Bpm, patto fra le fondazioni. Il nuovo potere bancario lungo la via Emilia - Affaritaliani.it

Economia

Bpm, patto fra le fondazioni. Il nuovo potere bancario lungo la via Emilia

di Andrea Deugeni

Arriva un altro tassello per la creazione del 2° gruppo bancario italiano, quel Banco-Bper che ribilancia il tradizionale predominio dell'asse Milano-Torino

Dopo la sforbiciata di Giuseppe Castagna ai costi su filiali e dipendenti, l’esercizio da parte del Banco della call sulla joint venture Vera Vita e Vera Assicurazioni con Cattolica, i desiderata di Carlo Cimbri, primo azionista di PopEmilia Romagna, i contatti fra il management e la pulizia di bilancio (progetto Django) da circa un miliardo di euro, arriva un altro segnale verso la nascita di Banco-Bper, il secondo gruppo bancario in termini di presenza territoriale che ridisegnerebbe la geografia del potere bancario italiano, ribilanciando lungo la via Emilia (passando per Modena la sede di Bper e Bologna, il quartier generale del gruppo Unipol) il tradizionale predominio finanziario dell’asse Milano-Torino che nel 2007 ha dato vita al campione nazionale Intesa-Sanpaolo, ora ancora più forte dopo l’operazione Ubi.

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L'amministratore delegato di Banco Bpm Giuseppe Castagna

Dopo dialoghi che duravano da tempo, portati avanti con ruolo da pivot dalla fondazione CariTorino cresciuta progressivamente nel capitale del Banco, fonti vicine a una delle fondazioni socie coinvolte hanno rivelato all’agenzia Radiocor che alcuni enti e azionisti di BancoBpm hanno finalmente dato vita a “patto di consultazione” che riunisce complessivamente il 5,5% del capitale dell'istituto guidato da Castagna. Accordo a cui, oltre a Crt (1,8%), hanno aderito la Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca (1,24%), la Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, la Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria (0,5%) e la Fondazione Enpam (1,95%), la cassa previdenziale dei medici (resta fuori CariVerona).

Il motivo? Quello di dirigere il timone dell'istituto in un azionariato iper frammentato da public company nella grande stagione del risiko bancario in vista di future possibili aggregazioni caldeggiate dalla Vigilanza, suggerite dalla congiuntura e spinte da alcuni grandi azionisti. Insomma, creare una massa critica a supporto del lavoro del Ceo e che da Piazza Meda potrà interfacciarsi con una voce unica con gli altri soci dell’altro istituto di credito promesso sposo.

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L'amministratore delegato di Unipol Carlo Cimbri

Il nocciolo duro di Piazza Meda potrà più agevolmente accordarsi con l’altro nocciolo duro del gruppo guidato dal modenese  Alessandro Vandelli: un 29,4% in mano al colosso assicurativo di Via Stalingrado (19,2%), che non vede l’ora di mettere insieme una piattaforma distributiva da quasi 3.000 filiali complessive per piazzare dallo sportello le proprie polizze nell’area più ricca del Paese, e a un’altra fondazione di origine bancaria, la Fondazione di Sardegna (10,2%).

La mossa nel capitale del Banco aggiunge così un altro elemento di somiglianza in quello che gli analisti finanziari accostano sempre di più a un “merger of equals” e che porterebbe benefici industriali (Equita  parla di complementarietà delle reti distributive e Mediobanca Securities di risparmi nell'ordine del 10% sulla base combinata dei costi) e finanziari (100 punti di Cet 1 alla nuova realtà e crescita del payout ratio al 30% nel 2021-22 dallo 0% del 2020) ad entrambi i pretendenti.

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L'amministratore delegato di Bper Alessandro Vandelli

Gli altri fattori di somiglianza sono la stazza (1.588 sportelli Bper, 1.400 il Banco, dopo l'ultima cura dimagrante), il numero dei dipendenti (circa 20 mila Bper, poco meno di 21 mila Bpm), il rapporto cost/income (nel 2019 al 74,4% il Banco, al 72,1% Bper), la concentrazione nelle aree più ricche del Paese come il Centro-Nord e la market-cap (2,6 il Banco, 2 miliardi Bper, ma a giugno 2019 Modena era ampiamente sopra).

Oltre a sopravanzare per capillarità (con il 14% del mercato) e raccolta (fra il 10 e il 15%) la seconda banca italiana, quell’UniCredit (2.700 sportelli, quota dell’11%) ancora in attesa di capire quale sarà il proprio futuro (anche se sul Ceo non c’è ancora una short list, dalle parole odierne del segretario della Fabi Lando Sileoni qualcuno ha estrapolato una "gara finale” a tre fra Andrea Orcel, Alberto Nagel e Matteo Del Fante), il nuovo gruppo potrebbe contare su 300 miliardi di attivi, un asset quality in linea con il campione Intesa e a direzioni che fra il Banco e Bper si snoderebbero fra Novara, Varese, Milano, Bergamo, Brescia, Verona e Modena, sopravanzando in alcune aree della ricca Lombardia anche il gruppo guidato da Carlo Messina.

Ben il 62% della rete opererebbe al Nord. Con la misura sulle deferred tax assets (Dta) in caso di fusione, prevista dall’ultima legge di Bilancio in corso di approvazione, il beneficio fiscale per il nuovo mega gruppo bancario lombardo-emiliano sarebbe di 1,1 miliardi di euro, il 25% da realizzare nel 2021 e il resto nel 2022. I contatti fra banchieri lungo la via Emilia, nuovo motore del risiko, vanno avanti e per qualcuno l’annuncio potrebbe arrivare già nel primo semestre del prossimo anno, terminata l’integrazione idei sistemi nformatici delle ex filiali Ubi in Bper.

@andreadeugeni