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Culture
Dalla preistoria al contemporaneo, ritorna la rivista Critica d'Arte

Carlo Ludovico Ragghianti fu uno dei massimi critici e storici dell’arte italiani del secolo scorso. Nato a Lucca nel 1910 e deceduto a Firenze a 77 anni, propose una riflessione teorica che analizzava i vari ambiti dello sviluppo artistico, compresi quelli ritenuti minori come l’urbanistica, le arti industriali, lo spettacolo, il cinema, ad ampio raggio, proponendo l’indagine sulle opere, comprese quelle di arte paleostorica e le forme artistiche di civiltà lontane nel tempo e nello spazio, come “scienza nuova, conoscenza e possesso del linguaggio espressivo e comunicativo dell’uomo in termini visivi”.

Lo strumento principale che utilizzò per sviluppare il suo discorso analitico, oltre ai numerosi volumi e a un’intensa attività didattica e politica, furono le varie riviste da lui fondate e alimentate di scritti e curatela. Prima e più importante di tutte Critica d’Arte, che vide la luce nel 1935, innovativa e metodologicamente all’avanguardia nell’analisi storico-artistica.

Ragghianti, dentro la miniera delle sue riflessioni, diceva giustamente che le riviste hanno senso se sono ermeneutiche, scientifiche ma anche a rischio, se offrono promesse e speranze. Anche se esistono riviste che sono semplici album visivi di cose, quelle di approfondimento hanno bisogno di sedimentazione, di ricerche profonde, un’ossatura scientificamente inattaccabile ma con aperture pluridisciplinari e verso discipline inedite, con interpretazioni e analisi che non siano un atto di cronaca, ma collegamenti e riferimenti nell’ambito di quella stessa disciplina.

Seguendo il percorso dettato dal critico, la Fondazione Ragghianti di Lucca, insieme alla editrice Le Lettere, ha ripreso le pubblicazioni della prestigiosa rivista, giunta oggi alla nona serie. Diretta da Francesco Gurrieri e forte di un Comitato scientifico di 45 membri, tra cui molti stranieri, la nuova Critica d’Arte segue la linea impostata dal suo fondatore, mantenendo anche il formato tradizionale. La continuità sta nell’impostazione generale, con un’apertura a tutte le arti della visione, comprese quelle extraeuropee e quelle dello spettacolo, contemplate in maniera ampia, con contributi scientifici approfonditi e di analitica puntualizzazione.

La prima parte comprende i “saggi” che sono scritti approfonditi su argomenti significanti e le più brevi “note”, più specifiche; la seconda offre “biblioteca”, con recensioni di libri e cataloghi di mostre, e “osservatorio”, che accoglie contributi legati al mondo dei beni culturali oppure delle tematiche delle mostre, senza dimenticare qualche sana polemica.

“Oggi il mondo della ricerca e delle università tende a staccarsi dall’attualità e da ciò che succede nel mondo per seguire delle sue linee, perciò la volontà è cercare di riavvicinare gli studi universitari all’attuale, e alla conoscenza dei lettori”, dice Paolo Bolpagni, direttore della Fondazione Ragghianti. “Cerchiamo di arricchire la proposta che in Italia c’è, cercando una voce originale e non praticata da altri. E siamo aperti alle proposte che ci vengano da ogni studioso, giovane e meno giovane. Ne pubblicheremo i contributi, se accettati dal comitato editoriale secondo la linea della doppia revisione cieca di quanto ricevuto, dando spazio a studiosi di diversa formazione, che possano contribuire alla qualità e alla varietà di questa rivista.”

Il primo numero, per ora se ne prevedono due doppi l’anno (costo 70€, abbonamento 125€), contiene, tra gli altri, saggi sugli antichi strumenti musicali dell’Africa Nera, sulla “Sapientia” al nord al tempo di Massimiliano I d’Asburgo, sulle “visualizzazioni sceniche” di Luigi Veronesi, sulla storia del “filo” dall’arazzo alla fiber art; scritti sul gioiello di Gisulfo a Cividale del Friuli, sul pulpito di Nicola Pisano nel Duomo di Pisa, sul centenario del Bauhahus, sul vedere “naturale”;  postille su alcune mostre.

Il raggio di visuale proposto è quello di affrontare, approfondire e far recepire la dimensione estetica che ci circonda dando a tutte le discipline una medesima dignità teoretica e filosofica. Un riflettere in senso alto sui fatti di cronaca delle arti visive, sapendo che il particolare vive dentro l’universale, e pertanto va inserito in una visione globale, affrontando il complesso compito di confezionare un prodotto identitario e insieme apertissimo, che parta dai saperi fondanti per far aprire gli occhi dei lettori, per lo più studiosi e specialisti, su orizzonti a rischio quanto mirabili.

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