Al Conclave tutti i nodi vengono al pettine, da Becciu ai veleni sulla salute di Parolin: sarà una battaglia a colpi di fumate nere  - Affaritaliani.it

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Al Conclave tutti i nodi vengono al pettine, da Becciu ai veleni sulla salute di Parolin: sarà una battaglia a colpi di fumate nere 

Sembrava che sarebbe filato tutto liscio, invece cominciano a uscire i primi malumori tra le eminenze. L'analisi

Di Antonino D’Anna

Al Conclave tutti i nodi vengono al pettine 

Sembrava che sarebbe filato tutto liscio: le dichiarazioni su un Conclave che durerà un paio di giorni, in questo periodo di attesa e di congregazioni generali, cioè le riunioni in cui si discutono i problemi della Chiesa, erano l’una fotocopia dell’altra. Anzi, pareva che quasi quasi i giochi fossero ormai fatti: invece cominciano a uscire malumori tra le eminenze, ormai quasi tutte a Roma e quasi tutte pronte per l’elezione più leggendaria che esista al mondo.

I veleni e le accuse: quant’acqua serve?

E infatti: in questi giorni abbiamo assistito a veleni sulla salute del Segretario di Stato Pietro Parolin (lo sbalzo di pressione e la chiamata di un medico, notizia poi smentita); su Paris – Match sempre Parolin è stato attaccato duramente come “inadatto al ruolo” dal confratello Philippe Barbarin, cardinale elettore già Arcivescovo di Lione, prescritto per omessa denuncia: ha coperto gli abusi di un prete, Bernard Preynat, su un gruppo di boy scout ma è intervenuta la prescrizione come abbiamo detto.

Da che pulpito, verrebbe da dire ma non lo diciamo; in compenso oltre a questo è saltata fuori la voce di una relazione, letta in Congregazione generale da parte del cardinale Beniamino Stella che accusava Jorge Mario Bergoglio criticandone la gestione e lo stile di governo della Curia; ancora, mentre si favoleggiava di un’elezione lampo, ecco che qualcuno ha fatto ricorso alla metafora dei fiori. È stato Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese orientali, il quale ha sottolineato: “Siamo dei fiori, un po' da innaffiare, ma dei fiori”. E per sbocciare: “Serve tanta acqua”. Tanta, molta, forse troppa.

Quelli che fanno già campagna elettorale con gli sprovveduti

Non sono stati pochi i porporati a evidenziare, parlando coi giornalisti (almeno quelli che non hanno posto la domanda inutile: “Vi state parlando?”, come se invece le eminenze si lanciassero insulti e facessero gestacci mentre sono riunite tra loro), la necessità di parlare e parlarsi.

E adesso siamo quasi al ridicolo, perché la denuncia viene da un testimone privilegiato e biografo (possiamo dirlo) di Papa Francesco: Fabio Marchese Ragona, vaticanista de Il Giornale, oggi scrive che a quanto pare gli ultimi arrivati sarebbero finiti nel mirino di qualche candidato che starebbe facendosi spudoratamente campagna elettorale.

Del resto, gente che non ha mai visto Roma nemmeno in cartolina, che probabilmente neanche parla l’italiano né lo capisce, come fa nel giro di pochi giorni a entrare nel ritmo, ottica e pensiero di un posto quale il Vaticano per eleggere uno di loro che in quel Vaticano ci starà a vita, per giunta prendendo decisioni importanti per i cattolici e per il mondo? È questo il busillis.

Non si parla quanto si dovrebbe. Tutto sotto il segno della confusione

Questo Conclave parte sotto il segno della confusione. Si è scelta la data del 7 maggio, certo: il primo giorno si voterà una volta sola, dal secondo 4 scrutini: 2 al mattino e altrettanti la sera. Si è scelto il 7 maggio (il range era tra 5 e 10 maggio) perché si pensava che in fondo 48 ore supplementari bastassero per discutere. Da domani, 5 maggio, le Congregazioni generali saranno raddoppiate e poi, dal 7, i cardinali elettori saranno in rigida clausura e solo tra loro dovranno dialogare e cercare il candidato giusto all’elezione.

Però quello che a molte eminenze ha dato il mal di pancia, a quanto pare, è che il tempo d’intervento sarebbe passato da 10 a 5 minuti e qualcuno degli iscritti a parlare sarebbe stato anche dimenticato: una situazione confusa e confusionaria, condita da un Giovanni Angelo Becciu che ha scelto di fare un passo indietro dopo la storia delle lettere firmate da Bergoglio spuntate non si sa come (ancora una volta: chi è l’esecutore testamentario e responsabile di questi documenti? Non è noto), più la vicenda del cardinale Juan Luis Cipriani Thorne, già Arcivescovo di Lima (Perù) punito da Francesco per una storia di abusi sulla quale Cipriani ha sempre protestato la sua innocenza.

Punito con l’obbligo del silenzio, il divieto di viaggi non autorizzati a Lima, l’uso delle insegne cardinalizie. Un corno: era in rosso porpora fiammante a pregare insieme ai confratelli sulla tomba di Bergoglio, e la vittima si è amaramente sfogata, riferisce il Corriere: “Il Papa è morto e ricomincia la festa”. Tra non molto invece, se andiamo di questo passo, potrebbero cominciare le battaglie a colpi di fumate nere. Che Dio li aiuti.

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