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Economia
Ecobonus, quant'è geniale lo strumento per ristrutturare casa

Quando lo Stato interviene nell’economia, crea sperperi e disastri. Se qualcuno obietta che non è necessariamente così, gli rispondo che ha ragione: non è necessariamente così. Ma è andata sempre così in Italia. Diciamo da sessant’anni. E a me bastano per avere paura di quei progetti “et dona ferentes”, cioè anche quando sono regali. Come quando i greci si presentarono a Troia col bel cavallo di legno. Ma ogni semplice opinione non può e non deve essere assoluta. Seguendo l’aureo principio di Karl Popper, cerco di vedere io stesso perché, in questo caso, potrebbe realmente trattarsi di una brillante operazione economica, da parte dello Stato. Per farlo metterò il cervello in prima marcia. O forse anche meglio, in retromarcia, per tornare indietro dalle mie convinzioni più radicate.

Sembra che, con l’ecobonus, a partire da luglio, lo Stato offra a tutti i cittadini di ristrutturare la loro casa, di impiantare pompe di calore ed altro, a condizioni di estremo favore. Il cittadino paga questi lavori, per esempio per l’importo di centomila euro e poi lo Stato gli rimborsa l’intera somma in cinque anni, non in contanti, ma in termini di imposte non pagate. Ammettendo che il cittadino paghi ogni anno 25.000€ di imposte. Dal momento che lo Stato per cinque anni gli rimborsa un quinto di centomila euro, cioè ventimila euro, quel cittadino ogni anno pagherà (25,000 - 20.000) cinquemila euro soltanto di imposte. E non basta. Se il cittadino non vuole aspettare i rimborsi (per esempio perché è molto anziano) è anche prevista la possibilità di presentarsi in banca per lo sconto di quel credito.

La banca gli dà subito novantamila euro, per dire, e diviene titolare del credito di cento. Dunque non è vero che lo Stato rimborsa soltanto mediante detrazioni di imposte. In realtà tutti aspettano i decreti attuativi per sapere se lo Stato ha parlato sul serio. Infatti un’altra possibilità è che il cittadino si metta d’accordo con l’impresa che dovrà realizzare i lavori, l’impresa anticipa tutte le spese e il cittadino le passa il credito con lo Stato.

Il proprietario della casa ottiene un enorme vantaggio di circa centomila euro, le imprese, i professionisti, gli operai, i produttori di condizionatori ed altro materiale fanno affari, e l’economia, che prima era ferma, finalmente gira. Inoltre tutto questo movimento provoca un gettito per l’erario, per le imposte dirette e indirette che sarebbero pagate. Una pacchia. Il ragionamento sembra imbattibile perché, dice qualcuno, è vero che lo Stato rinuncia a un gettito erariale, ma se quei lavori non si fossero effettuati, non sarebbe nemmeno sorto il dovere di pagare le tasse su quei lavori.

Purtroppo questa osservazione non sta in piedi, infatti è come se lo Stato rinunciasse alle imposte che si sarebbero pagate su quei lavori e non è così. Ammettiamo che i lavori costino centomila euro, tasse comprese. Se lo Stato rimborsa tutto, rimborsa anche le tasse su quei lavori. Dunque l’ulteriore sgravio delle imposte dovute dal cittadino (o il denaro che gli si versa) è una partita, negativa, per lo Stato, del tutto nuova. Questo ragionamento è essenziale, e val la pena di rifarlo da principio. Il cittadino decide di fare lavori per centomila euro, sui quali va pagato il 20% di Iva (in realtà l’Iva per questi lavori è di meno).

Secondo un calcolo rozzo, allo Stato, dei suoi 100.000€ tornano indietro 20.000€, più l’Irpef che pagano tutti quelli che realizzano i lavori sugli ulteriori guadagni, diciamo un altro 20%, sicché in totale lo Stato sui centomila sborsati 40.000€ gli sono tornati indietro. e ne ha sborsato 60.000 (il reale costo dei lavori “esentasse”). Va sottolineato che il cittadino le imposte sui lavori le ha comunque pagate, in quanto sono incluse nei centomila euro, e lo sgravio riguarda le imposte che, per altri capitoli, avrebbe comunque dovuto pagare. Senza dire che – si ripete – se di fatto non ha imposte da pagare, lo Stato quel denaro glielo deve dare in contanti; e se non glielo desse, il cittadino potrebbe sempre farselo dare dalla banca, girandole il suo credito. Dunque non è affatto vero che lo Stato fa un’operazione a costo zero. Su centomila euro non perde centomila euro, perché una parte gli torna indietro a titolo di imposte, ma il “bulk”, la maggior parte della somma, la sborsa eccome. È concepibile che lo Stato attui questa operazione per il rilancio dell’economia, ma gli costerà un bell’aggravio sul debito pubblico, dato che al solito farà l’operazione in deficit. Girando il conto a figli e nipoti. La mia tesi può essere dimostrata prendendo il problema “dall’altra estremità”. Tralasciamo di considerare quanto ci perde o ci guadagna lo Stato. Il cittadino ci guadagna di avere dei lavori gratis in casa (dai nuovi condizionatori d’aria, o pompe di calore che siano, ai pannelli fotovoltaici, alle coibentazioni, alle ristrutturazioni antisismiche e via dicendo) il tutto, nel caso ipotizzato, per un controvalore di centomila euro. E se lui ci guadagna centomila euro, qualcuno deve perdere centomila euro. Ad essere precisi, dal momento che lo Stato si riprende una parte delle somme con le imposte, il cittadino beneficia di centomila euro, mentre lo Stato sborsa, di netto, tra sessanta e settantamila euro. Denaro che, contraendo debiti, pone a carico dei cittadini, inclusi quelli che non possono mettere sul tavolo centomila euro per far partire l’operazione. Per uno Stato che vorrebbe favorire “gli ultimi”, andiamo bene. Non sarebbe stato meglio diminuire le imposte sulle imprese, in modo da permettergli di fare migliori profitti, e permettere anche la sopravvivenza delle imprese marginali, che oggi sono fuori mercato? Almeno avrebbe contratto dei debiti (per far fronte al minore gettito fiscale) ma a favore di tutti i cittadini, non dei più abbienti. Inoltre se le imprese fanno buoni profitti, la concorrenza si farà più agguerrita, e ne beneficeranno i committenti, cioè i cittadini. E l’economia ripartirà. L’operazione potrebbe essere profittevole anche per lo Stato. Se l’economia gira bene, il gettito fiscale aumenta, perché un fisco esoso impoverisce anche lo Stato, secondo quanto dimostrato dalla famosa “curva di Laffer”. Curva che poi è un elementare principio di scienza delle finanze, vecchio come il cucco. Quando io frequentavo l’università, credo si chiamasse “principio della redditività dell’imposta”, derivante dall’incontro fra l’aliquota massima e il gettito massimo, se non vado errato. Come suona un famoso detto, ogni volta che qualcuno ottiene una somma di denaro che non avrebbe dovuto avere, c’è qualcuno che non ha una somma di denaro che avrebbe dovuto avere. Anche in economia, nulla si crea e nulla si distrugge.

giannipardo1@gmail.com

P.S. Poiché però un carissimo amico non è del mio parere, sarò grato a chi mi dimostrerà che ho torto.

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