Coronavirus, BoJo potrebbe essere colpito ma adotta la soluzione di Alesia - Affaritaliani.it

Esteri

Coronavirus, BoJo potrebbe essere colpito ma adotta la soluzione di Alesia

Gianni Pardo

In questi giorni circola freneticamente su internet un bell’articolo di Roberto Buffagni(1) il quale identifica due strategie per combattere il Covid19. La prima è quella di lasciar morire chi deve morire fino ad arrivare alla depurazione della popolazione, con l’immunità di gregge conseguente alla reazione fisica dei sopravvissuti. Questo metodo ha anche il vantaggio di eliminare il grande peso economico, sanitario e logistico che i vecchi rappresentano per la società. Non bastasse, esso consente di acquisire un vantaggio nella competizione con i Paesi che non adottano questa soluzione. La seconda strategia è quella di contenere il contagio, con enormi costi economici, e cioè di curare tutti, con la conseguente perdita di competitività nei confronti di chi ha adottato la prima strategia. Buffagni, saggiamente, si schiera con questa seconda soluzione.

Presumo che molta gente avrà ammirato questo articolo fondamentalmente per due motivi: intanto perché è del tutto originale; poi perché è coraggioso, e in questo rappresenta un sollievo nel diluvio di retorica solidale. Purtroppo in realtà non è originale ma arcaico e non è coraggioso ma dissennato. Comincerò col dire che se un banco di pesci è azzannato dagli squali, ogni pesce di quel banco cercherà di sfuggire alla morte e non si curerà certo dei suoi simili. Infatti cercherà di stare al centro del banco, in modo che siano mangiati quelli che stanno ai bordi. Viceversa esistono animali sociali che sentono l’istinto della solidarietà con i propri simili. E in questo campo una volta ho letto un interessante articolo sulla prima prova di cui disponiamo per la specie umana.

Dei ricercatori hanno trovato delle ossa di uomini preistorici (o addirittura ominidi, non so più) e un osso provava che l’uomo aveva subito una frattura tale che gli avrebbe impedito di camminare e dunque di sopravvivere. Se invece era tornato alla base, se le sue ossa erano insieme a quelle degli altri uomini, era chiaro che il malcapitato non era stato abbandonato ma riportato di peso alla caverna e curato e nutrito fino a riprendersi. Quell’osso ci insegna che anche gli uomini preistorici sapevano che cos’è la solidarietà di gruppo.

Né c’è da stupirsene. Gli animali sociali sono tali perché la socialità è utile alla loro sussistenza (per cacciare in gruppo) e in generale alla loro sopravvivenza. La solidarietà delle api e delle formiche batte in eroismo quella di qualunque esercito. mentre il gatto non è un animale sociale perché, in natura, caccia da solo, ed ha dunque bisogno di un suo territorio per sopravvivere. Per questo ancora oggi ha tendenza ad escludere ogni altro suo simile dal suo habitat, perché sarebbe un concorrente alla sua “tavola”. Se i gatti in casa ci sembrano miti è perché sono abbastanza intelligenti da dirsi: “Perché azzuffarsi, se c’è da mangiare per tutti?”

Ciò posto, prima ancora di essere un dovere imposto dalla nostra civiltà, prima ancora di corrispondere alla religione dell’intera Europa, la solidarietà umana è un istinto della nostra specie e, per giunta, un istinto utile. Inoltre la società civile ha i suoi usi e le sue leggi, e spesso si dimentica che quegli usi e quelle leggi non sono la causa, ma la conseguenza di una scala di valori sottostante. Se l’omicidio è universalmente punito è perché l’uccisione di un membro della specie sociale è visto come un danno per la specie stessa. Ciò fa sì che, nella scala dei valori della società umana, al primo posto ci sia la vita dell’individuo. Di qualunque individuo, giovane o vecchio, uomo o donna, ricco o povero. E se la vita dell’uomo è il valore fondante della società, non si può adottare nessuna linea di comportamento che esiga l’eliminazione di un essere umano. Per dirne una, non è lecito uccidere qualcuno per prelevare i suoi organi e impiantarli su un altro essere umano che ci interessa di più, perché colui che vorremmo salvare – per principio indiscutibile – non vale più di colui che vorremmo sacrificare.

Ma – dice giustamente Buffagni – il ragionamento che conduce alla prima strategia, non corrisponde alla mentalità di pace ma a quella di guerra. Dovendo vincere la competizione con gli altri Stati, se lasciamo morire la parte della popolazione non utile alla guerra, diverremmo più ricchi e più forti e avremo maggiori probabilità di conseguire la vittoria. A questa argomentazione si risponde innanzi tutto che non siamo in guerra con nessuno. Poi che nemmeno la vittoria in guerra, secondo le Convenzioni di Ginevra, comprende fra gli strumenti leciti l’omicidio di massa. Soprattutto quando la massa, come nel nostro caso, è costituita da connazionali. Infine va notato che questa soluzione non è nuova e non è neppure detto che sia utile.

Durante l’assedio di Alesia, i galli di Vercingetorige, vedendo che le riserve di cibo non bastavano per tutti, buttarono fuori dal loro oppidum donne, vecchi e bambini, sperando che i romani di Cesare li accogliessero o, almeno, li facessero passare. In realtà Cesare fu irremovibile e quei disgraziati morirono di stenti nella terra di nessuno. Episodio che ancora oggi, ad oltre duemila anni, fa fremere di orrore. E quale fu la conclusione? Che i galli perdettero lo stesso la battaglia e lo stesso Vercingetorige, che pure Cesare stimava, dovette sfilare in catene dietro Cesare in trionfo e finì i suoi giorni strangolato, credo nel Carcere Mamertino. Non avrebbe fatto meglio, lui e i suoi commilitoni, a capire che la battaglia era persa, e ad arrendersi prima? E comunque nessuno sogna di rinnovare gli orrori delle guerre antiche.

In conclusione, l’articolo di Buffagni non è realistico come vorrebbe essere. È in contraddizione con i valori della specie umana e chi si azzardasse a metterlo in pratica rischierebbe di essere ricordato come un seguace di Hitler. Questi pensava che fosse utile depurare la società da zingari, folli, minorati, e ovviamente Untermenschen (sottouomini) come gli ebrei. In questo campo sarà pur lecito pensare che abbiamo già dato. Può darsi che sia un progetto intelligente, quello di sopprimere i mongoloidi, ma non tutti siamo d’accordo.

I Paesi del nord, quelli che per qualche tempo si sono cullati nell’idea che il Covid19 non li attaccasse, avrebbero fatto meglio, in questo tempo, a decuplicare la produzione di macchine per la respirazione forzata. Chissà che non debbano beneficiarne gli stessi governanti. È notizia di ieri che Donald Trump è risultato negativo al tampone: ma se è risultato negativo, significa che poteva anche risultare positivo. Johnson, sempre che parlasse sul serio (e sempre che sia capace di farlo), dovrebbe sapere che niente e nessuno lo assicura, se prevale il suo progetto, di essere fra quelli che si salveranno e avranno l’immunità di gregge. Potrebbe essere fra quelli che muoiono strangolati lentamente, molto lentamente, da un virus che non perdona.

 

giannipardo1@gmail.com