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Esteri
Guerra Russia-Ucraina: perché Putin punta sul gruppo neonazista Wagner

Chi è Marat Gabidullin, ospite questa sera, giovedì 12 maggio, di Piazzapulita su La7

Per gentile concessione dell’editore Libreria Pienogiorno pubblichiamo un estratto dalla prefazione di Kesnia Bolchakova e Alexandra Jousset al libro "Io, comandante di Wagner", di Marat Gabidullin


Marat Gabidullin non è un pentito. Non è un delatore, dilaniato dalla propria coscienza, che un giorno ha deciso di rivoltarsi contro l’organizzazione di cui faceva parte per denunciarla. No. Marat è un soldato. Un semplice soldato in mezzo ad altri beni di consumo. Un homo sovieticus che si porta nelle viscere tutte le forme di schizofrenia che albergano nell’uomo russo contemporaneo. Orgoglioso di aver fatto parte delle forze aeree dell’esercito regolare del suo paese. Orgoglioso di aver combattuto l’Isis in Siria come mercenario del gruppo Wagner. D’altra parte Marat gongola quando racconta di avere partecipato all’operazione che ha permesso di riconquistare Palmira sottraendola agli islamisti. Palmira, fantasia di tutti coloro che sognano di lontane civiltà millenarie. Eppure, Marat è a disagio nell’ammettere di aver servito un esercito ombra illegale, oggi sotto i riflettori, ossia il gruppo Wagner, accusato di aver commesso i peggiori abusi, stupri, torture e omicidi contro le popolazioni civili nei paesi in cui è sceso in campo. 

Leggendo questo libro, non ci si devono aspettare ammissioni di colpa. Questo racconto nasce dalle contraddizioni che ossessionano il suo autore. È una storia profondamente russa, la storia di una rottura e di una redenzione. L’avventura di un soldato di ventura al servizio di un esercito che ufficialmente non esiste. 

È per esistere che Marat ha deciso di scrivere. Cristallizzando i fatti. Inscrivendo nel marmo la sua storia e quella dei suoi fratelli in armi. Una storia finora soppressa dalle autorità del suo paese. Perché secondo il Cremlino, il gruppo Wagner non esiste. Questa forza armata che si schiera ai quattro angoli del mondo, seguendo la mappa degli interessi del regime russo, sarebbe, nella versione ufficiale, una fantasia dei detrattori di questo stesso regime. Occidentali in testa. Interrogato in numerose occasioni sulla questione, Vladimir Putin ha sempre rifiutato di ammettere il ricorso a mercenari nelle zone di conflitto e ha sistematicamente negato qualsiasi legame tra il Cremlino e la compagnia militare privata

In primo luogo, perché il mercenarismo è un’attività ufficialmente illegale in questo paese, punibile ai sensi dell’articolo 348 del codice penale con la reclusione fino a otto anni. In secondo luogo, perché il presidente russo ha il suo tornaconto in questo silenzio complice. L’invio di mercenari consente allo Stato di risparmiare sulle pensioni e sugli stipendi pagati ai soldati dell’esercito regolare. Permette anche di occultare i propri morti. Marat spiega: “I nostri generali stavano incominciando a preoccuparsi delle possibili perdite. I nostri compatrioti, dal canto loro, non volevano concepire la guerra come un fenomeno che può provocare dei morti. Bisognava trovare un compromesso.

 

Ecco come il Cremlino nega abusi, fallimenti e perdite di vite umane

 

Un compromesso possibile è quello di chiamare in causa una struttura parallela, la cui partecipazione al combattimento potrebbe essere negata se necessario, continuando a mostrare ai nostri concittadini una bella immagine rassicurante, così che continuino ad essere orgogliosi e felici, ad applaudire le parate militari sulla Piazza Rossa, sbalorditi dalla potenza delle nostre forze armate”. E in terzo luogo, perché Wagner offre un “jolly” a Vladimir Putin. Il potere di praticare la cosiddetta “negazione plausibile” che consiste nel rifiutare qualsiasi responsabilità per gli abusi commessi dai mercenari o per le operazioni fallite sul campo. Un modo per poter affermare: non abbiamo nulla a che fare con tutto questo e se ci sono problemi con Wagner, rivolgetevi ai suoi responsabili! Ed è qui che sta l’efficacia dello stratagemma. Wagner non ha esistenza giuridica. È una società ombra, rispetto alla quale nessuno assume pubblicamente la responsabilità né della gestione, né dell’operato. 

Eppure, a capo di questa organizzazione ci sono due uomini. Il primo è il suo fondatore. Colui che ha dato alla struttura il suo nome sorprendente: il tenente colonnello Dmitrij Utkin, nome di battaglia: Wagner. Questo ex membro del GRU, il servizio di intelligence militare russo, ha lasciato i ranghi dell’esercito nel 2013. A partire dal 2014, riunisce intorno a sé altri veterani delle forze speciali e crea un gruppo di intervento rapido per condurre operazioni mirate nella regione separatista del Donbass, in Ucraina, in guerra con le autorità filo-europee di Kiev. Questo gruppo di mercenari prenderà poi il nome del suo capo che ha deciso di farsi chiamare Wagner in omaggio al compositore tedesco e al significato simbolico associato al suo nome. Perché Dmitrij Utkin è un grande ammiratore del Terzo Reich e di Adolf Hitler. 

Perché i russi, da nemici di Hitler, sono diventati filonazisti

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