Economia
Bpm, Crédit Agricole chiede più spazio nel cda: verso una lista integrata. I francesi ora vogliono cinque consiglieri
Crèdit Agricole punterebbe a ottenere nel cda almeno 4 o 5 posti su un totale di 15, contro i due attuali occupati da Chiara Mio e Paolo Bordogna

Crédit Agricole punta a più posti nel Cda di Bpm: si lavora già al rinnovo della governance
Di Bpm se n'è parlato molto nei giorni scorsi, e se ne continua a parlare. Questa volta a riaprire le danze del risiko sono di nuovo i francesi di Crédit Agricole che stanno pian piano sondando il terreno per una svolta sulla governance di Piazza Meda. Certo manca ancora molto alla primavera del 2026, quando si deciderà sul rinnovo del board, ma secondo diverse indiscrezioni, la Banque Verte si sarebbe già mossa con largo anticipo per essere "protagonista" nella composizione della lista per il nuovo consiglio.
Sì perché il prossimo cda sarà diverso, e per più ragioni. Innanzitutto Crédit Agricole, con una quota vicina al 20%, è già il primo socio della banca e nei prossimi mesi potrebbe ottenere l'autorizzazione da parte della Bce ad andare oltre il 29,9%. Che cosa significa? Che il tanto agognato piano di fusione a cui accennava il Ceo Gavalda pochi giorni fa (escludendo la vendita della filiale italiana) potrebbe non essere più soltanto un sogno, ma realtà, e se questo via libera da Bruxelles dovesse davvero arrivare, sarà praticamente impossibile immaginare la governance senza un peso e una voce decisiva dei francesi.
Non a caso si parla già di richieste ben precise da Crèdit Agricole, una sorta di lista integrata con la quale punterebbe a ottenere almeno 4 o 5 posti (su un totale di 15) nel cda, contro i due attuali occupati da Chiara Mio e Paolo Bordogna. Secondo alcune voci, la banca starebbe anche valutando l'ipotesi di una presidenza a bandiera blu e rossa, ipotesi che però al momento appare improbabile considerando l'accoppiata vincente Tononi-Castagna, che pare funzionare bene, finora.
Da non sottovalutare un altro aspetto a favore della Banque Verte, ovvero il nodo della nuova legge Capitali, un sistema di doppia votazione che ha ribaltato il funzionamento delle liste del cda, rendendo più forte il peso degli azionisti e meno quello del board uscente e che, soprattutto, facilita chi può contare su una presenza forte nel capitale. In un questo caso quindi, considerando i piani dei francesi nel board, un altro punto a loro favore.
Ma in tutto questo il fronte italiano se ne sta a guardare? Non del tutto, perché a fare da contrappeso alla scalata dei francesi ci sarebbe il patto che riunisce fondazioni e casse previdenziali che, secondo quanto riporta Milano Finanza, si starebbe già mobilitando per allargarsi (sono entrate Enasarco ed Enpaf, portando il totale al 6,5%) per poi avere più voce in capitolo nella definizione dei nuovi assetti.
Per quanto riguarda le altre operazioni di M&A di Piazza Meda, per ora tutto tace, almeno fino all’assemblea. La possibile fusione tra Banco Bpm e Crédit Agricole Italia al momento è congelata, e quel famoso terzo polo con Mps, di cui tanto si è parlato, resta ancora un miraggio, ma anche un’idea che Castagna non ha mai del tutto accantonato.
