No start-up e un occhio agli Npl: la nuova vita di De Agostini - Affaritaliani.it

Economia

No start-up e un occhio agli Npl: la nuova vita di De Agostini

De Agostini sta cambiando pelle, cerca investimenti a lungo termine con approccio da private equity evoluto. La mappa delle partecipazioni dell'impero novarese


Un gruppo con due anime quello De Agostini, industriale l’una, finanziaria l’altra, che hanno imparato a convivere. Controllato dalla B&D Holding delle famiglie Boroli e Drago, il colosso novarese in questi ultimi anni ha affrontato con successo un processo di ristrutturazione. Da un lato vi sono le attività nel settore storico dell’editoria (De Agostini Editore) e dei media & communication (De Agostini Communications, cui fa capo la partecipazione del 36,8% in Banijay Group e quella del 20,9% in Atresmedia), nonché dei giochi e servizi (presidiati da Igt, controllata al 52,1%).

Dall’altro resta la tentazione della finanza, che tante soddisfazioni ma anche non poche delusioni ha portato in questi anni al gruppo, basti pensare alla partecipazione in Assicurazioni Generali, ormai ridottasi all’1,716%, la cui costituzione risale a dieci anni or sono con l’acquisto di una partecipazione dirette del 2,4% (ad un iniziale costo di carico di 25 euro per azione, contro i neppure 11 euro attuali) più un derivato (Total return equity swap) su un ulteriore 1,5% (chiuso in perdita di 200 milioni di euro).

Quella su Generali non è stata l’unica partecipazione diretta ad aver registrato un andamento deludente: anche l’avventura in Generale de Sante ha portato più oneri (una minusvalenza complessiva di 175 milioni) che onori, mentre quella in Migros, risalente al 2008 e nel frattempo ridottasi al 17,11%, ha sì fruttato una plusvalenza, tra quella realizzata e quella latente, di un’ottantina di milioni, ma le turbolenze politiche e valutarie della Turchia non hanno certo consentito al gruppo italiano di dormire sugli allori serenamente.

Così non stupisce che, pur confermando la propria vocazione finanziaria, il gruppo novarese abbia ormai cambiato strategia, decidendo di trasformare DeA Capital una sorta di fondo di fondi di private equity, con un capitale “permanente” che garantisce una maggiore flessibilità in termini di timing rispetto ad un semplice trust o fondo, consentendo un approccio che punta alla creazione di valore a lungo termine. 

SI tratta comunque di investimenti di private equity, si badi, non venture capital, il che indica la volontà di continuare a puntare su interventi “later stage” su aziende già consolidate, subentrando ad azionisti intenzionati a passare la mano o a trovare nuovi soci per crescere ulteriormente, anziché su interventi “early stage” su aziende nelle prime fasi di vita (startup) o che attraversano una fase di espansione.

Volendo semplificare al massimo, come investitori i Boroli e i Drago cercano buone rendite più che “unicorni”, operando per di più attraverso lo schermo di fondi specializzati, gestiti da DeA Capital, il cui patrimonio resta pertanto separato rispetto a quello della società di gestione. Ciascuno di essi potrà dare maggiori o minori soddisfazioni, ma i potenziali rischi hanno così un tetto, mentre la specializzazione di ogni singolo strumento consente di operare ogni volta con un approccio specialistico e non come una generica holding di partecipazione, per cercare di massimizzare il risultato.

A fine marzo il patrimonio netto di DeA Capital era pari a 547,4 milioni di euro, con un portafoglio investimenti di 451,9 milioni di euro, ripartito tra partecipazioni dirette (oltre a Migros anche in Kenan Investments, in Harvip e in Sigla) per 88,6 milioni di euro, partecipazioni in fondi di private equity (di cui sei gestiti IDeA Capital Funds Sgr, uno da IDeA Fimit Sgr e quote in sei fondi di venture capital) per 187,3 milioni, private equity investment per 275,9 milioni e alternative asset management per 176 milioni. 

Quanto ai settori oggetto di investimento da parte dei singoli fondi, si va dai prestiti personali e cessione del quinto degli stipendi agli asset “distressed” e Npl, dalla distribuzione all’immobiliare, ma non mancano partecipazioni importanti, rigorosamente tramite fondi di private equity, in società italiane come Giochi Preziosi, Manutencoop, Grandi Navi Veloci, Euticals, Telit o Iacobucci

(Segue...)