Qual è il male oscuro di UniCredit in Borsa? Nell’ultimo anno ha perso quasi il doppio (-36,7%) dell’indice di settore Ftse Italia Banche, nonostante il piano team 23 di Jean Pierre Mustier, annunciato 12 mesi fa, abbia promesso la distribuzione del capitale aggiuntivo agli azionisti tramite un aumento del 50% del pay-out ratio e il buyback. Ieri, si verificato un calo del 5% per l’incertezza sulla governance della banca e oggi, dopo che il gruppo ha fatto chiarezza sull’uscita del Ceo, il timore che, sostituito Mustier, venga meno la neutralità di un impatto sul capitale di UniCredit dall’acquisizione di Mps ha provocato un crollo del prezzo di oltre l’8%.
Cosa sta succedendo in Piazza Gae Aulenti? Quali sono stati gli errori di Mustier ed Mps è il partner giusto per il gruppo? E, ancora: è vero come dice Mediobanca che UniCredit ora rischia una scalata dall'estero per la debolezza del titolo? Affaritaliani.it lo ha chiesto all'economista Andrea Resti, docente di gestione dei rischi e del valore nelle banche e nelle assicurazioni all'Università Bocconi e grande esperto della materia bancaria, dopo un passato come lavoratore in Comit, consigliere in Ubi Banca e consulente per Banca d’Italia e per molte banche commerciali domestiche.
L'INTERVISTA
Prima un piano industriale che non ha dato i frutti sperati in Borsa. Poi, l'incertezza sulla governance e, infine, il rischio di una cattiva operazione con il Montepaschi. Pare che non ci sia pace a Piazza Affari per il titolo UniCredit e per i suoi investitori…
“Beh, il motivo risiede in tutti questi fattori. Aggiungerei anche il fatto che, dopo lo scoppio dell’epidemia di coronavirus, la Bce ha proibito i dividendi e le altre distribuzioni di capitale agli azionisti. Mustier ne aveva in programma una consistente, restituzione che avrebbe anche poi consentito di aumentare il rendimento unitario del titolo: attraverso il buyback, una medesima base di profitti sarebbe stata ripartita su una base di capitale più piccola. E quindi si sarebbe registrato un incremento della redditività unitaria. Il piano del Ceo di UniCredit ha dunque cozzato contro le misture straordinarie anti-Covid dell’Eurotower. Poi, più in generale, evidenzierei anche come il settore bancario non sia un comparto in espansione: è, al contrario, un settore estremamente ciclico che, soltanto nelle ultime settimane, si è un po’ ripreso dalla batosta del coronavirus. Per ultimo, c’è ancora un altro fattore”.
Quale?
“UniCredit si è privata di alcune importanti partecipazioni in asset che sono fonte di ricavi ragionevolmente a basso rischio”.
Si riferisce alle dismissioni del piano Transform 2019, come Pioneer, Fineco, ecc…
“Sì, i fondi comuni d’investimento come la consulenza finanziaria o, ancora, il trading online di Fineco sono tutti settori che non a caso Intesa-Sanpaolo ha potenziato e utilizzato per stabilizzare i propri ricavi. A questo punto, con l’uscita di Mustier, il mercato si chiede se la banca non dovrà accettare un’operazione fatta in mondo tale che il banchiere francese non l’avrebbe reputata conveniente per i propri azionisti. E’ la domanda che si pongono tutti gli investitori in questo momento”.
Quindi, Mustier è stato un po’ vittima delle proprie scelte strategiche e della congiuntura avversa del Covid…
“C’è stata una combinazione di concause che ha portato alle decisioni di questi giorni in UniCredit. Non ultima, la presenza del dossier Montepaschi sul futuro del gruppo, dossier urgente per il governo che ovviamente ha imposto il tema con particolare risalto”.
Qualche commentatore vede dietro l’uscita di Mustier la regia occulta, in particolare, del Tesoro per facilitare il futuro acquisto della banca senese controllata dallo Stato con il 68,2% da parte di UniCredit. E’ d’accordo?
“No, niente di occulto. Vedo piuttosto una dialettica anche trasparente tra l’amministratore delegato e il proprio consiglio di amministrazione, dialettica che ha evidentemente evidenziato delle divergenze sulle strategie della banca e che, alla fine, ha portato ad una separazione consensuale”.
Secondo gli analisti finanziari di Mediobanca, UniCredit, per l'assenza di una guida alla banca "nel mezzo di una tempesta", insieme alle basse valutazioni del titolo, rischia di diventare ora preda di un’acquisizione a buon prezzo da parte di competitor francesi, come Bnp Paribas, desiderosi di mettere le mani anche sul ficco mercato tedesco. E’ d’accordo?
“Sino ad ora, gli investitori stranieri hanno girato alla larga dal sistema bancario italiano, con l’unica eccezione, non piccolissima, dell’offerta pubblica di acquisto annunciata la scorsa settimana dal Credit Agricole sul Credito Valtellinese. Se guardiamo però la storia degli ultimi anni, non vedo tutto questo appetito da parte dei gruppi d’oltre confine per entrare nel nostro sistema del credito. Non siamo più ai tempi del governatore di Banca d’Italia Antonio Fazio che doveva difendere a mazzate l’italianità dei nostri istituti. Insomma, il clima mi sembra un po’ questo. Se poi ce ne fosse lo spazio, forse un gruppo bancario europeo potrebbe essere interessato a un’operazione congiunta con un compratore italiano per prendere un pezzo di UniCredit, ma in questo momento non vedo chi potrebbe disegnare uno schema di questo tipo. Inoltre, bisogna fare anche i conti con la Bce che in caso di acquisizione va sempre a controllare che il compratore sia sufficientemente dotato di capitale per portare a termine l’operazione”.
Con la scalata a Ubi, Intesa ha riaperto il risiko bancario in Italia. Poi l’Agricole si è mossa sul Creval e il gruppo Unipol, primo azionista in Bper, si è detto d’accordo a un merger del gruppo emiliano con Banco Bpm. Quali operazioni vede in arrivo nei prossimi mesi?
“Difficile dirlo. Ho l’impressione che, oltre agli interessi dei grandi azionisti, contino ancora i personalismi dei singoli top-manager a capo delle banche. E’ un po’ difficile fare un’analisi razionale di quello che potrebbe succedere, perché c’è sono presenti elementi di ambizione personale ancora piuttosto ingombranti”.
Anche nel caso di Banco Bpm-Bper, con Giuseppe Castagna e Alessandro Vandelli?
“In questo caso credo che Bper abbia oltretutto bisogno di un po’ di tempo per digerire l’integrazione degli oltre 500 sportelli dismessi da Intesa dopo l’acquisto di Ubi. E’ vero che quando si presentano le opportunità strategiche vanno prese al volo, ma da un punto di vista industriale, incorporare le nuove filiali è un’operazione molto impegnativa”.
@andreadeugeni
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