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Economia
Invitalia-AM, Morselli resta per 2 anni. Punti interrogativi della nuova Ilva

Firmato l’accordo di joint venture fra Invitalia e ArcelorMittal che sancisce il ritorno dello Stato nell’ex Ilva sono ancora molti i punti interrogativi che restano sul tavolo per disegnare l’operatività effettiva del gigante dell’acciaio nel nuovo corso che dal 2020 vedrà l’azionista pubblico al 60% del capitale. Innanzitutto, quali saranno le figure manageriali apicali che, a valle del primo aumento di capitale da 400 milioni di euro di fine gennaio, entreranno a far parte del consiglio di amministrazione di sei membri (tre a testa)? Fonti vicine a Invitalia spiegano ad Affaritaliani.it, che formalmente fra i due attori sul tema delle nomine non si è ancora arrivati a un accordo.

IL PLAUSO DEI SINDACATI/ “La firma dell'accordo dii coinvestimento tra ArcelorMittal ed Invitalia è assolutamente rilevante. Così lo Stato rientra nell’ex Ilva, attraverso le partecipazioni statali, e quindi nell’asset strategico della siderurgia. E’ una scelta di politica industriale. L’intesa non potrà essere un fatto solo finanziario ma il Governo dovrà assumere un ruolo di indirizzo e di controllo", ha commentato la segretaria generale della Fiom-Cgil Francesca Re David. "Conosciamo il piano industriale e il piano ambientale sono per titoli - ha aggiunto la sindacalista di Corso d'Italia - è pertanto urgente la convocazione di un tavolo con tutti i soggetti coinvolti per garantire la piena occupazione, come previsto nell’accordo del 2018, e per discutere di tutti gli elementi del piano industriale e ambientale e del cronoprogramma degli investimenti. Il Governo, tra l’altro, annuncia un piano della siderurgia che comprende l’insieme delle produzioni nel Paese, è necessario che dopo questo accordo venga convocato un tavolo complessivo sul settore”. 

Il tema, per cui varrà la clausola del gradimento, si spiega, verrà affrontato nelle prossime settimane e per trovare la quadra si potrebbe scavallare l'anno. Non è per niente sicuro che il braccio destro di Domenico Arcuri in Invitalia, Domenico Somma diventi presidente (nomina che spetta al socio pubblico) della joint venture. L’identikit del presidente ruota a quello di una figura di alto profilo istituzionale, si precisa.

Stesso discorso per la poltrona di amministratore delegato che spetta invece al socio industriale e cioè agli indiani di ArcelorMittal, anche se su questo fronte pare quasi sicuro che l’attuale Ceo Lucia Morselli resti per il periodo della transizione. E, cioè, almeno fino a maggio 2022, quando verrà messo a segno il secondo aumento di capitale da 750 milioni (680 sottoscritto da Invitalia e fino a 70 milioni da AM) al termine del quale l’azionista pubblico salirà al 60%. Alcune fonti spiegano che operativamente con la riconferma della Morselli cambierà poco, le prime linee manageriali rimarranno intatte e dal punto di vista industriale lo Stato non toccherà palla. 

E poi nel secondo semestre del 2022 quando il timone dell'azienda passerà allo Stato, il pubblico potrà contrare su una classe manageriale in grado di guidare un settore che, con il proprio intervento, ha definito strategico e che deve essere condotto verso l'acciaio green?

Il secondo punto interrogativo è il futuro di alcuni dipendenti dell’ex Ilva. Se infatti è certo che a fine piano (al 2025) è prevista un’occupazione complessiva a 10.700 e cioè a zero esuberi, con cassa integrazione che dal 2021 (per 3.000) andrà a scalare, non è chiaro quale sarà il futuro di 1.600 dipendenti in cassa integrazione dal 2012 in capo ai commissari straordinari di Ilva as, dipendenti che dovranno essere oggetto di un nuovo accordo sindacale.

Le associazioni di rappresentanza dei lavoratori vogliono reintegrarli, ma su questa forza lavoro, su cui si è taciuto in tutti gli accordi successivi (da quello del 2018 fino a quelli di marzo e all’attuale), c’è la massima incertezza (e il fatto che a trattare ci sarà probabilmente la Morselli non tranquillizza le sigle).

Terzo punto interrogativo, mentre il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci ha tuonato contro l’accordo dicendo che "per noi quel piano è cartastraccia”, posizione che dimostra come l’interlocuzione del gruppo siderurgico con il territorio rimarrà difficile, è la transizione verde energetica. Passaggio verso l'acciaio green, che come ha spiegato anche stamani il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, deve portare a Taranto “l’idrogeno”. Come ci si arriverà e in che tempi? 

Il premier ha tenuto per buona la cornice temporale della realizzazione del piano industriale e cioè il 2025. Ma nel quadriennio i cambiamenti da introdurre sono molti e c'è ancora l'incognita dei fondi europei del Just Transition Fund. Dal punto di vista della produzione, i cardini sono la fabbricazione di 8 milioni di tonnellate da raggiungere nel 2025 con una risalita progressiva (già nel 2021 si vorrebbero fare 5 milioni contro i minimi storici di 3,2-3,3 tonnellate di quest’anno), la rimessa in marcia del grande altoforno 5, il più grande d’Europa, il debutto sia del forno elettrico (con una capacità di 2,6 milioni di tonnellate) che del preridotto, la riduzione delle emissioni con interventi di ambientalizzazione. Insomma, dei contorni della “rivoluzione verde”, che Taranto attende ormai da anni, si sa ancora molto poco.  

@andreadeugeni

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