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Economia
Idroelettrico, Borghi (PD): "DL Semplificazioni? Decreto delle complicazioni"

Cura Italia: la proroga della regionalizzazione delle concessioni idroelettriche 

Con il decreto-legge Cura Italia, il termine in capo alle regioni in materia di regionalizzazione delle concessioni idroelettriche, introdotto dal D.L. Semplificazioni e previsto entro il 31 marzo scorso, slitta al 31 ottobre 2020.

Le regioni avranno dunque tempo fino al prossimo autunno per legiferare circa le modalità e le procedure di assegnazione delle concessioni idroelettriche, eccezion fatta per quelle che affronteranno le elezioni regionali, per le quali il termine è prorogato di ulteriori sette mesi a partire dalla data di insediamento del nuovo Consiglio regionale. 

Ma facciamo un passo indietro. Il provvedimento contenuto nel D.L. Semplificazioni (D.L. n 135/2018, convertito con modificazioni in L. n 12/2019), dispone che, alla scadenza delle concessioni (e nei casi di decadenza o rinuncia alle stesse) di grandi derivazioni d’acqua ad uso idroelettrico, le opere in stato di regolare funzionamento vadano in proprietà delle regioni. Nello specifico, la regionalizzazione è gratuita per le “opere bagnate” (dighe, condotte, etc), mentre per le “opere asciutte” (beni materiali), è prevista la corresponsione di un prezzo da quantificare al netto di beni ammortizzati, secondo dati criteri.

Il decreto prevede che, ove le regioni “non ritengano sussistere un prevalente interesse pubblico ad un diverso uso delle acque, incompatibile con il mantenimento dell'uso a fine idroelettrico”, esse possano assegnare le concessioni. L'assegnazione può avvenire in favore di operatori economici individuati attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica, società a capitale misto pubblico-privato nelle quali il socio privato viene scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica o mediante forme di partenariato pubblico-privato. 

Nei giorni scorsi, le imprese elettriche italiane riunite in Elettricità Futura (associazione composta da oltre 700 operatori del settore), hanno espresso “grande preoccupazione per una visione ‘localistica’ che toglie allo Stato ogni competenza in una materia delicatissima come l’energia idroelettrica”, chiedendo al Governo l’introduzione di una proroga di almeno un anno dei termini dati alle regioni per l’emanazione di tali norme e una generale moratoria nell’applicazione delle leggi regionali già approvate o di prossima  approvazione. L'associazione ha inoltre manifestato l’auspicio che tale normativa venga “rivista ed ordinata più che in una logica di appropriazione locale delle risorse produttive, nel quadro di una seria ripresa degli investimenti per favorire una crescita di medio e lungo periodo, idonea a superare i rallentamenti economici del momento”, come riporta un comunicato stampa.

L’intervista di Affari all’On. Enrico Borghi

“Il Decreto Semplificazioni partiva da assunto per noi condivisibile: quello, cioè, di riattivare la connessione tra i territori che producono il bene idrico e i produttori di energia idroelettrica che utilizzano tale bene”, ha commentato ad Affaritaliani.it Enrico Borghi, Deputato del Partito Democratico e Consigliere per la Montagna del Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Francesco Boccia. “Vi sono tuttavia delle questioni, che noi del PD avevamo cercato di spiegare in fase di conversione del decreto, che si sono puntualmente verificate come previsto”. 

“La prima - spiega Borghi - è la confusione giuridica sulle competenze: il decreto Semplificazioni trasferisce alle regioni il cosiddetto demanio, dunque la proprietà dei beni, in un quadro di invarianza delle competenze costituzionalmente attribuite, quindi stabilendo che il principio di concorrenza rimane una competenza statale, mentre il titolo V della Costituzione stabilisce che la materia energia sia competenza concorrente tra Stato e regioni. Un’altra insidia è il rischio di ricorsi dietro l’angolo, perché il decreto apre la strada ad almeno tre livelli di contenzioso. Altre due problematiche sono l’incapacità delle regioni di organizzarsi adeguatamente in materia e il rischio di centralismo regionale che margina le autonomie locali. Infine, vi è la questione delle ‘spruzzate demagogiche’, come l’energia gratis per tutti promessa nel decreto, che hanno causato ulteriori problemi dal punto di vista applicativo".

Le conseguenze

“Se vogliamo bloccare il settore idroelettrico italiano - aggiunge Borghi -, teniamoci il decreto Semplificazioni, che è in realtà il decreto delle complicazioni”. In una fase delicata come quella attraversata attualmente dal Paese a causa della pandemia di Coronavirus,  secondo Borghi, vi è un sempre più accentuato “pericolo di attacco ai nostri asset produttivi e strategici da parte di attori statuali esterni o di speculatori con disponibilità di grande liquidità".

“Pensare di mettere in campo, peraltro solo in Italia (nessun altro stato europeo ha emanato normative analoghe a quella italiana, ndr), gare su base regionale per assegnare grandi concessioni idroelettriche significa aprire un'autostrada a chi ha la volontà e la possibilità di sottrarci asset decisivi in un settore delicato come quello delle energie rinnovabili, che per noi è centrale nella costruzione del Green New Deal”, ha spiegato Borghi.

La proposta del PD

Quale, allora, la soluzione? "Proponiamo di articolare una proposta normativa sussidiaria che assicuri allo Stato la sua funzione di garanzia e che attribuisca alle regioni una pertinenza attuativa legislativa, e non gestionale", aggiunge Borghi. "Le regioni devono limitarsi a legiferare assicurando agli enti locali dei territori che producono la risorsa idrica, per lo più montani, una certezza di risorse in via diretta, quali canoni e presenza di municipalizzate". 

Il deputato del PD aggiunge: "Ci troviamo di fronte alla più grande recessione economica del Paese dal crollo di Wall Street del 1929. Abbiamo, ora più che mai, un impellente bisogno di investimenti privati e di una norma che sblocchi il sistema. In cambio di un nuovo sistema giuridico, invitiamo i concessionari ad attuare due azioni: pagare il canone in maniera adeguata agli enti locali e ai territori e mettere in campo un piano di investimenti volto ad allineare il settore idroelettrico alla competitività del sistema Paese”, conclude Borghi.

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