Se l’export di vino italiano nel complesso ha registrato nel 2020 un calo pari a -2,4% in valore, quello della cooperazione – nonostante le maggiori difficoltà per il segmento dei vini sfusi – ha invece registrato una crescita, pari al +3%. I dati emersi dallo studio di Nomisma sono la dimostrazione pratica che le imprese che operano in differenti canali hanno pagato meno la crisi, grazie ad una compensazione che certamente non ha risolto le criticità ma ha consentito di attenuare gli effetti negativi della pandemia e le contrazioni di mercato”.
Ma chiaramente non sono tutte rose e fiori in un anno che comunque è stato ovviamente difficilissimo per un settore delicato come il vino, che per alcune tipologie di prodotto ha sofferto moltissimo dalle chiusure del settore Horeca «Per riportare il livello di consumo del vino al periodo prima della crisi, occorreranno secondo le cooperative almeno tre anni. Sarà necessario agire da un lato sui consumi interni e puntare al contempo sull'export».
E’ questa, infatti, la previsione delle cooperative di Italia, Francia e Spagna che hanno chiesto ad inizio anno all’Unione Europea di estendere le misure di crisi per il vino a tutto il 2021. Dal loro punto di vista è necessario ampliare e rifinanziare i programmi nazionali di sostegno al comparto affiancando agli strumenti messi in atto per l’emergenza Covid, che di per sé non sono sufficienti, un piano pluriennale che consenta al settore vitivinicolo europeo, attraverso risorse economiche aggiuntive, di preparare il suo futuro. E’ di questo si è fatto portavoce per tutta la filiera agroalimentare anche il sottosegretario all’agricoltura Gianmarco Centinaio “La transizione verde e la svolta green dell’Italia dipendono dall'agricoltura e dall'agroalimentare.
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