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Economia
Caso Gedi-Inps, Boeri accende la polemica: "Ho fatto io la denuncia"
L'economista Tito Boeri, ex Presidente dell'Inps

Scontro aperto tra "La Verità" e Boeri: "Non ho insabbiato proprio nulla"

Continua a far discutere il caso Gedi-Inps, con il gruppo editoriale di casa Agnelli accusato di irregolarità nel prepensionamento di alcuni suoi dirigenti. A prendere la parola è Tito Boeri, presidente dell'Inps dal dicembre 2014 al febbraio 2019. In una lettera al quotidiano “La Verità”, che si è occupato della vicenda (nonché a “Il Fatto Quotidiano”, che ha ripreso la notizia), l'economista contesta quella che definisce “una ricostruzione distorta e maliziosa del mio operato, volta a insinuare che io abbia voluto insabbiare la vicenda”.

"Siamo riusciti a smascherare una truffa ai danni dell'Inps"

Tito Boeri precisa di non essere un lettore de “La Verità”, ma di aver ricevuto l'articolo in questione “dal dirigente Inps al quale a suo tempo avevo chiesto di seguire la vicenda”. Il manager in questione gli avrebbe quindi comunicato la notizia con toni entusiastici: “Le voglio dare una buona notizia: grazie al suo intervento siamo riusciti a smascherare una truffa ai danni dell'Inps”. Boeri infatti rivendica il merito di aver portato alla luce i fatti oggi contestati al gruppo editoriale: “Come posso documentare, dopo aver ricevuto un messaggio criptico da parte di una persona a me sconosciuta (non era un messaggio anonimo) riguardo a potenziali frodi ai danni dell'Inps, fui io stesso a sollecitare il mittente affinché mi offrisse i dettagli della vicenda. E il giorno stesso in cui ricevetti una mail più circostanziata incaricai il direttore centrale ammortizzatori sociali, struttura competente in materia (e non certo un “dirigente di seconda fascia”, come riportato dal vostro giornalista) di approfondire la vicenda”.

"Ci potevano essere gli estremi per una frode"

Tito Boeri inoltre aggiunge che “una volta appurato che ci potevano essere gli estremi per una frode” lasciò al direttore generale il compito di seguire l'evoluzione del caso. Inoltre, precisa che “se avessi voluto davvero insabbiare la vicenda, lo avrei potuto fare in un'infinità di modi, a partire dall'ignorare il messaggio di una persona a me sconosciuta tra le centinaia di mail che ricevo ogni giorno”. In questa durissima polemica, “La Verità” risponde citando un comunicato sindacale di cinque anni fa, critico sulle tempistiche dell'intervento messo in atto (“Perché tanto ritardo?”) e che ricorda anche la collaborazione giornalistica di Boeri con il quotidiano “La Repubblica”. Una collaborazione, peraltro, partita quando il gruppo faceva capo a Carlo De Benedetti, oggi editore del quotiano “Domani”, imprenditore al quale Boeri è legato anche dall'aver ricoperto il ruolo di Presidente della Fondazione Rodolfo De Benedetti. All'epoca della precedente gestione, ribattono gli attuali proprietari, risalgono anche i fatti oggetto di contestazione, una fattispecie che sarà certamente oggetto di ulteriori discussioni anche in sede processuale, dove il Gruppo Gedi - che dal 2020 è controllato dalla Exor - è difeso da Paola Severino, ex ministro della Giustizia durante il Governo Monti. Ad anticiparlo è lo stesso quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, che spiega di aver ricevuto una specifica sul punto da parte da Gedi, nella quale si sottolinea che "forse che poteva essere un servizio al lettore ricordare con maggiore precisione che si tratta di una vicenda originata dalla precedente gestione del gruppo Gedi (quando la proprietà era in capo ai De Benedetti, ndr) e quindi la fotografia dell'ingegner Elkann non sembrava essere in linea con la verità storica di questa vicenda". Nel riportare questa precisazione, "La Verità" commenta: "È vero che uno dei tre indagati, Monica Mondardini, ha lasciato il gruppo, in cui ha ricoperto il ruolo di amministratore delegato e vicepresidente, per trasferirsi alla Cir dell'ingegner Carlo De Benedetti, ma gli altri due manager sotto inchiesta, il direttore delle risorse umane Roberto Moro e il capo della divisione Stampa nazionale Corrado Corradi, sono ancora al loro posto".
 

La lettera integrale di Tito Boeri sul caso

Il 31 dicembre il quotidiano “La Verità” ha riportato la notizia del sequestro di oltre 30 milioni al gruppo GEDI a seguito di un’operazione della Procura di Roma sull’utilizzo improprio di ammortizzatori sociali da parte del gruppo. Non essendo un lettore di quel giornale, ho ricevuto lo stralcio di articolo dal dirigente Inps cui a suo tempo avevo chiesto di seguire la vicenda. “Le voglio dare una buona notizia”, mi scriveva, “grazie al suo intervento siamo riusciti a smascherare una truffa ai danni dell’Inps; c”è voluto del tempo, ma ci siamo riusciti”. Leggo l’articolo, ma mi trovo di fronte ad una ricostruzione distorta e maliziosa del mio operato, volta a insinuare che io abbia voluto insabbiare la vicenda. Come posso documentare, dopo avere ricevuto un messaggio criptico da una persona a me sconosciuta (non era un messaggio anonimo) riguardo a potenziali frodi ai danni dell’istituto, fui io stesso a sollecitare il mittente perchè mi offrisse i dettagli della vicenda. E il giorno stesso in cui ricevetti una mail più circostanziata incaricai il direttore centrale della DC ammortizzatori sociali, struttura competente in materia (e non certo un “dirigente di seconda fascia” come riportato dal vostro giornalista) di approfondire la vicenda. Posso anche documentare che anche successivamente a questa mia prima segnalazione sollecitai la direzione ad andare a fondo, lasciando poi al direttore generale, una volta appurato che ci potevano essere gli estremi di una frode, il compito di seguirne l’evoluzione. Se avessi voluto davvero insabbiare la vicenda, lo avrei potuto fare in un’infinita di modi, a partire dall’ignorare il messaggio di una persona a me sconosciuta tra le centinaia di mail che ricevevo ogni giorno. Mi colpisce che Il Fatto di oggi dia spazio alla tesi de “La Verità” sostenendo che non avrei mostrato “particolare solerzia” nel seguire la vicenda senza neanche preoccuparsi di interpellare la direzione competente dell’Inps e il sottoscritto. La prego dunque di pubblicare integralmente questa mia lettera.
 

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