Esteri
Flotilla, l'esperto: “Israele non può bloccare le navi, è un illecito internazionale. Si tratta di sequestro di persona”
L’esperto: “Il blocco può essere legittimamente imposto solo per impedire il passaggio di armi, munizioni verso una delle parti in causa. In questo caso, è evidente che la flottiglia trasportava solo aiuti umanitari”

Flotilla, parla l’esperto: “Israele non sta agendo nel rispetto del diritto internazionale. Non può bloccare le navi”
La crisi umanitaria a Gaza, le violazioni del diritto internazionale, le navi della Flotilla bloccate da Israele. Il Mediterraneo torna a essere teatro di tensioni internazionali che intrecciano politica, giustizia e diplomazia. Qual è il confine tra legittimità e sopruso? Israele può davvero bloccare le navi in acque internazionali? E quali tutele spettano ai cittadini italiani coinvolti?
A fare chiarezza è Pasquale De Sena, professore ordinario di diritto internazionale all’Università degli Studi di Palermo e già presidente della Società italiana di diritto internazionale e dell'Unione europea, che ai microfoni di Affaritaliani offre una lettura rigorosa e puntuale delle tensioni in atto e dei rischi che si profilano all’orizzonte.
Tajani ha detto: “Il diritto internazionale è importante... Ma fino a un certo punto”. Cosa significa questa frase rispetto al blocco navale su Gaza? Israele sta agendo nel rispetto del diritto internazionale?
“No, Israele non sta agendo nel rispetto del diritto internazionale. Direi che praticamente non lo fa quasi mai nel corso della vicenda di Gaza. La frase di Tajani, a mio avviso, sottintende il fatto che è intervenuto una sorta di accordo tra Israele e l'Italia: l’Italia ha consentito che la flottiglia venisse abbordata in cambio dell’assicurazione che non sarebbero state esercitate violenze sui membri dell’equipaggio delle imbarcazioni italiane”.
Le imbarcazioni della Global Sumud Flotilla non sono armate e dichiarano di trasportare aiuti umanitari. Alla luce del diritto internazionale, Israele può legittimamente bloccarle in acque internazionali? E cosa cambia se si trovano in acque israeliane o di Gaza?
“Certamente non può bloccarle in acque internazionali. Farlo costituisce in sé un illecito internazionale, perché solo gli Stati di bandiera possono esercitare giurisdizione su navi che battono la loro bandiera in acque internazionali. Quindi Israele sta chiaramente commettendo un illecito.
Secondo me, il blocco — nelle modalità con cui è attuato — è illecito. Il blocco, in un contesto di conflitto armato, può essere legittimamente imposto, ma solo per impedire il passaggio di armi, munizioni e simili verso una delle parti in causa. In questo caso, è evidente che la flottiglia non intendeva trasportare armi, ma esclusivamente aiuti umanitari.
Un blocco che, anche solo come effetto collaterale, impedisce l’ingresso di beni di prima necessità è da considerarsi illecito. Non si può usare un blocco navale — pur teoricamente previsto nei teatri di conflitto — per fini diversi da quelli strettamente militari. Poiché la flottiglia non trasportava nulla di militare ed era un’iniziativa pacifica, bloccarla è illecito anche se avviene all’interno delle acque territoriali. È contrario alla libertà di navigazione in alto mare, e in questo caso lo è anche perché il blocco ha come conseguenza il diniego dell’accesso agli aiuti umanitari per la popolazione civile.
Aggiungo che il tratto di mare antistante Gaza — il cosiddetto mare territoriale — non appartiene a uno Stato palestinese, che purtroppo non esiste, ma neanche a Israele, che è lo Stato occupante. Israele controlla quel tratto di mare in violazione del diritto internazionale, poiché si tratta di un’occupazione illecita. Come Stato occupante, Israele è tenuto ad amministrarlo in modo da tutelare la popolazione civile.
Se impedisce l’arrivo di aiuti umanitari in quel tratto di mare, che non è israeliano (pur non essendo formalmente palestinese), sta violando proprio quel dovere. Sta esercitando un controllo in contrasto con gli interessi della popolazione civile”.
I cittadini italiani coinvolti saranno espulsi, secondo quanto ha dichiarato Tajani. Quali diritti hanno i civili stranieri coinvolti in un’azione politica o simbolica come questa, e quali obblighi ha lo Stato che li intercetta?
“Questa azione è completamente illecita. Lo Stato li dovrebbe immediatamente riconsegnare ai loro Paesi di origine, cosa che in parte sta facendo. Le informazioni non sono molto precise: si parla di rientro tramite provvedimenti di allontanamento, avvenuti nel giro di due o tre giorni.
Per quanto riguarda i loro diritti: sicuramente non avevano diritto a entrare in Israele, ma avevano diritto a non essere sottoposti a una misura di restrizione della libertà personale come quella subita, sia in acque internazionali che territoriali, dato che il blocco stesso è illecito. Hanno inoltre tutti i diritti che lo stesso Israele riconosce formalmente, almeno sulla carta, e quelli previsti dai trattati internazionali sui diritti fondamentali, di cui Israele è parte.
Queste persone sono state fermate e trasportate contro la loro volontà. Per quanto riguarda le navi italiane, si configura un’ipotesi di sequestro di persona secondo il nostro ordinamento: sono stati presi con la forza, portati via e detenuti. Una volta rientrati in Italia, chi lo desidera può sporgere denuncia e far aprire un procedimento penale contro coloro che hanno eseguito gli atti di abbordaggio e fermo.
Dal punto di vista del diritto internazionale sui diritti fondamentali, è lo stesso: sono stati prelevati da navi che non erano israeliane e trasferiti in territorio israeliano contro la loro volontà. Si tratta di una violazione grave della libertà di movimento, dell’autodeterminazione e, sostanzialmente, di un arresto senza motivazione”.
Esistono margini per una responsabilità internazionale da parte di Israele?
“Certamente. Esistono margini di responsabilità internazionale. Alcuni Stati sembrano volerla far valere, altri — come l’Italia — sembrano invece non intenzionati a farlo. L’Italia, ad esempio, sembra aver accettato, in modo più o meno esplicito, che le navi venissero fermate a condizione che non venisse usata violenza. Quindi, in astratto sì: c’è spazio per far valere una responsabilità internazionale.
Ma in concreto, tutto dipende dalla volontà politica degli Stati coinvolti — che sono molti — di agire in tal senso. Parliamo di cittadini stranieri, fermati da uno Stato che non è il loro, presi in acque internazionali, quasi rapiti, e poi rimandati a casa. I margini legali ci sono. Il problema è se gli Stati decideranno o meno di farli valere. Le violazioni del diritto internazionale, in questo caso, sono molteplici”.