Esteri
Guerra Russia-Ucraina: la vicenda in tre atti
Dal 24 febbraio si sono svolti diversi colpi di scena e oggi ci si interroga sulla fine del conflitto
Guerra in Ucraina, la vicenda in tre atti
Le vicende che si sono svolte in Ucraina dal 24 febbraio sono state una serie di colpi di scena. E oggi si ha la sensazione che la storia è cominciata in un modo e rischia di finire in tutt’altro modo.
Tutto ha origine nella mente di un uomo, Vladimir Putin. Formato nella polizia segreta sovietica, ne ha digerito talmente la mentalità da essere fondamentalmente antidemocratico e dedito al culto della forza. Anzi della violenza, convinto com’è che soltanto la violenza fa la storia. Ma a questa visione brutale dei rapporti umani si accoppia in lui una sorta di misticismo orientale per cui la Russia è, e deve essere, il regno della moralità. Ecco perché non serve la democrazia: perché in essa comanda il popolo e il popolo ha più bisogno di essere guidato ed educato che di essere seguito nelle sue basse pulsioni. Come avviene in Occidente. E il motore di questa purezza spirituale e religiosa è la Russia, intesa come il centro del mondo slavo. E se essa si annette un altro Paese, per esempio l’Ucraina, con questo non l’opprime, ma le dà l’occasione di rientrare nel seno di quella koinè che è la sua casa, la sua famiglia, il suo universo.
Primo atto
Nella concretezza, tutto è cominciato con una tremenda mancanza di informazioni, al Cremlino. Tanto grave da far dire, a moltissimi commentatori, che Putin è un capo così duro che nessuno osa contraddirlo e nessuno osa dirgli la verità. Dunque egli è stato lasciato in balia delle sue idee, quali le ha esposte in tempo non sospetto.
1. Per Putin l’implosione dell’Unione Sovietica è stata “la più grande catastrofe” del Ventesimo Secolo non perché sia caduto il comunismo, ma perché si è sbriciolata l’unità degli slavi e in particolare dei russofoni. Dunque il primo scopo di qualunque “Uomo della Provvidenza” che si creda capace di portare a termine questa missione deve essere la ricostituzione dell’impero zarista.
2. L’Ucraina ha voluto essere indipendente ma essa è profondamente russa, tanto che, se gliene si offre la possibilità, coglierà con entusiasmo l’opportunità di essere riaccolta nel seno della sua vera madrepatria. È quello che hanno fatto credere a Putin, senza difficoltà, perché era anche quello che voleva credere.
3. L’Ucraina ha un governo filo-occidentale che non rappresenta il Paese. Basta dargli una spintarella, ed esso tornerà nel seno della Madre Russia. Basterà “mostrare la bandiera” con qualche centinaio di blindati, e il gioco sarà fatto.
4. Né c’è da temere la reazione dell’Occidente, perché infrollito e corrotto, oltre che vile. Si è già visto quando la Russia s’è annessa la Crimea. Dunque l’invasione dell’Ucraina avrebbe dovuto essere breve e pacifica, portando a una sorta di Anschluss. E comincia l’invasione.
Secondo atto
Gli Occidentali, a dir poco, sono costernati. A parte i servizi segreti americani, nessuno aveva considerato realistica la possibilità dell’invasione. Comunque, nel caso, tutti reputavano che l’Ucraina non potesse resistere più di qualche giorno. Poteva soltanto rassegnarsi alla prevaricazione. Ma il Primo Ministro Zelensky rifiutò di fuggire e parlò di resistenza.
Stupore. Gli ucraini – si pensò in Occidente – vogliono perdere con onore. E purtroppo non possiamo far nulla per aiutarli, dal momento che l'Ucraina non è nella Nato. Ma l'Ucraina non cedette e ci si accorse che Kiev aveva un esercito. Che il popolo era disposto a lottare fino alla morte. Che gli uomini chiamati alle armi correvano ad arruolarsi invece di disertare.
Passano così le settimane, la resistenza diviene sempre più efficiente e l’Occidente che si era rassegnato, vedendo che l'Ucraina resiste, comincia ad aiutarla fornendole armi. Poi, vedendo che i russi sono sempre più in difficoltà e gli ucraini sempre più combattivi, l’afflusso delle armi diviene generoso e massiccio. Finché – soprattutto quando i russi hanno rinunciato alla conquista di Kiev – si è arrivati alla convinzione che gli ucraini potrebbero perfino vincere. Dunque val la pena di aiutarli in ogni modo. E, a quanto dicono, gli europei hanno già spedito armi per il valore di un miliardo e mezzo di dollari. Gli americani addirittura di quattro miliardi.
Terzo atto
Riassumendo: a due mesi dall’inizio della guerra, tutto è cambiato. I russi hanno avuto perdite ingentissime, l’Armata russa si è rivelata tutt’altro che un fulmine di guerra, anche le sanzioni hanno cominciato ad avere effetto e la Russia dal punto di vista morale è divenuta un paria. Perfino la Finlandia e la Svezia hanno rinunciato alla loro tradizionale neutralità. Oggi, non che parlare di annettersi l’Ucraina, Mosca comincia a sognare di tenersi la Crimea e di ottenere l’indipendenza delle due minuscole “auto-proclamate” Repubbliche del Donbass. Tutta una situazione che costituisce un’imprevista, gravissima sconfitta. E ora che il gigante sanguina e vacilla, l’Occidente, ricompattato dalla tracotanza di Putin, sogna di infliggergli il colpo del K.O. Gli Stati Uniti aiutano freneticamente l'Ucraina perché è l’occasione per dimostrare che la Russia eterna è una tigre di carta e chi la guida è un fanatico incompetente, nocivo persino per il suo Paese. Che l’unica speranza è quella di un cambio di regime che restauri la democrazia in un’Europa pacificata.
Non si tratta di abbattere Putin ma una mentalità. Di far capire ai russi che è sempre meglio un sincero democratico, anche se ubriacone, come Yeltsin, che un gelido, ascetico, fanatico autocrate, capace di trascinare il proprio Paese nel baratro. Ci si riuscirà? Certo, se anche la cosa costasse all’Occidente non cinque, ma cinquanta miliardi di dollari, sarebbero i soldi meglio spesi di ogni tempo.