Il giallo delle 2 donne barbaramente uccise. Un Cold case tra Italia e RepCeca - Affaritaliani.it

Cronache

Il giallo delle 2 donne barbaramente uccise. Un Cold case tra Italia e RepCeca

di Antonio Amorosi

Due stranieri sospettati di aver ucciso nel 1998. Ma il loro dna non coincide e si parla di un giro satanista. Il caso riaperto dalla procura dopo 20 anni

Cosa facevate il 29 giugno del 1998? Più di 20 anni fa.

Difficile ricordarlo. Ma se in un mare di sangue avete ucciso a sprangate due donne l’evento vi sarà rimasto impresso. E’ la situazione di un cold case italiano, un delitto irrisolto, che sta facendo discutere. Dopo ventun anni di silenzio senza colpevoli i Ris di Parma hanno riaperto il caso di due donne venete, madre e figlia (adottiva), rispettivamente Elisea Marcon e Cristina De Carli, barbaramente uccise nel 1998 a Rosolina Mare, località immersa nel Parco del Delta del Po, in provincia di Rovigo. Le due furono aggredite all’interno del loro chiosco sulla spiaggia. La madre morì sul colpo, mentre la figlia di 23 anni lo fece dopo un’agonia di alcuni giorni. Il caso destò un certo scalpore in Veneto. Anche perché rimase un mistero. Non furono travati segni di effrazione nel locale né vennero rinvenuti indizi che potessero far pensare ad una reazione delle due donne, alle quali però era stato sottratto l’incasso della giornata, 300 euro (al tempo 600.000 lire), oltre un' auto ritrovata in seguito.

 

La procura di Rovigo ha iscritto nel registro degli indagati due cittadini della Repubblica Ceca, notificando loro l’avviso di garanzia tra settembre e ottobre 2018. I due si chiamano Karel Reznicek, all’epoca dei fatti di 23 anni, e David Moucha, tre anni più vecchio, che intervistati da una tv Ceca si dichiarano entrambi innocenti. I due sono accusati del reato di omicidio, aggravato dai futili motivi e rapina. 

Ma perché la pista porta ai due Cechi?Già nel 1998 gli inquirenti concentrarono le loro ricerche su un cittadino della Repubblica Ceca, che durante i fatti risultava essere ospite delle donne. Le aiutava nella gestione della spiaggia. Dopo il duplice omicidio, dell’uomo si persero le tracce. Ma al centro dell’enigma sembra essere rimasto questo terzo cittadino Ceco inserviente.

 

“Mi accusano di qualcosa di assurdo”, è stata la replica di Karel Reznicek. L’uomo sostiene di aver scoperto per puro caso di essere indagato mentre nel 2017 si recava in Germania. Venne fermato. Reznicek: “La prima volta che sono stato in Italia è stata 10 anni dopo il duplice omicidio”.

La svolta nelle indagine sarebbe arrivata con il detenuto Gaetano Tripodi, morto in carcere a Forlì circa un mese fa. Il suo Dna sarebbe coincidente con quello ritrovato sulla scena del delitto. Tripodi scontava l'ergastolo per aver decapitato la moglie, nel 2006, nella periferia di Roma. Lui e la moglie, negli anni, avevano fatto parte di più gruppi satanisti. Tripodi sarebbe venuto in contatto con Elisea e Cristina nel 1998, per lavoro. L’ipotesi accusatoria sarebbe che i due Cechi hanno aiutato Tripodi nel barbaro omicidio delle donne. Ci sarebbe un identikit che mostra somiglianze tra i due indagati e l’inserviente Ceco che aiutava le due donne nel chiosco. Ma dopo quattro approfondimenti il dna dei due indagati non sembra compatibile con quelli ritrovati sui vestiti e sugli oggetti delle due vittime. A questo punto il mistero si fa arduo da risolvere.

 

“Anni fa mi sono sottoposto volontariamente al test del dna, che ha dato esito negativo”, ha spiegato Reznicek alla televisione Ceca, “mi accusano di essere un assassino, di aver picchiato qualcuno con una spranga, è pazzesco. Sono stato in Italia per la prima volta 10 anni dopo, nel 2008”.

 

“Ad oggi le indagini scientifiche portate avanti dal Ris di Parma hanno confermato la totale estraneità ai fatti del nostro assistito, il signor Reznicek, che ingiustamente - oramai da anni - è indagato dalla Procura di Rovigo”, ha spiegato ad Affaritaliani l’avvocato Gabriel Frasca che con il collega Alessandro Di Paola seguono Reznicek.

 

La pista satanica sembra restare sul campo. “Il nostro assistito, inoltre, è assolutamente estraneo e ci ha già dato mandato al fine di tutelarlo sulle presunte ‘piste sataniche’ recentemente richiamate da certa stampa”, ha spiegato Frasca. Ha anche aggiunto: “Nonostante tutto il nostro assistito è sereno e pienamente disponibile a collaborare con le Autorità italiane per l'accertamento della verità fattuale prima che processuale”.

 

Ma il caso ha avuto una svolta in Repubblica Ceca, proprio durante il programma televisivo in cui i due uomini sono stati intervistati dalla giornalista Marcela Sobotkova. Al telefono viene sentito un altro cittadino originario dell'ex Cecoslovacchia: sarebbe l'inserviente che lavorava nel chiosco delle due donne. L’uomo ha ricordato che all’epoca due cittadini della Repubblica Ceca si presentarono al chiosco chiedendo lavoro. Ma non ha associato i due uomini a Reznicek e Moucha che non ha riconosciuto in foto. Il giallo continua con l’inserviente che potrebbe diventarne il centro. Il Ris di Parma sta continuando le indagini.