Alitalia, il fallimento nascosto. Il nuovo ceo? Romolo Augustolo - Affaritaliani.it

Economia

Alitalia, il fallimento nascosto. Il nuovo ceo? Romolo Augustolo

L’Italia è il Paese dove un fallimento non è un fallimento. La storia di Alitalia? Ricorda l'Impero Romano del V Secolo

Se uno si comporta da pigro e non fa il suo dovere, dovrebbe vergognarsi. E certo non ci si può vantare di essere vigliacchi. Ma quasi ogni comportamento è scusabile e scusato se si tratta di legittima difesa. Personalmente uso del diritto alla legittima difesa quando si tratta di Alitalia: questa compagnia è tecnicamente fallita non so quanti anni fa (mi chiedo se portassi i calzoni corti, allora) ed è sempre stata tenuta in vita artificialmente – ahimè, anche per colpa di Berlusconi – e di fatto la comunità nazionale, per continuare a viziare i suoi dipendenti, non so quanti miliardi ha buttato nella spazzatura. Per tutte queste ragioni, ogni volta che ho visto notizie sull’Alitalia, a protezione del mio fegato – ecco il diritto alla legittima difesa – mi sono limitato al titolo e ad una smorfia di disgusto.

Gli eventuali lettori che fossero dipendenti dell’Alitalia potrebbero a questo punto chiedermi conto di questa reazione. Rispondergli non sarà difficile. Primo, un’impresa che va stabilmente in rosso è fallita e deve chiudere. Non può continuare a distribuire stipendi a spese dei contribuenti. Questa non è la logica italiana, lo so, ma è cosa che non condivido. Se dunque l’Alitalia ancora esiste, è uno scandalo economico.

In secondo luogo, se i dipendenti di Ryanair guadagnano molto di meno, non c’è ragione che i dipendenti di Alitalia guadagnino molto di più. Non sono di sangue reale o non appartengono ad una diversa razza umana. Infine, se pure – a motivo della stupidità nazionale – lo Stato è intervenuto più volte per salvare la stramaledetta compagnia, ma gli errori commessi non rendono obbligatorio commetterne degli altri.

L’Alitalia è fallita da anni, ma l’ultima volta che lo è stata “pubblicamente” - nel senso che ne hanno parlato i giornali - è stato quando l’ha salvata, comprandone metà, Ethiad, la compagnia degli Emirati Arabi. Già allora mi chiesi: “Ma sono pazzi?” E mi risposi che, forse, non avendo più fiducia né nel dollaro, né nell’euro, avevano cominciato a fare come i cinesi: comprare di tutto in modo che, quando le monete fatalmente scoppieranno, loro si troveranno a possedere “cose” e non “moneta scritturale”. Cioè niente o quasi.

Il tempo è passato e Alitalia, in aprile, dovrebbe chiudere i battenti. Il rosso è tale che né le banche, né Ethiad, né lo Stato (cui ormai è anche vietato intervenire) si sentono di continuare a gettare miliardi nella tazza del bagno. La sopravvivenza è ipotizzabile se interverrà una ristrutturazione che raddrizzi la barca e conduca, se non al profitto (cioè dei guadagni, lo spiego perché in Alitalia non sanno più che cos’è) almeno al pareggio di bilancio.

Bene, Alitalia ha finalmente indicato lo schema di questa ristrutturazione che i titoli dei giornali così sintetizzano: due mila licenziamenti e una riduzione degli stipendi, che per i piloti sarà del trenta per cento. Una riduzione che, se applicata alla mia pensione, corrisponderebbe a quattrocento euro, ma per loro corrisponde a tremila euro. Poverini.

Ora la domanda è: se l’Italia è ancora quella penisola mollemente adagiata nel Mediterraneo con andamento nord-ovest/sud-est, quante probabilità ci sono che i diretti interessati e i sindacati accettino questo piano? La risposta è: 0%. E in questo caso che succederà?

L’Italia, come detto, è il Paese dove un fallimento non è un fallimento; dove la logica è illogica; dove le cose non stanno come stanno, ma come i sindacati dell’Alitalia dicono che devono stare. Però chi vende il kerosene vuol essere pagato, come anche chi fornisce gli aeroplani in leasing (nolo), e gli stessi aeroporti. In altri termini: chi mai, a partire da aprile, metterà la mano in tasca per finanziare questa sanguisuga volante? E quale governo italiano è abbastanza forte per dire il banale: “Ragazzi, non c’è una lira?”

L’Italia mi ricorda l’Impero Romano del V Secolo. Il dogma era che l’Impero non poteva crollare, anche se nessuno era capace di darsi da fare per difenderlo. Doveva stare in piedi per virtù dello Spirito Santo. Poi, nel 476 d.C., lo Spirito Santo si distrasse.

Gianni Pardo

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