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Esteri
Blinken in Kazakistan, Lukashenko da Xi. La sfida incrociata Cina-Usa su Kiev

La battaglia diplomatica Usa-Cina che complica la pace in Ucraina

Antony Blinken nel giardino di casa della Russia, Aleksandr Lukashenko a casa del principale rivale di Washington. Stati Uniti e Cina continuano a giocare la loro partita a scacchi sulla guerra in Ucraina, che in qualche modo pare avere persino scavalcato la stessa Mosca. Il segretario di Stato americano è arrivato ad Astana, capitale del Kazakistan, dove ha in programma un incontro con i diplomatici di tutte e cinque le ex repubbliche sovietiche dell'Asia centrale. Contemporaneamente, il leader della Bielorussia è arrivato a Pechino per incontrare il presidente cinese Xi Jinping. 

La sensazione è che in questi viaggi incrociati si giochi una fetta importante dell'attuale assetto diplomatico intorno al conflitto, quantomeno quello dei paesi limitrofi alla Russia e dunque tradizionalmente all'interno della sua sfera di influenza. Discorso che vale soprattutto per la Bielorussia, che l'Ucraina ha accusato a più riprese di voler prendere parte più attiva al conflitto e che ha fornito assistenza logistica all'azione russa soprattutto all'inizio dell'invasione.

Lukashenko è arrivato a Pechino pieno di parole di ammirazione per la Cina. "Ho i ricordi più caldi e gentili della mia prima visita in Cina, delle mie prime impressioni sul Paese e della mia collaborazione con i leader della Repubblica Popolare Cinese", ha dichiarato all'agenzia di stampa di stato Xinhua. Per poi aggiungere che "nessuno può fermare l'ascesa della Cina". Segnale a Washington ma non solo, in una regione in cui l'ascendente cinese appare essere sempre più forte.

Lukashenko si è già espresso a favore del documento pubblicato dal governo cinese per arrivare a una soluzione politica in Ucraina e durante il suo viaggio ribadirà il suo appoggio. Da parte sua, Xi proverà a cogliere qualche maggiore informazioni sulle manovre e intenzioni di Putin, che parla regolarmente con Lukashenko. L'ultima volta, come da lui stesso spiegato, in occasione dell'anniversario di quella che il Cremlino chiama "operazione militare speciale".

Sfumature diverse invece per i 5 -stan, che non hanno mai condannato la decisione di Vladimir Putin ma non hanno neppure fornito quel sostegno che il Cremlino si sarebbe probabilmente aspettato. Già, perché a gennaio 2022 Putin inviò le sue forze militari e di sicurezza per aiutare il presidente kazako Qasym-Jomart Tokayev a contenere la rivolta che era esplosa per l'aumento dei prezzi della benzina. Dopo il ritorno della calma, Tokayev aveva però chiesto ai militari russi di lasciare il paese, anche di fronte alle numerose proteste dei kazaki.

Non solo. Il Kazakistan ha anche iniziato ad accogliere decine di migliaia di cittadini russi che non volevano essere arruolti dall'esercito per andare a combattere in Ucraina. La stessa cosa, seppure con numeri minori, ha fatto anche l'Uzbekistan, dove Blinken si reca in seguito alla tappa kazaka. Tanto che le vicende hanno creato non poche tensioni con Putin, che ha visto parzialmente eroso il suo ascendente che rimane comunque fortissimo sia sotto il profilo economico sia sotto quello del settore di difesa.

A guadagnare spazio è stata la Cina, che si è proiettata in un'area ritenuta strategica come l'Asia centrale con ancora maggiore convinzione. Anche perché Mosca, sempre più dipendente politicamente ed economicamente da Pechino dopo la rottura totale con l'occidente causata dalla guerra, non può certo lamentarsi di fronte a Xi Jinping. Il leader cinese fa pesare il sostegno politico-retorico e l'aumento delle importazioni energetiche al Cremlino garantendosi però un accesso senza ostacoli in Asia centrale, dove si propone come potenza responsabile e garante della stabilità e dell'integrità territoriale.

Non a caso, Blinken ha spiegato al ministro degli Esteri kazako Mukhtar Tileuberdi che Washington sostiene la sovranità, l'indipendenza e l'integrità territoriale del Kazakistan, che ha ottenuto l'indipendenza da Mosca nel 1991. "A volte ci limitiamo a pronunciare queste parole, ma in realtà hanno un significato reale e ovviamente sappiamo che in questo particolare momento hanno una risonanza ancora maggiore del solito", ha detto Blinken in riferimento all'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, anch'essa ex repubblica sovietica. Ma con un richiamo forse anche all'insistenza cinese per il concetto.

Washington e la Nato hanno duramente criticato il position paper cinese e vogliono evitare che Xi Jinping possa tramutare quella che viene definita "neutralità filorussa" in una postura da peacemaker o comunque da potenza responsabile. Forse anche per questo il Dipartimento di Stato e la Cia hanno lanciato diversi avvertimenti sul possibile invio di armi letali a Mosca da parte della Cina. Eventualità per ora smentita anche dallo stesso Joe Biden, ma che viene ricordata per evitare un successo diplomatico cinese che secondo gli Usa deriva dalla semplice rimodulazione delle sue ambiguità (a fianco della Russia) e non da una reale posizione neutrale.

Anche a questo serve la visita di Blinken in una zona strategica non solo a livello commerciale, ma anche sul fronte della possibile diplomazia sul conflitto. Oltre alla battaglia sul campo, ce n'è in atto un'altra diplomatica tra le due principali potenze globali. E forse la seconda rende più difficile la fine della prima.

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