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Cronache
Polizia scientifica, ecco come lavora. Chi sono gli Sherlock Holmes del futuro

di Luciano Castro

 

Magistrati e politici intercettati durante i loro incontri serali, stupratori incastrati dalle immagini memorizzate sul cellulare, assassini che hanno lasciato il dna sul luogo del crimine, mafiosi individuati grazie alle impronte digitali o al riconoscimento facciale. La cronaca nera ogni giorno ci riporta l’esito di inchieste giudiziarie che hanno preso il via o sono giunte ad una svolta grazie alle cosiddette “indagini elettroniche”. In pratica, si tratta dell’utilizzo delle più sofisticate soluzioni hi-tech per accertare i responsabili e la dinamica di un reato. “Seguiamo le scie elettroniche”, sintetizza il dottor Lorenzo Rinaldi, direttore della 4a divisione del Servizio Polizia Scientifica, che si occupa principalmente di innovation technology, “e il nostro supporto alle indagini investigative negli anni è molto cresciuto”. Proprio il settore delle intercettazioni è uno dei più sensibili, anche per il continuo aggiornamento tecnologico delle reti e dei device digitali che ciascuno porta con sé. “E’ una vera rincorsa tra noi e le reti di trasmissione, anche dal punto di vista normativo”, sottolinea Rinaldi, da sedici anni in Polizia, alle prese con tutte le grandi inchieste giudiziarie degli ultimi tempi. Ma sono innumerevoli i settori in cui opera la Polizia Scientifica nelle indagini elettroniche, alcuni più tradizionali, come lo studio delle impronte digitali, ed altri quasi fantascientifici, come il riconoscimento facciale e la ricostruzione 3D degli scenari del crimine.

 

Stime antropometriche e riconoscimento facciale

 

Proprio nei giorni scorsi, a Roma si è svolta la riunione annuale dell’ENFSI (European Network of Forensic Science Institutes), il summit delle polizie scientifiche di 31 Paesi europei ed extra-europei. Vi hanno partecipato rappresentanti di 67 istituti forensi, appartenenti a forze di polizia ed istituti nazionali centrali. Un’occasione per fare il punto proprio sulle ultime tecnologie al servizio delle indagini. Un settore che ha suscitato grande interesse è quello del riconoscimento facciale e delle stime antropometriche. “Proprio quest’ultime, sono quelle che ci vengono chieste più spesso dagli investigatori”, precisa il direttore Rinaldi. “Utilizziamo immagini riprese da una delle tante telecamere per sorveglianza, che sono presenti ovunque nelle nostre città, e tramite calcoli prospettici riusciamo a fornire informazioni sull’altezza del soggetto”. Sempre più diffuso è anche il ricorso al riconoscimento facciale. La Polizia Scientifica ha sviluppato il SARI (Sistema Automatico Riconoscimento Immagini) che, attraverso l’inserimento di un’immagine fotografica di un soggetto ignoto, elaborata da due sofisticati algoritmi, fornisce un elenco di immagini ordinato secondo un grado di similarità. “Nel riconoscimento facciale, grazie al SARI siamo tra i primi in Europa”, spiega soddisfatto Rinaldi, “e siamo in grado di cercare un’immagine in un archivio che contiene milioni di soggetti fotosegnalati”.

 

Dalle impronte digitali al 3D

 

Ma le indagini elettroniche non hanno certo messo da parte la ricerca e lo studio delle impronte digitali. “Me ne sono occupato per anni”, sottolinea Rinaldi, “sembrano qualcosa di desueto, ma non è così”. E, scavando nei ricordi, racconta alcuni episodi della sua carriera in Polizia che sono strettamente legati proprio alle impronte digitali. “Innanzitutto, l’identificazione delle vittime del disastro dello tsunami in Thailandia nel 2004, un’operazione mastodontica durata un anno, con squadre che hanno consentito di ridare un nome a tante salme e di restituire un corpo ai loro familiari”. Ricordi simili sono legati anche al disastro della Costa Concordia nel 2012 e al tragico naufragio di Lampedusa di un barcone carico di migranti clandestini nel 2013. Una tecnologia invece recentissima e sempre più utilizzata nelle indagini e nei processi è la ricostruzione 3D della scena del crimine. “E’ possibile realizzare una ricostruzione completa e riviverla con degli speciali visori immersivi” conferma il dirigente della Polizia Scientifica, “che consentono di entrare e di muoversi nella scena, dove possono essere anche ricostruiti e visualizzati reperti e oggetti”. E non basta: grazie a sofisticate stampanti 3D, oggi è anche possibile riprodurre singoli reperti, ad esempio l’arma del delitto, su cui fare delle analisi per verificare la veridicità della deposizione.

 

Come entrare? Laurea specifica

 

Il successo planetario di serie tv come CSI e NCIS ha suggerito a molti giovani la possibilità scegliere il settore della criminologia per il proprio futuro professionale. In tutta Italia, si moltiplicano così corsi universitari e master per i futuri Sherlock Holmes digitali. “In effetti, siamo testimoni di una crescita esponenziale di questi corsi, che cercano di aprire nuovi professioni, utili soprattutto al mondo dei media”, conferma il dottor Rinaldi. Ma per entrare nella Polizia Scientifica, la strada è un’altra: “Sono necessarie lauree specifiche, come chimica, fisica, biologia o, più recentemente, anche architettura, visto che è sempre più diffusa la ricostruzione digitale delle scene del crimine”.

 

Video/ Scopriamo come funziona il sistema di riconoscimento facciale SARI (credit Polizia di Stato)

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Tags:
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