Bramante a Brera, le opere più belle del genio - Affaritaliani.it

Culture

Bramante a Brera, le opere più belle del genio

di Raffaello Carabini

È magnifico il "Cristo alla colonna", colto un attimo prima della flagellazione senza i flagellanti, in cui la sofferenza è di una profondità quasi incomunicabile e insieme palpabilmente umana. La tavola di Donato Bramante, una delle pochissime sue pitture rimaste, esprime la diffusa trepidazione che suscitò in tutta Europa lo sbarco della flotta turca a Otranto nel 1480. Il Cristo pronto a essere percosso allude alle pene della Chiesa; la pisside sul davanzale a un miracolo compiuto ad Assisi dal Santissimo Sacramento per intercessione di santa Chiara contro i musulmani; il paesaggio a un passo biblico del libro di Isaia: "poiché il giorno dell'Eterno degli eserciti verrà: contro tutto ciò che è orgoglioso e altero, contro tutti i cedri del Libano, alti ed elevati, contro ogni torre eccelsa, contro tutte le navi di Tarshish, e contro tutte le cose piacevoli." Questo Cristo dolente è di una contemporaneità eclatante: a Otranto il comandante ottomano Gedik Ahmed Pasha fece decapitare circa 800 superstiti all'assedio che non vollero convertirsi all'Islam, i beati Martiri idruntini, costringendo i parenti ad assistere alle esecuzioni.
Ed è uno dei momenti più alti della bella mostra "Bramante a Milano", aperta all'interno della Pinacoteca di Brera fino al prossimo 22 marzo. Una cinquantina di opere, comprese quelle comunque visibili nella raccolta braidense, articolate e organizzate con un taglio analitico e discorsivo assolutamente interessante e "di studio", come confermano anche i saggi proposti nel catalogo edito da Skira.


Destinato a diventare il maggiore architetto del suo tempo, colui cui verrà affidata la Basilica di san Pietro, il più importante monumento del mondo occidentale, rimase a Milano una ventina d'anni, forgiando in maniera determinante tutta l'arte a lui coeva. "Secondo il parere del maestro Donato Bramante" (verrà chiamato architetto solo a Roma, dove arrivò nel 1499) era l'imprimatur richiesto a ogni opera architettonica di un qualche rilievo. E tutte prendevano a riferimento la celebre "Incisione Prevedari (1481), anch'essa in mostra: il disegno bramantesco di un'architettura grandiosa e dalle possenti membrature diventò, grazie alle numerose copie stampate da Bernardo Prevedari - ce ne rimangono però solamente due esemplari -, un fondamentale manifesto del dato prospettico, dell'articolazione ritmica delle masse, dell'ampio respiro spaziale che costituirono il cambio di paradigma imposto da Bramante all'architettura. Su cui poi si radicarono le successive invenzioni del Sansovino, del Sanmicheli e del Palladio, non dei personaggi secondari.
Spirito inquieto e ingegnoso, ma anche gioviale e "di animo festante", Bramante innesca nel ducato lombardo una nuova linfa innovatrice, in cui armonia ed eleganza, sempre severe e senza eccessi, si fanno a misura d'uomo, ponendo la prospettiva e la luce a riferimento di una visione architettonica "globale" e di un sentire unitario dell'arte. La sua attività è multiforme, diventa una sorta di consulente di lusso nei più svariati ambiti: risentono del suo influsso incisioni, vetrate, sculture, smalti, cori lignei e non solo.
Del resto è stato anche cosmografo, valente poeta, esperto in marmi e pietre preziose, insomma un "hom singulare", che conosce più cose di quante sono le stelle del cielo, le anime sante del paradiso, i granelli in fondo al mare, come affermavano i contemporanei.
Divisa in cinque sezioni cronologiche che ruotano attorno a un'opera di riferimento, la mostra milanese dimostra l'ampiezza della sua influenza, proponendoci l'unico autografo (una perizia tecnica su una fortezza in val d'Ossola), la medaglia del Caradosso che lo ritrae pasciuto e soddisfatto, frammenti marmorei, miniature su pergamena, legni intagliati, una vetrata del Duomo, incisioni, terracotte, sculture, volumi, il manoscritto delle rime dell'arcivescovo-mecenate Gaspare Ambrogio Visconti, oltre alle pitture.
Ci porta dal restaurato per l'occasione "Chilone", prima opera nota del maestro, ma affrescata in facciata al Palazzo del Podestà di Bergamo, quindi già commissione di prestigio, di matrice mantegnesca, fino alla suggestiva sala dei contemporanei e seguaci, il Bramantino, il Bergognone, il Foppa, dove ai capolavori della collezione si aggiungono prestiti pochissimo visti, tra cui la "Madonna con il Bambino e angeli" del Butinone, che lascia incantati, e gli "Angeli suonatori" dello Zenale, deliziosamente birichini.
Nel mezzo, altro fulcro dell'esposizione, i giganteschi "Uomini d'arme", affreschi strappati dall'abitazione del Visconti dove il maestro visse per diverso tempo e solitamente collocati nel corridoio di ingresso a Brera. Sono proposti in alto, a una distanza dal pavimento identica alla collocazione originale, che esalta la loro grandeur. E insieme la loro "separazione" dallo spettatore: per un ciclo che raffigurava l'"Allegoria dello Stato Perfetto" un'altra clamorosa attualità.


"Bramante a Milano. Le arti in Lombardia 1477-1499"
Pinacoteca di Brera
Via Brera, 28 - Milano
Durata: fino al 22 marzo 2015
Infoline: tel. 0292800361
Orari: da martedì a domenica: 8,30-19,15
chiuso lunedì
venerdì 5, 12, 19, 26 dicembre: 8,30-21,15
ultimo ingresso 35 minuti prima della chiusura
Ingresso: intero € 10; ridotto € 7
gruppi (€ 2 a persona) e scuole (€ 10 a classe) prenotazione obbligatoria
Catalogo: edito da Skira
www.mostrabramantemilano.it
www.pinacotecabrera.net