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Scontro Report-Garante della Privacy, Scorza ad Affaritaliani: "Dimissioni sul tavolo solo per il bene dell'Autorità, non per pressioni politiche”
Intervista all’avvocato e componente del collegio del Garante della Privacy, Guido Scorza

Guido Scorza
Scorza dopo Report: "Nessun legame col mio Studio. Le dimissioni sul tavolo solo per il bene dell'Autorità"
Rimangono accessi i riflettori su Guido Scorza, avvocato e componente del collegio del Garante della Privacy, dopo esser finito al centro di un’importante inchiesta di Report (Rai3) in merito a presunte irregolarità nelle spese e a potenziali conflitti di interesse all'interno dell'Autorità. Intervistato da Affaritaliani, Guido Scorza ha ribadito di aver interrotto ogni rapporto giuridico e economico con il suo ex Studio Legale “dopo l’elezione al Garante e prima di entrare negli uffici dell’Autorità”. In merito alle sue dimissioni, invece, ha spiegato che: “La scelta, per ora, è stata quella di restare. Gettare la spugna mi dispiacerebbe e la vivrei come una sconfitta, ma è un’opzione che lascio sul tavolo”.
Ritiene che l’inchiesta di Report abbia avuto un intento mirato a delegittimare l’Autorità garante o la considera un esempio di giornalismo d’inchiesta che svolge un ruolo di controllo democratico?
“Per educazione e cultura non penso e non penserò mai che un’inchiesta giornalistica muova addirittura da intenti mirati di delegittimazione di un’Autorità indipendente. Questo, almeno, fino a prova contraria e, nel caso di specie, quella prova non la ho. In generale tutte le inchieste giornalistiche, secondo me, specie se aventi per oggetto l’attività di un’Istituzione come quella della quale stiamo parlando, sono democraticamente utili e preziose.
La condizione imprescindibile, naturalmente, è che si tratti di inchieste che non muovono da pregiudizi o tesi precostituite ma che sono volte a consentire ai media di capire e raccontare all’opinione pubblica la verità o la cosa più simile ad essa esistente in natura. È l’intento con il quale, sin dall’inizio, ho scelto di accettare le richieste di intervista, metterci la faccia, fornire ogni informazione mi sia stata chiesta. Temo, dopo aver visto la puntata di ieri, che non sia bastato, me ne rammarico e proverò a continuare a spiegare l’inconsistenza delle contestazioni, poche per la verità, che mi sono state indirizzate”.
Nell’inchiesta di Report si fa riferimento al suo legame con uno studio legale: può chiarire in che modo questo rapporto è compatibile con il suo ruolo di Garante della Privacy e se ci sono stati conflitti di interesse da segnalare?
“Lo Studio Legale in questione è quello che ho fondato con alcuni colleghi quindici anni fa e che ho lasciato dopo l’elezione al Garante e prima di entrare negli uffici dell’Autorità. Ho esercitato il recesso definitivo dall’associazione professionale che lo gestisce interrompendo così, di netto, ogni rapporto giuridico e economico. In questo senso, francamente, credo di poter serenamente dire che tra me e lo Studio in questione, dall’inizio del mio mandato nel collegio del Garante, semplicemente non è esistito e non esiste nessun rapporto.
Ho, egualmente, già chiarito diverse volte che in questi primi cinque anni e mezzo di mandato, su duemila e seicento provvedimenti adottati dal Collegio del quale faccio parte solo dieci hanno riguardato clienti del mio vecchio Studio. Quando è accaduto se a conoscenza del coinvolgimento dello Studio mi sono astenuto o non ho partecipato al voto, se non a conoscenza, naturalmente non l’ho fatto e non avrei potuto farlo.
In tutte queste ultime occasioni, comunque, i provvedimenti sono stati adottati all’unanimità con la conseguenza che il mio voto è stato irrilevante. In questo contesto, francamente, non credo che si siano mai date condizioni di effettivo conflitto di interesse”.
Ha dichiarato di aver valutato le dimissioni dopo l’inchiesta di Report: cosa l’ha spinta a fare un passo indietro rispetto a quella decisione e cosa la convince oggi che sia più utile restare fino a fine mandato piuttosto che lasciare l’incarico?
“Per educazione e cultura, l’autocritica viene prima della critica al prossimo e quella di un mio passo indietro è stata una riflessione che ha preceduto qualsiasi altra riflessione. La scelta, per ora, è stata quella di restare, proseguire nell’analisi di eventuali responsabilità personali che, pure, sin qui non ho trovato, verificare se, come auspico, ci siano le condizioni per ripartire facendo tesoro di ciò che è emerso dall’inchiesta e far meglio. Credo di aver il privilegio di fare uno dei lavori più belli che mi potesse capitare di fare, lo considero una specie di missione, come i miei genitori hanno considerato per tutta la vita un privilegio portare la toga da magistrati. Gettare la spugna mi dispiacerebbe e la vivrei come una sconfitta ma, naturalmente, è un’opzione che lascio sul tavolo e che farei mia se mi rendessi conto che è utile al bene dell’Autorità e di un diritto tanto fragile quanto importante come la privacy”.
A proposito di dimissioni oggi anche la segretaria del Pd, Elly Schlein, è intervenuta sul caso dicendo che da parte dell'Autorità è necessario mandare un segnale di discontinuità. Come intende replicare?
“Non sta a me parlare a nome dell’Autorità e del Collegio nella sua interezza. Posso parlare solo per me. Personalmente, come ho già detto, tengo sul tavolo l’opzione delle dimissioni ma non come risposta alla richiesta di questa o quella forza politica. Non credo che le dimissioni dei componenti di un’Autorità amministrativa indipendenti possano esser determinate o, a maggior ragione, conseguenza di una richiesta proveniente dalla politica. Se accadesse, proprio con il gesto chiesto per dimostrare indipendenza, se ne dimostrerebbe la mancanza. Credo che si tratti di una valutazione personale di ciascuno da assumere sulla base della propria coscienza, del rispetto delle regole e, soprattutto, guardando al miglior interesse di un’Autorità che sopravvive al mandato dei suoi componenti e che ha e avrà bisogno oltre che di essere indipendente e autorevole di essere percepita come tale dalle persone”.
