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Coronavirus
Vaccino cinese, l'odissea di una romana. Il Ministero: “Non sappiamo che fare"

Covid-19, dalle Maldive all'Italia con tre quarantene: il vaccino cinese Sinopharm che ha fatto in doppia dose non è riconosciuto in Italia e ora Federica è costretta a fare tamponi ogni due giorni per poter lavorare

La risposta dell'ospedale Spallanzani, l'eccellenza Italiana nella lotta al Covid-19, alle pressanti richieste di chiarimenti di una ragazza romana è come un segno di resa: “Gentile Signora, al momento non vi è un percorso alternativo o iniziative sperimentali per situazioni come la sua. La informerò in caso di novità. Saluti”.

La storia infinita ha come protagonista Federica G. una ventinovenne romana con la passione per la scoperta del mondo, il mare e che ha trovato lavoro a 26 anni in un'agenzia di animazione che le ha soddisfatto la sua fame di scoprire cosa c'è oltre. Poi è stata la volta dell'esperienza del diving e del water sport alle Maldive, dove ha vissuto per 3 anni tra squali e immersioni nel paradiso delle vacanze.

Tace anche il ministero della Salute che ha ignorato sistematicamente le “pec” con richiesta di aiuto spedite all'inizio del mese. Insomma, il destino per chi è stato vaccinato col Sinopharm è quello del limbo: per lavorare, andare al ristorante o in qualsiasi altro luogo, non resta che il tampone.

Esplode il Covid e Federica è in vacanza nella Filippine e qui rimane per la prima quarantena: vietato tornare negli atolli. Terminato l'isolamento, Federica G. riesce a rientrare alle Maldive ma ad attenderla c'è una seconda quarantena. Stanza con vista mare ma divieto di uscire e riso a pranzo e a cena, poiché nel resort senza turisti, il ristorante era chiuso. La dieta a base di riso in bianco e al curry dura 15 interminabili giorni. Senza mai poter uscire e beffata perché il fidanzato era nella sua stanza accanto ma col divieto di incontrarsi.

La giovane non si arrende e scrive al Consolato Italiano e qui il miracolo: spunta un aereo da Malè diretto in Italia e lo scorso 22 aprile è atterrata a Roma. Qui ad attenderla una nuova quarantena, la terza, e una serie di tamponi tutti negativi, sino a quando non ha ritrovato la libertà e anche un lavoro in una gelateria romana, ma senza vaccino riconosciuto e relativo Green Pass ogni tre giorni deve spendere 15 euro per il “tampone salva vita”.

Abituata con gli squali Federica non si è data per vinta: “Io non voglio essere una no vax, voglio solo ritrovare la mia libertà e sapere se devo fare un vaccino riconosciuto o meno. Scienza e politica devono darmi una risposta e in tempi brevi. Rivoglio la mia vita, rivoglio la mia libertà”.

E il medico di base?

“Nessuna riposta, non sa cosa dirmi se non di rivolgermi alla Asl”.

E la Asl?

“Non sanno cosa fare, mi hanno detto di rivolgermi al Ministero”.

E il Ministero della Salute?

“La mail l'avete letta".

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