla prima ondata e lo studio di Mantova sul plasma iperimmune, tutto italiano, le dà ancora una volta ragione...

”Quello che si dimostra è che il plasma funziona, soprattutto nelle prime fasi della malattia. Più vai avanti nella malattia è più difficile che funzioni…Abbiamo appurato che nelle fasi iniziali della malattia funziona, soprattutto nei confronti degli anziani. Questo studio è rivolto soprattutto a chi è più avanti con l’età”. 

Nella fase grave il plasma, però, non è sempre risolutivo, vero? 

“Nella fase grave della malattia il plasma funziona molto di meno. Dopo 10 giorni dall’insorgenza dell’insufficienza respiratoria, pensiamo che l’efficacia del plasma si riduca molto”. 

Dunque, per essere compresi anche dai non addetti ai lavori, diciamo che se si utilizza un plasma molto carico di anticorpi, si può dare una risposta importante anche contro le varianti: sono queste le conclusioni a cui è arrivato il vostro studio? 

“Sembrerebbe efficace anche contro le varianti. Questo studio è terminato a fine maggio come casistica, quando ancora non si parlava delle varianti inglese, brasiliana e sudamericana. Adesso andremo via avanti con un nuovo studio e verificheremo l’effetto del plasma sulle varianti”.

Ci sono stati due studi internazionali sul plasma pubblicati su Science: uno favorevole e l’ultimo molto scettico. Perché alcuni studiosi hanno bocciato questa terapia? 

“Semplicemente perché l’hanno fatto uno studio senza tarare gli anticorpi. Utilizzavano basse concentrazioni di anticorpi neutralizzanti e, di conseguenza,  la terapia non funzionava. Gli anticorpi neutralizzanti devono avere almeno una concentrazione adeguata, di 80 o di 160, per funzionare, altrimenti non possono essere efficaci”. 

Insomma, è nei particolari che si nasconde il fallimento di uno studio. L’Università di Mantova ha gestito la concentrazione di anticorpi in questa sperimentazione? 

“Quest’ultimo studio sugli anziani è tutto Mantovano”. 

Farete altri studi sul plasma?

 “Ci stiamo concentrando anche sul versante endocrinologico: vedremo cosa emergerà”. 

L’endorsement di Salvini non le ha giovato: è diventato antipatico alla squadra avversaria. Ha ricevuto molti attacchi sulla stampa...

“Non ci sono stati appoggi politici in questa fase, per fortuna. Nella prima fase non c’è stato nulla da fare… Purtroppo l’Italia è fatta così: in troppi giocano a fare gli ultras. Noi facciamo i medici e restiamo in corsia”.

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