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Economia
Arnaud De Puyfontaine lascia il board di Tim: terremoto in vista

Arnaud De Puyfontaine lascia il consiglio di amministrazione di Tim

Arnaud De Puyfontaine si è dimesso dal consiglio di amministrazione di Tim. La bomba sganciata da Milano Finanza questa mattina è stata poi confermata. Secondo fonti accreditate contattate da Affaritaliani.it, alla base della scelta del manager francese, fedelissimo di Vincent Bolloré, ci sarebbe l’intenzione di “scuotere” uno stallo che riguarda Tim, la rete unica e l’intero comparto delle telecomunicazioni. Nessuna voglia di abbandonare al suo destino l’ex-Telecom, ma, semmai, la voglia di far crescere un investimento pesante profuso da Vivendi.

C’è di più, però. A quanto risulta ad Affari, infatti, De Puyfontaine sarebbe uscito dal board anche perché la situazione di stallo riguarda la governance. Il presidente Salvatore Rossi – non è certo un mistero – non è più nelle grazie dei francesi, che vorrebbero sostituirlo, probabilmente con quel Massimo Sarmi che è stato chiamato nel consiglio di amministrazione ma che non può semplicemente fare da “contorno”, forte di un curriculum manageriale di livello nel mondo delle telecomunicazioni.

Dunque: Vivendi rimane un investitore di lungo corso in Tim, vuole rimanerlo, ma non può pensare che tutto rimanga com’è. D’altronde, i tavoli che si sono susseguiti prima di Capodanno (quattro in poco più di due settimane) non hanno avuto un esito né un seguito. La valutazione della rete rimane molto complessa: i francesi vogliono 31 miliardi (almeno). Cassa Depositi e Prestiti, che dovrebbe rilevarla, non ha formalmente mai fatto un’offerta, anche se si vocifera di 15 miliardi di euro. Gli analisti sostengono che intorno ai 22-23 si potrebbe chiudere. Ma sono passati mesi e non c’è stato nessun passaggio formale.

Proprio sul primo tavolo d’incontro, tra l’altro, si è registrata un piccolo inciampo istituzionale con l’assenza dell’amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti, Dario Scannapieco. Rimane comunque Arnaud De Puyfontaine la persona titolata a partecipare a questi tavoli qualora si rendesse necessaria la sua presenza. Le dimissioni del manager francese, dopo quelle di Frank Cadoret, fanno solo capire che Vivendi intende accelerare. Anche perché i membri del board direttamente riferibili a Bolloré erano solo loro due. Ora ha le mani libere per muoversi come meglio crede. 

Da Cassa Depositi e Prestiti e dal governo per ora bocche cucite. Ma fonti vicine al dossier riferiscono un certo malumore dalle parti dell'esecutivo. Si ritiene, infatti, che la mossa di De Puyfontaine, dopo i messaggi distensivi mandati a cavallo di Natale, rappresenti un "calcio" al tavolo delle trattative. Non solo: fonti accreditate riferiscono che la maggiore discontinuità con il passato potrebbe tradursi in un tentativo di far fruttare maggiormente l'investimento dei francesi in Tim, che hanno in carico le azioni intono a 0,6 euro per titolo mentre oggi questo viaggia - in rialzo - a 0,25 euro. 

Dunque, ci si chiede dal governo ma anche - azzardiamo - in Via Goito: l'addio al board dei due esponenti di Vivendi nel giro di poche settimane è un segnale "di guerra"? Che cosa bisogna attendersi? La prossima settimana è fissato il nuovo round. Per Vivendi dovrebbe partecipare Alessandro Daffina e non De Puyfontaine. Ma si capirà molto delle intenzioni dei francesi. 

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