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Cronache
Glifosato: nuove prove su danni neurologici ai bambini. Ma l’UE lo fa usare

Nuovo studio americano: glifosato collegato a disturbi neurologici in età infantile e chi è più povero è sempre più a rischio

Quasi cinquant’anni di uso massiccio ed esteso di erbicidi a base di glifosato hanno messo a rischio la salute umana, animale e ambientale? Sembrerebbe proprio di sì, anche se gli studi sono considerati parziali. 

Uno nuovo studio, pubblicato di recente dalla rivista rivista peer-reviewed di scienze ambientali e salute ambientale Environmental Research, rileva un'associazione tra lo sviluppo neurologico negativo dei neonati e l'esposizione all'erbicida durante la gravidanza delle madri. 

Lo studio nasce anche come effetto della crescita importante dei disturbi dello sviluppo neurologico negli Stati Uniti. Negli Stati Uniti, secondo i dati pubblicati dal National Center for Health Statistics (NCHS) nel 2015, si stima che il 15% dei bambini dai 3 ai 17 anni ne sia affetto. Un’evidenza che cresce man mano che l’analisi viene fatta su famiglie a basso reddito e che per condizioni economiche sono più esposte alle colture intensive. E va considerato che secondo i due studiosi Lonnie Zwaigenbaum e Melanie Penner gli attuali tassi di rilevamento dei disturbi dello sviluppo sono inferiori alla loro reale presenza.

I bambini provenienti da gruppi emarginati e famiglie a basso reddito hanno, anche per questo motivo, maggiori probabilità di affrontare una serie di minacce dannose che possono influenzare negativamente lo sviluppo infantile, associate al funzionamento del sistema nervoso e al cervello, tra cui il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD), l'autismo, le difficoltà di apprendimento, la disabilità intellettiva (compromissione cognitiva), i disturbi della condotta, la paralisi cerebrale e le sfide legate alla vista e all’udito. Pertanto, lo studio osserva: “Dato l’ampio utilizzo del glifosato, sono giustificate ulteriori indagini sull’impatto dell’esposizione gestazionale al glifosato sullo sviluppo neurologico”.

Nel dettaglio l’analisi include coppie madre-figlio in una coorte di nascita portoricana, misurando i livelli urinari di glifosato e acido aminometilfosfonico da madre a figlio. Al centro dell’analisi vi è l’AMPA, un metabolita, prodotto di degradazione del glifosato. Lo studio ha raccolto campioni dalla madre fino a tre volte durante la gravidanza. Dopo la nascita, i ricercatori hanno esaminato il neurosviluppo del bambino a sei, 12 e 24 mesi, valutando i bambini nella loro capacità adattiva, personale-sociale, comunicativa, motoria e cognitivo.

L’AMPA procurerebbe i ritardi nello sviluppo neurologico dei bambini, diventando gli effetti più pronunciati a 24 mesi o due anni dalla nascita. Questo con buona pace dell’Unione Europea di Ursula von der Layen. Infatti la Commissione Europea ha di recente rinnovato l’uso del glifosato nel Continente per i prossimi 10 anni. Non è stata accolta la richiesta di impedirne l’uso, proposta dalle associazioni ambientaliste e dai produttori bio, nella fase “pre-raccolta”, concordando invece con la proposta di vietare l’uso del glifosato come disseccante. 

All’annuncio così reagì Federica Ferrario, responsabile campagna agricoltura di Greenpeace Italia: “Questo è un giorno triste per l’Europa, poiché si è persa l’occasione di vietare un erbicida che comporta rischi per la salute ed effetti tossici sull’ambiente che non possono più essere ignorati”. E ancora: “Il governo italiano ha ora il dovere di fare il possibile a livello nazionale per proteggere la salute dei cittadini e l’ambiente dal quale tutti noi dipendiamo”. Questo perché come la Commissione ha ricordato, “gli Stati membri sono responsabili dell’autorizzazione nazionale dei prodotti fitosanitari (PPP) contenenti glifosato e continuano a poter limitarne l’uso a livello nazionale e regionale se lo ritengono necessario sulla base dell’esito delle valutazioni del rischio, in particolare tenendo conto della necessità di proteggere biodiversità”.

Il nuovo studio americano, scrivono gli autori è il primo a livello “epidemiologico ad esplorare l’associazione tra l’esposizione al glifosato gestazionale e all’AMPA e le misure generali dello sviluppo neurologico della prima infanzia. L'associazione tra la concentrazione di AMPA urinaria prenatale e i punteggi BDI-2 aumentano con l'età...”.

L’impatto degli erbicidi a base di glifosato sulla salute riproduttiva è un fenomeno sempre più comune e questo studio si aggiunge alla crescente evidenza scientifica che il glifosato è una sostanza che può produrre effetti tossici nella riproduzione. Uno studio del 2021 dell’Università del Michigan aveva già evidenziato che gli alti livelli dell’erbicida nelle urine, durante il terzo trimestre di gravidanza, possono portare a esiti di parto pretermine.

Similmente a questo studio, altre indagini scientifiche precedenti hanno trovato una forte associazione tra l’esposizione al glifosato e lo sviluppo di varie anomalie di salute, tra cui il cancro, il morbo di Parkinson e l’autismo. Accade sebbene la US Environmental Protection Agency (EPA) classifichi gli erbicidi a base di glifosato come “probabilmente non cancerogeni per l’uomo”, anche se prove concrete dimostrerebbero collegamenti con vari tumori, incluso il linfoma non Hodgkin. “In laboratorio il glifosato provoca danni genetici e stress ossidativo”, spiega l’IARC, fondazione italiana per la ricerca sul cancro, “ma negli studi negli esseri umani la cancerogenicità non è stata ancora dimostrata con assoluta certezza. La IARC lo ha inserito nella categoria dei ‘probabili cancerogeni’”.

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