Economia
Trump non risparmia neanche l’oro e "punisce" la Svizzera: dazi sui lingotti, a rischio 61 miliardi di export verso gli USA
Washington alza il tiro con un dazio del 39% sui lingotti d’oro da un chilo, colpendo il cuore della raffinazione svizzera e mettendo a rischio 61 miliardi di export

Non solo acciaio e auto: Trump ora colpisce anche l'oro svizzero, la mossa che fa tremare Berna
Gli Stati Uniti hanno appena alzato il livello dello scontro commerciale, imponendo dazi pesanti sui lingotti d’oro da un chilo importati dalla Svizzera. Una mossa che colpisce duramente il gigante mondiale della raffinazione dell’oro, mettendo a rischio una fetta importante del commercio internazionale di questo metallo prezioso.
Come riporta il Corriere della Sera, il 31 luglio, l’agenzia Customs Border Protection ha annunciato ufficialmente che i lingotti d’oro da un chilo e da 100 once dovranno essere classificati sotto un codice doganale soggetto a dazi, con un’aliquota salatissima del 39%. Una decisione che rischia di ribaltare equilibri consolidati e di mettere in crisi le esportazioni elvetiche verso il mercato statunitense, uno dei più importanti a livello globale.
La Svizzera è infatti il cuore pulsante della raffinazione dell’oro a livello mondiale. Qui si fondono, trasformano e riformattano i lingotti che poi viaggiano verso mercati lontani. Londra, New York e Berna formano una triangolazione commerciale complessa ma ben oliata: lingotti da 400 once – grossi come mattoni – viaggiano tra Londra e Svizzera, dove vengono riconvertiti in lingotti più piccoli da un chilo, il formato preferito e standard per il mercato statunitense, come quello del Comex, il più grande mercato dei futures sull’oro. Ora, con l’introduzione di questo dazio, si rischia di paralizzare una catena logistica che vale oltre 61,5 miliardi di dollari in esportazioni verso gli USA.
Con il nuovo dazio diventerà quindi molto complicato soddisfare la domanda americana di lingotti d’oro. E la domanda è alta, alimentata da una crescente ricerca di beni rifugio in tempi di crisi geopolitiche e di timori inflazionistici. Nel 2024, infatti, le banche centrali hanno accumulato oltre 1.000 tonnellate d’oro, spingendo il prezzo del metallo verso i 3.500 dollari l’oncia, un record che conferma l’oro come pilastro di stabilità nei portafogli degli investitori.
Questa escalation nei dazi non è casuale e riflette il peggioramento delle relazioni commerciali tra Washington e Berna, già incrinate dalla decisione statunitense di tassare con il 39% una serie di beni importati dalla Svizzera. In Svizzera alcuni politici hanno anche ipotizzato di introdurre una tassa o dazi propri sul settore della raffinazione per cercare di arginare gli effetti dei dazi statunitensi. Anche se dal punto di vista economico questa misura appare discutibile, potrebbe avere senso come strumento di pressione o compensazione, soprattutto se indirizzata solo alle esportazioni verso gli USA.