Economia
"Dazi sulla plastica, così la Cina fa saltare la tregua con gli Usa. E anche l'Italia ora rischia grosso"
La Cina impone dazi al 75% sulla plastica: rischio stangata per Italia ed Europa. Che cosa succede ora? L'intervista all'avvocato Sara Armella, esperta fiscalista e fondatrice dello studio Armella & Associati

La Cina impone dazi fino al 75% sulla plastica: conseguenze pesanti per Italia e Ue
Pechino ha appena sparato un colpo pesante nella guerra commerciale: dazi fino al 75% sul poliossimetilene (POM), una plastica tecnica economica ma ultraresistente, usata ovunque, dalle automobili alle apparecchiature mediche. Nel mirino ci sono Stati Uniti, Unione Europea, Giappone e Taiwan.
Ma questa non è solo una ritorsione doganale. La Cina mira infatti a spingere la propria industria a produrre internamente ciò che finora importava. Una mossa che rischia di far deragliare la fragile tregua appena annunciata tra Washington e Pechino sul fronte dei dazi. E che potrebbe mettere in seria difficoltà anche le aziende europee italiane comprese che producono e lavorano POM. Affaritaliani.it ha approfondito il dossier con l’avvocato Sara Armella, esperta fiscalista e fondatrice dello studio Armella & Associati.
Alla luce della tregua commerciale di 90 giorni annunciata tra Cina e Stati Uniti, questa mossa da parte di Pechino rappresenta un'escalation?
I dazi cinesi sulle importazioni di copolimeri di poliossimetilene (POM) erano attesi da tempo. Le nuove tariffe previste da Pechino sono frutto di una lunga indagine antidumping, avviata a maggio del 2024, nel corso della quale il Governo cinese ha accertato l’esistenza di un danno per l’industria dovuto ai prezzi più bassi applicati da altri Paesi. Già da gennaio erano in vigore i dazi provvisori, che sono ora stati confermati in via definitiva per un periodo di cinque anni. Anche se non strettamente connessi alla guerra commerciale avviata dal Presidente Trump, i nuovi dazi sono stati approvati a distanza di alcuni giorni dall’annuncio di una tregua commerciale tra Washington e Pechino. Le nuove tariffe, che arrivano fino al 74,9% per i prodotti importati dagli USA, potrebbero mettere in crisi l’accordo raggiunto solo nei giorni scorsi tra Cina e Stati Uniti.
Quali conseguenze immediate possiamo prevedere per le catene di approvvigionamento globali, in particolare nei settori che fanno largo uso del POM?
Il POM è una tipologia plastica ad alte prestazioni, utilizzata in diversi settori, come quello dell’automotive, dell’elettronica e in ambito medicale. La previsione di un dazio antidumping che arriva fino al 74,9% avrà un forte impatto sulle catene di approvvigionamento. Se la Cina alza i costi per l’importazione di materie prime, anche auto, prodotti elettrici e dispositivi medici di origine cinese potrebbero subire un forte aumento dei prezzi, con un forte impatto sulle catene di approvvigionamento globali.
Le aziende europee ed italiane coinvolte in queste filiere come dovrebbero reagire? È realistico pensare a una diversificazione delle fonti o alla rilocalizzazione della produzione nel breve periodo?
I nuovi dazi cinesi colpiscono il POM originario dell’Unione europea con un dazio del 34,5%. Una soluzione possibile, per reagire alle nuove tariffe imposte da Pechino, è quella di cercare mercati di destinazione alternativi, ampliando la propria rete di distribuzione verso altri Paesi extra-UE. Le aziende italiane ed europee che esportano questo materiale verso la Cina potrebbero scegliere, invece, di spostare la produzione in altri Paesi non colpiti dal dazio.
Occorre però fare attenzione alle regole doganali: il dazio antidumping si applica sui prodotti di origine doganale europea, anche se la merce viene rispedita da un Paese terzo. Se si sceglie di rilocalizzare la produzione, il prodotto deve subire una lavorazione sostanziale, ossia reale e significativa, che gli consenta di cambiare origine doganale.