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Cronache
Coronavirus, contenimento-sicurezza sul lavoro:rischi e sforzi imprenditoriali

Il bilanciamento di valori tra la necessaria prosecuzione dell’attività produttiva e la tutela della salute dei lavoratori è un tema che ha assunto un rilevo quanto mai centrale nel dibattito sull’emergenza sanitaria che sta affliggendo il nostro paese.

La fase della ripresa dell’attività, dapprima collegata alla rispondenza a tipologie di impresa individuate attraverso i codici Ateco è destinata nei prossimi giorni a sfociare in una riapertura massiva, seppur graduale. Si tratta della auspicata “fase due” della gestione dell’emergenza pandemica.  Tale scenario pone il tema della sicurezza sui luoghi di lavoro in primissimo piano per tutte le attività commerciali e imprenditoriali che si accingono a riaprire: dal piccolo negozio alla fabbrica di notevoli dimensioni.

 

Rispetto alla prima fase del contagio, il tema ha assunto connotati maggiormente problematici: il trascorrere del tempo ha infatti consentito, da un lato, il proliferare di normativa di dettaglio impositiva di obblighi nei confronti dell’imprenditore, ed al contempo ha dissolto quegli alibi di “ignoranza scusabile” in capo all’azienda invocabili nei primissimi giorni, con riferimento sia agli effetti devastanti del virus (e quindi, all’assoluto rilievo del rischio aziendale), sia alle misure di sicurezza indispensabili per fronteggiarlo.

 

Ne consegue che, alla vigilia dell’invocata ripresa lavorativa, molti sono gli obblighi ed i rischi connessi alla scelta imprenditoriale sul riavviare o meno la propria attività. Se i rischi appaiono noti, non pare lo stesso per gli obblighi talvolta rimessi a conoscenze tecniche e giuridiche estranee al patrimonio conoscitivo dell’imprenditore. Si configura così il pericolo per l’azienda di dover riprendere la propria attività senza poterla programmare adeguatamente, così accollandosi (talvolta inconsapevolmente) rischi, addirittura, di natura penale.

 

Il rischio penale ed i soggetti imputabili, la centralità degli strumenti di prevenzione

 

Come noto, la responsabilità datoriale rispetto alla salute dei lavoratori trova il proprio fondamento in vari testi normativi: dall’art 2087 c.c. al D.Lgs 81/08 per non scomodare la nostra carta costituzionale. All’assoluto rilievo del bene giuridico in esame consegue un complesso e gradato sistema di tutela in ambito penale: un ambiente lavorativo non conforme a normativa configura, anche in assenza di eventi morbosi, una autonoma fattispecie di reato ai sensi del testo unico. Laddove, invece, dall’adozione di presidi insufficienti derivino eventi lesivi per il dipendente i delitti in contestazione potranno essere quelli di lesioni colpose o omicidio colposo con violazione delle norme sulla sicurezza dei lavoratori.

In questi ultimi casi il rischio per l’azienda è quello di veder coinvolta nell’eventuale procedimento penale, oltre alle persone fisiche (legale rappresentante e responsabile per la sicurezza), addirittura la stessa persona giuridica ai sensi del D.Lgs. 231/01. La società sarà assoggettabile, in caso di condanna, a severe sanzioni pecuniarie o interdittive.

Un’efficace difesa processuale dovrebbe condurre alla dimostrazione di aver organizzato un sistema complesso di misure preventive (individuali e collettive) necessarie per fronteggiare il rischio di contagio all’interno dell’azienda. Ancor più centrale sarà la valenza dei protocolli di sicurezza approntati, per giungere al proscioglimento dell’ente: per quest’ultimo, infatti, la linea difensiva in giudizio è sostanzialmente tracciata dal medesimo D. Lgs 231/01 che richiede alla società incolpata di dimostrare l’efficacia del proprio modello organizzativo con riferimento al momento dell’eventuale contagio.

Dalle suddette considerazioni emerge con forza la necessità per tutte le aziende di qualsivoglia grandezza e rilievo, di ragionare in ottica preventiva e prognostica rispetto alla ripresa dell’attività produttiva. L’assoluta novità di un rischio lesivo di questo tipo (ben diverso dal perimetro, usuale, degli infortuni sul lavoro in senso stretto) conduce alla necessità di una rivisitazione degli strumenti di compliance aziendale: l’aggiornamento della valutazione dei rischi con riferimento al modello 231 di cui l’azienda sia già (auspicabilmente) dotata o, quantomeno, la valutazione del medesimo rischio con riferimento al testo unico sulla sicurezza sul lavoro.

Per chi non fosse debitamente attrezzato sotto il profilo dei modelli organizzativi di gestione, non appare ulteriormente procrastinabile il progetto di dotarsi di tali strumenti.

Fortunatamente l’ampiezza degli istituti forniti all’azienda per la prevenzione del rischio appare in linea con la gravità delle conseguenze connesse alla sua eventuale concretizzazione.

In estrema sintesi ed in ordine crescente di efficacia e complessità tecnica, le imprese possono avvalersi dei seguenti strumenti:

  • delega di funzioni in materia di sicurezza da conferire ad un soggetto diverso dal legale rappresentante
  • aggiornamento della valutazione del rischio e delle procedure ex D.Lgs 81/08 e D.Lgs. 231/01
  • adozione di modello organizzativo ai sensi del Dlgs 231/01

 

La complessità del quadro normativo

 

In attesa che il Governo licenzi la regolamentazione, attualmente in fase di redazione da parte della task force governativa presieduta dal Dott. Colao (si annunciano classificazioni di rischio connesse alle singole tipologie di attività), appare evidente la necessità di un supporto tecnico e giuridico per l’azienda che intenda affrontare diligentemente un rischio sanitario inscindibile dal presente momento storico.

Il quadro normativo di riferimento appare infatti assai stratificato: alla legislazione d’urgenza promulgata dal Governo nazionale, si sommano le disposizioni regionali e le circolari amministrative, senza dimenticare gli obblighi sempre cogenti del Testo Unico sulla sicurezza.

Alla difficoltà di selezione e sintesi dei vari testi normativi rilevanti per ciascuna azienda, si affianca l’aspetto – ancor più problematico – di calare la (necessaria) astrattezza delle previsioni legislative all’interno della propria realtà imprenditoriale.

Una realtà applicativa che si complica alla luce della attuale difformità di disciplina tra le varie regioni che imporrà un ulteriore livello di approfondimento per le imprese o le catene commerciali con più sedi nel territorio nazionale.

In conclusione, l’eccezionale gravità dell’attuale periodo storico sembra richiedere alle imprese, e massimamente a quelle di piccole e medie dimensioni, un duplice sforzo prognostico e organizzativo: oltre alla complessità di lettura dei futuri sviluppi economici, infatti, si esige da loro – talvolta senza idonea pubblicità - un definitivo cambio di passo sulla prevenzione del rischio contagio e della sicurezza sul lavoro.

Avv. Matteo Corri

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