La calma (apparente) dei mercati e degli investitori in tempi turbolenti - Affaritaliani.it

Economia

La calma (apparente) dei mercati e degli investitori in tempi turbolenti

I portafogli sembrano aver superato la dura prova di giugno e il secondo trimestre sembra in procinto di chiudersi all’insegna della resilienza dei mercati

a cura di Richard Flax*

Geopolitica e investimenti: la calma (apparente) dei mercati

I conflitti regionali in Medio Oriente rappresentano da sempre un indicatore significativo di rischio per i mercati finanziari. Per questo motivo, la reazione contenuta dei listini di fronte all’intensificarsi delle tensioni tra Israele, Iran e Stati Uniti nelle scorse settimane ha colto di sorpresa molti investitori.

Se, ad esempio, i rendimenti degli ETF sulle materie prime, nella seconda metà di giugno, hanno registrato un picco temporaneo legato alla risalita delle quotazioni del petrolio, osservando l’andamento dei prezzi degli ETF globali su azioni e obbligazioni, invece, si sarebbe potuto pensare che non stesse accadendo nulla di rilevante (vedi grafico sotto). Anche il dollaro americano, solitamente considerato un bene rifugio nelle fasi di crisi, ha continuato a indebolirsi.

Una reazione nel complesso attenuata, dunque, che potrebbe essere in parte ricondotta alla convinzione che l’impatto della geopolitica sui mercati sia solitamente modesto e di breve durata. Nello specifico, poi, nonostante il livello di instabilità nella regione resti elevato, il conflitto tra Israele e Iran sembra essersi parzialmente raffreddato e, se la tregua dovesse reggere, le conseguenze in termini economici potrebbero essere limitate. Un ruolo decisivo potrebbe averlo giocato anche la crescente indipendenza energetica degli Stati Uniti: grazie all’aumento della produzione petrolifera domestica negli ultimi anni, infatti, gli Usa, a differenza di altri Paesi come la Cina, potrebbero essere meno colpiti dal rialzo dei prezzi del petrolio innescato dalla chiusura dello Stretto di Hormuz.

L’attenzione dei mercati negli ultimi giorni si è rivolta anche al progredire delle trattative commerciali tra Stati Uniti e Cina, che hanno raggiunto un accordo sull’export di terre rare, un elemento indispensabile per alimentare l’ascesa delle nuove tecnologie e gli investimenti in Intelligenza Artificiale.

All’indomani del Liberation Day, diversi analisti avevano rivisto al ribasso le stime sugli utili di molte aziende del settore tech, prevedendo un rallentamento della crescita, ma alla luce degli ultimi sviluppi è possibile che i risultati del secondo trimestre si rivelino più solidi delle attese. Sul fronte macroeconomico, i dati sull’inflazione negli Stati Uniti per il mese di maggio indicano una dinamica contenuta: per il momento le tariffe non sembrano aver causato ancora effetti significativi sui prezzi al consumo, lasciando aperta la possibilità che la Fed possa ridurre i tassi d’interesse più di quanto stimato in precedenza. Due membri del FOMC hanno già dichiarato di essere favorevoli a un taglio dei tassi nel corso della prossima riunione di luglio.

I portafogli sembrano aver superato la dura prova di giugno e il secondo trimestre sembra in procinto di chiudersi all’insegna della resilienza dei mercati, nonostante le incertezze sul commercio globale e le tensioni internazionali. Considerando che il “cessate il fuoco” in Medio Oriente potrebbe non durare e che gli effetti dei dazi su crescita e inflazione potrebbero emergere più avanti è bene comunque mantenere un approccio prudente: un piano chiaro, costruito per il lungo termine, rimane la miglior bussola per gli investitori.

*Chief Investment Officer di Moneyfarm