Affitti brevi, convengono più di quelli tradizionali? I conti per i proprietari con il cambio della cedolare secca - Affaritaliani.it

Economia

Ultimo aggiornamento: 11:35

Affitti brevi, convengono più di quelli tradizionali? I conti per i proprietari con il cambio della cedolare secca

Se si considerano tasse, costi di gestione e nuove regole sulla cedolare secca, con gli affitti brevi ci si mette in tasca non oltre il 25% dei ricavi

di Matteo Posci

Affitti brevi, non sempre sono più redditizi di quelli tradizionali. Il rendimento è in calo da Milano a Roma

In queste settimana si è molto discusso di affitti brevi, in particolare dopo la possibile modifica delle aliquote della cedolare secca prevista dal disegno di Legge di Bilancio. Se il testo della norma venisse effettivamente approvato, la tassazione sarebbe del 26% in tutti i casi, ad eccezione per gli affitti che riguardano una sola casa se nell'anno il proprietario non si è appoggiato alle piattaforme online.

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Chi sceglie di applicare un affitto breve spesso non lo fa solo nell'ottica di guadagno. Questa forma di contratto ha infatti il vantaggio di annullare i rischi di insoluto e ritardo dei pagamenti o addirittura il mancato rilascio dell'immobile, costringendo il proprietario a ricorrere alle vie legali. Non a caso il decreto sfratti proposto dal Governo ha l'obiettivo di rendere più appetibili gli affitti tradizionali.

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Se poi si guarda al lato economico, i guadagni derivanti dagli affitti brevi non sarebbero poi così elevati come si penserebbe. Bisogna infatti considerare l'Imu, che viene applicata quasi ovunque sulle seconde case ma anche per l'affitto tradizionale a canone libero o concordato, per cui nel secondo caso è previsto uno sconto del 25%.

A questa spesa si deve aggiungere la cedolare secca, che fino al 31 dicembre 2025 è del 21% ma salirà al 26% se si affittano fino a 4 case. L'aliquota più bassa si applicherà solo alle case in locazione senza intermediazione. Per gli affitti tradizionali a canone libero la cedolare è del 21% mentre per quelli a canone concordato scende al 10%.

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Non solo, il proprietario deve considerare anche le spese di condominio, utenze (il WiFi è di fatto obbligatorio) e Tari. In caso di locazione tradizionale, invece, le spese a carico sono solo quelle di manutenzione straordinaria dell'immobile. L'ultimo fattore da considerare sono la percentuale di intermediazione trattenuta dalla piattaforma di prenotazione e dalla società di gestione dell'immobile.

Mettendo insieme tutte queste voci si scopre che per un proprietario di una casa data in gestione per gli affitti brevi si mette in tasca non più del 25% del prezzo pagato dall'inquilino. Al contrario, l'incasso per chi ha scelto di proporre un affitto tradizionale 4+4 si stima sia nell'ordine del 60-65% del canone lordo. In caso di affitto concordato si può superare il 75%.

Affitti brevi vs tradizionali: il confronto tra città

Proprio questo basso rendimento degli affitti previ ha portato a un calo di questa forma di locazione in diverse città come Milano. L'aumento della cedolare secca non farà probabilmente che accentuare questa tendenza.

Guardando i dati di insideairbnb.com, nel capoluogo lombardo l'incasso medio annuo per un affitto breve è di 20.092 euro. Considerando un netto del 25% si arriva a 5.500 euro l'anno. Prendendo questo dato e mettendolo a confronto con i numeri dell'ultimo rapporto sul mercato residenziale dell'Agenzia delle Entrate, un affitto medio 4+4 a Milano ha reso al lordo una media di 14.372. Considerando un netto del 60% si arriva a 8.624 euro all'anno. Con il canone concordato, invece, si arriva a ottengono 8.694 euro.

Un trend simile si registra anche a Roma, dove la maggioranza degli affitti ordinari è a canone concordato, e in parte anche a Napoli. Tra le eccezioni troviamo Firenze e Bologna.

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