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Esteri
Giappone, nel 2020 morti in calo: prima volta da 10 anni, nonostante il Covid

Le morti in Giappone nel 2020 sono diminuite per la prima volta nell’ultimo decennio, tendenza in netto contrasto con l’andamento di molti paesi occidentali, Italia inclusa, in cui l’enorme numero di vittime mietute dal Covid ha fatto impennare il tasso di mortalità, come d’altronde le previsioni avevano annunciato.

Previsioni invece disattese dal Giappone, in modo quasi del tutto inaspettato: il paese ha infatti il primato mondiale di anzianità della popolazione, che per quasi il 30% è composta da persone over 65, proprio quelle maggiormente esposte alle conseguenze più gravi del Covid-19, e quindi al rischio di morte. Eppure le misure preventive adottate dalle autorità nipponiche devono aver funzionato bene, se le vittime del coronavirus sono state “solo” 6000 (circa, i numeri sono in costante aggiornamento): cifre terribili riferite a persone che hanno perso la vita, ma ben lontane da quelle di altri stati, come per esempio l’Italia che sfiora i 100mila decessi totali.

Le abitudini igieniche dei giapponesi hanno certo aiutato a contenere la diffusione del virus: le mascherine, per esempio, erano già ampiamente usate prima della pandemia, e l’introduzione di distanziamento sociale, coprifuoco e altre restrizioni non ha incontrato forti resistenze.

Anche se i dati sono stati appena diffusi dal ministero della Salute e devono quindi ancora essere analizzati più approfonditamente, salta già all’occhio che un altro fattore determinante è la diminuzione delle vittime di incidenti stradali, scese di quasi il 12% nel 2020, a 2.839 (sono state 1788 in Italia, -26,3% rispetto al 2019). Ma anche in questo caso i divieti di circolazione imposti dalle restrizioni anti-Covid hanno influito.

Al contrario, però, alcune cause di morte hanno fatto registrare più vittime: i suicidi, soprattutto, sono cresciuti del 4% rispetto al 2019, dato che arriva al 15% se ci si riferisce all’aumento di donne che si sono tolte la vita. A incidere, in questo caso, ancora una volta sembra essere stata la pandemia che ha aumentato i livelli di stress legati alla perdita del lavoro (fenomeno che in Giappone come in Italia ha colpito per la maggior parte il genere femminile), all’isolamento forzato, all’aumento degli impegni legati alla gestione della casa, dei figli e delle dinamiche familiari, e all’incremento della violenza domestica.

Insomma, il Giappone ha sicuramente dato ulteriore prova della capacità di gestione di una pandemia, ma i margini di miglioramento dell’assistenza sociale con o senza emergenza Covid restano molto ampi.

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