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Cronache
Emanuela Orlandi: "Per me è viva, il Papa sa tutto, il Vaticano ci ha tradito"
Pietro Orlandi (Imagoeconomica)

Intervista a Pietro Orlandi: "In un modo o nel'altro arriveremo alla verità e alla giustizia"

Il 14 gennaio è il compleanno di Emanuela Orlandi e il fratello Pietro lo passa, come sempre, nel sit-in organizzato a Largo Giovanni XXII, a Castel Sant'Angelo (dalle 16.30 alle 18.30). Sua sorella compie 55 anni e non usiamo il condizionale per rispetto della straordinaria determinazione dei suoi familiari: “Finché non avrò la prova della sua morte, ho il dovere di cercarla viva. Emanuela in questo momento è iscritta all'anagrafe vaticana come vivente, perchè non c'è mai stata una dichiarazione di morte presunta”, spiega Pietro ad affaritaliani.it.

Inoltre, Orlandi precisa che l'organizzazione del sit-in è antecedente all'apertura dell'inchiesta in Vaticano e anche alla morte di Ratzinger, ma inevitabilmente questa svolta clamorosa lo spinge a delle riflessioni piuttosto profonde.

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Lei ha sempre detto che sia Ratzinger che Wojtyla sapevano cosa è successo a Emanuela: si aspetta che il momento della verità si stia avvicinando?

Anche se non ho le prove certificate, che loro sapessero è evidente dal loro comportamento. E lo stesso vale per Papa Francesco, ne sono convinto al 100%. Quello che è emerso dai messaggi WhatsApp del 2014 lo rende chiaro, infatti spero che si possano verbalizzare nell'inchiesta. Anche per questo mi colpisce molto questa apertura, ma ora voglio capire come si andrà avanti. 

Quali scenari si immagina?

Con la decisione di aprire l'inchiesta hanno messo un punto a quella che chiamo “l'operazione silenzio”, probabilmente perché hanno capito che difficilmente riusciranno a evitare ancora che si faccia chiarezza su questa storia. A questo punto bisognerà fare indagini e interrogare tante persone, ma vedrà che ogni volta che qualcuno sarà chiamato a testimoniare ci sarà una forte eco mediatica. Può anche darsi che qualcuno si presenti spontaneamente.  

E' stata proposta anche una commissione parlamentare d'inchiesta: lei è favorevole?

Sì, certo. A quel punto ci saranno ben due soggetti titolati a fare chiarezza, uno in Italia e uno in Vaticano. Le commissioni parlamentari hanno il potere di indagare e di interrogare i testimoni e il magistrato Capaldo, che era titolare dell'inchiesta della Procura di Roma, si è già detto disponibile a collaborare. 

E dal Vaticano che cosa si aspetta?

Può anche darsi che abbiano deciso di aprire solo oggi un'inchiesta per arrivare a una verità di comodo, per chiudere questa vicenda senza troppi danni. Ma c'è anche il rischio che questa faccenda gli possa sfuggire di mano: con tutti questi personaggi in campo, è difficile controllarla.

Anche perché sembra evidente che in Vaticano ci siano diverse fazioni in contrasto tra loro...

Infatti non eccedo con gli entusiasmi per la decisione di aprire l'inchiesta su Emanuela. In questi quarant'anni sono stato così spesso illuso e disilluso da evitare il pensiero che all'improvviso siano diventate di colpo le persone più buone del mondo. Hanno deciso di fare chiarezza, qualunque sia il prezzo della verità? Me lo auguro, ma nello stesso tempo devo anche prendere in considerazione un'altra ipotesi: che Emanuela venga usata per le loro lotte interne.

A che cosa si riferisce?

In Vaticano molti sanno che ci sono diversi cardinali ostili a Papa Francesco, che sperano nelle sue dimissioni e che spingono per convincerlo a presentarle, al punto che già si parla di conclave. E chi mi assicura che Bergoglio non lo abbia fatto per reazione, magari conoscendo il dossier su Emanuela e le persone eventualmente coinvolte?

Proviamo ad anticipare le questioni di merito dell'inchiesta: si è parlato di possibili connessioni tra il caso di Emanuela e quelli di Katty Skerl, 17enne trovata morta nel 1984. Lei che cosa ne pensa?

Per me non c'è alcun tipo di legame con Emanuela. Ne ha parlato solamente Marco Fassoni Accetti, il fotografo che si autoaccusò dei rapimenti di mia sorella e di Mirella Gregori, ma senza mai fornire riscontri. A un certo punto ha invitato gli inquirenti ad aprire la tomba di Katty, dove non ci sarebbe stata la bara. Lo scorso luglio si è andati a verificare e in effetti la tomba non c'era, quindi è chiaro che Accetti qualcosa sa su Katty. Lui sperava che, risultando credibile su quel caso, lo diventasse anche su Emanuela, ma non si è mai dimostrato alcun collegamento. Nemmeno col fatto che fatto che Katty fosse in classe della figlia del bulgaro Sergej Antonov, presunto complice di Agca nell'attentato a Papa Wojtyła.

Invece lei suggerisce un legame tra Emanuela e la guardia svizzera Alois Estermann, trovato morto nel 1998 insieme alla moglie Gladys Romero e al subordinato Cedric Tornay. Come mai?

C'è una serie di motivi che me lo fanno pensare. Ne era convinto il giudice Ferdinando Imposimato, che all'epoca conoscevo bene, e lo è anche la mia avvocata Laura Sgrò: entrambi hanno scritto dei libri sulla vicenda. C'era una voce insistente sul fatto che avessero rubato dei documenti dalla sua cassaforte. Inoltre, c'era stato un incontro con Antonio Arconte, personaggio legato a Gladio, al quale Estermann aveva confidato di avere paura e di volersene andare dal Vaticano negli Stati Uniti. Si diedero appuntamento in Corsica per partire da lì, ma Estermann non si presentò e Arconte solo dai giornali scoprì cosa era successo e chi era Estermann. E poi c'è una “coincidenza” che mi ha colpito moltissimo.

Quale?

Le prime due persone che sono entrate a fare un'ispezione a casa di Estermann, dopo la sua morte, sono stati il Cardinale Re e il gendarme Raul Bonarelli, entrambi legati alla vicenda di Emanuela.

Secondo lei, cosa è successo a Emanuela? State insistendo molto sulla pista degli abusi sessuali: è lì la chiave del mistero?

In effetti non è mai stata indagata, ma se la pista giusta è quella, per me è servita per creare l'oggetto di un ricatto. Il rapimento era stato organizzato da tempo, ma una ragazzina come Emanuela, da sola, non poteva bastare per ricattare uno Stato potente come il Vaticano. Forse mia sorella è stata messa in una situazione specifica, per creare tale oggetto. Facciamo un'ipotesi: se qualcuno avesse saputo che qualche personaggio importante era un pedofilo, portandogli la ragazzina “sbagliata” si sarebbe creato eccome un oggetto di ricatto. 

Lei oggi ha 63 anni e vive a Roma, non più in Vaticano...

Sì, ma i miei sono ancora lì e, le assicuro, il Vaticano per me è ancora parte della mia famiglia.

E quali sono i suoi sentimenti nei confronti del Vaticano e dei tre papi che si sono succeduti, dopo tutto quello che è capitato a lei e alla sua famiglia?

Mi sento tradito. E il fatto che sia stato fatto da una sorta di familiare lo rende ancora più doloroso. Per tanti anni hanno voltato le spalle sia a Emanuela, che a noi. Eppure, facevamo tutti parte della “famiglia” del Vaticano. Io e le mie sorelle abbiamo trascorso l'infanzia nei Giardini Vaticani, come se fosse il cortile di casa. Il Vaticano è piccolo, è come se fosse un'unica casa: i silenzi e la mancata collaborazione di questi quarant'anni li ho sempre vissuti come un tradimento.

Lei ha avuto sei figli, tre maschi e tre femmine: come ha inciso la vicenda di Emanuela nel suo modo di essere padre?

Inevitabilmente mi ha portato ad essere apprensivo, anche se oggi ci sono i cellulari che aiutano a tenere sotto controllo i figli. Ho cercato di non farglielo pesare, ma soprattutto con le femmine e specialmente quando erano più piccole, ho provato del patema d'animo a ogni loro uscita. In particolare, se mi chiedono di accompagnarle da qualche parte e io non posso, resto in ansia fino a quando non mi accerto che è andato tutto bene. Purtroppo, il giorno della sparizione di mia sorella accadde che lei mi chiese di accompagnarla e io non potevo, quindi uscì innervosita e non l'ho più rivista. Continuo a chiedermi se accompagnandola avrei evitato tutto questo: è un pensiero che mi porterò dietro per tutta la vita.

Lei non ha mai mollato, nonostante tutto: quanta speranza le è rimasta? 

Sono sempre ottimista: in un modo o nel'altro arriveremo alla verità e alla giustizia. Mi piacerebbe che fosse un messaggio rivolto a tutti coloro che subiscono delle ingiustizie, piccole o grandi che siano: mon bisogna accettarle, mai. Spero che la mia insistenza stimoli quelle persone che accettano passivamente l'ingiustizia, perché è quello che ci vogliono portare a pensare dicendo frasi come “eh, ormai....”. No, nessuno deve mai rassegnarsi a subire.

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Tags:
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