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Economia
Pensioni, la nuova clausola anti-recessione verso lo slittamento
(fonte Lapresse)

Pensioni, un costo di 2,5-3 miliardi nel 2023, conto che poi salirà negli anni successivi e le valutazioni sul meccanismo di salvaguardia già in vigore dal 2015, che resterà in ogni caso ancora in funzione per il prossimo anno: l'appuntamento con la nuova clausola anti-recessione per l'assegno pensionistico, promesso dalla ministra del Lavoro Nunzia Catalfo ai sindacati, è destinato ad essere rimandato almeno di un anno. Lo scrive Il Sole 24 Ore secondo cui si è riaperta una discussione tra i tecnici del governo. Un confronto che, a meno di ripensamenti, dovrebbe portare a un sostanziale congelamento della misura immaginata da Catalfo per sterilizzare in via permanente gli effetti negativi della caduta del Pil sulla rivalutazione del montante contributivo, agendo già sul testo finale della legge di bilancio, atteso in Parlamento tra fine ottobre e inizio novembre.

A parere di molti esperti del governo, a cominciare da quelli del Mef, il problema dell'impatto della recessione sugli assegni pensionistici non si porrebbe prima del 2022 (e neppure con certezza). Perchè l'attuale salvaguardia non eviterebbe la "penalizzazione", ma la rinvierebbe comunque sotto forma di decurtazione delle rivalutazioni positive degli anni successivi a partire dal 2023, visto che chi andra' in pensione nel 2022 non farebbe di fatto in tempo a subire "penalizzazioni". Nessuna necessità di agire subito, quindi. E il rinvio eviterebbe anche di mettere in allarme a Bruxelles, sempre vigile sull'andamento della nostra spesa pensionistica.

Secondo i tecnici dell'esecutivo, attualmente la norma del 2015 (legge 109 di conversione del dl 65), che prevede la salvaguardia da un effetto recessione sul coefficiente di rivalutazione del montante contributivo, sarebbe dunque valida anche per i pensionati che usciranno dal mercato del lavoro nel 2021. Il provvedimento era stato adottato dall'esecutivo Renzi in vista di una media quinquennale negativa che si sarebbe determinata sull'anno 2015 (-0,2% in termini nominali; -0,4% in termini reali) a seguito della seconda recessione innescata dalla crisi dei debiti sovrani del 2011-2012.

Si fisso' pari a uno il tasso annuo di capitalizzazione in caso di valore negativo dell'indice alla base del meccanismo di valorizzazione dei montanti contributivi e, per conseguenza, delle pensioni, che e' in vigore dalla riforma Dini (legge 335/1995). 

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