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Esteri
Migranti, Lukashenko copia Erdogan. Ma dietro ci sono Putin e la Polexit

Polonia-Bielorussia, non solo i soldi dietro le mosse di Lukashenko

Sei miliardi di euro. Tutta la vicenda della crisi dei migranti tra Bielorussia e Polonia gira intorno a questa cifra. E, sostiene qualcuno, forse anche intorno a un'abile strategia di Varsavia. Partiamo dai soldi. Quei sei miliardi sono la cifra monstre che negli ultimi anni l'Unione europea ha corrisposto alla Turchia per mettere il tappo alla rotta di migranti in arrivo dal Medio Oriente, in particolare dalla Siria dopo la guerra civile. L'ondata del 2015-2016, successiva alla famosa estate dell'accoglienza di Angela Merkel, ha lasciato il segno e, in quel caso, Erdogan l'ha sfruttata per farsi girare due corposi assegni per bloccare il flusso quasi ininterrotto di migranti da quella parte di mondo.

Ora, a distanza di qualche anno, pensa di fare lo stesso anche Aleksandr Lukashenko. Che il calcolo sia questo sembra emergere in maniera esplicita dalle dichiarazioni del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov. Il diplomatico del grande vicino di Minsk ha infatti rilasciato una dichiarazione nella quale invita direttamente Bruxelles a ricompensare e incentivare gli sforzi di controllo delle frontiere da parte della Bielorussia elargendo un compenso economico. Il problema è che, nonostante le frizioni e le tensioni anche recenti (leggasi alle voci "sedia" e "Ursula von der Leyen") Erdogan non è mai diventato del tutto inutilizzabile dal Vecchio Continente. Ankara fa parte della Nato, è un importante attore economico e geopolitico in troppi teatri direttamente collegati all'Europa, dal Medio Oriente al Mediterraneo. Impossibile recidere del tutto i legami con il "sultano". Lo ha dimostrato anche la retromarcia di Mario Draghi durante il G20 di Roma dopo le polemiche furibonde degli ultimi mesi.

Crisi dei migranti tra Bielorussia e Polonia: che cosa c'è dietro

Lukashenko invece ha un'immagine troppo compromessa per essere riabilitata. Le elezioni dell'agosto 2020 sono state la classica goccia che hanno fatto traboccare il vaso. Difficile che la situazione attuale possa cambiare le cose. Anche perché gli sviluppi si stanno facendo sempre più preoccupanti. Nelle scorse ore le autorità di sicurezza della Polonia hanno arrestato circa 50 migranti vicino alla frontiera con la Bielorussia. In precedenza, il ministro della Difesa polacco, Mariusz Baszczak, aveva reso noto che c'erano stati molti tentativi di violare il confine nella notte, aggiungendo che al momento sono circa 15mila i soldati schierati al confine. La recinzione construita al confine è stata sfondata a più riprese, con diversi gruppi di migranti che sono riusciti a entrare in territorio polacco, in particolare in corrispondenza dei villaggi di Krynki e Bialowieza. 

Crisi dei migranti tra Bielorussia e Polonia, la Germania vuole sanzioni a Lukashenko

L'Unione europea ha individuato il colpevole proprio nel regime di Lukashenko. Soprattutto la Germania è tornata a sollecitare nuove sanzioni dell'Unione Europea contro Minsk, accusando Lukashenko di sfruttare "senza scrupoli" i migranti mandandoli al confine con la Polonia. Il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, ha dichiarato: "Sanzioneremo tutti coloro che sono coinvolti nel traffico mirato di migranti", ha annunciato Maas secondo il quale l'Ue lavorerà per "estendere e rafforzare le sanzioni contro il regime di Lukashenko". Secondo il diplomatico tedesco, l'Ue "non può essere ricattata". Cosa che però è già accaduta più di una volta proprio con la Turchia di Erdogan.

Dietro la crisi tra Polonia e Bielorussia la lunga mano della Russia?

Nel frattempo, Russia e Bielorussia si mostrano unite sul fronte della crisi, alimentando la teoria che dietro la vicenda ci sia proprio la lunga mano del Cremlino. Lavrov è stato protagonista di una conferenza stampa congiunta con l'omologo bielorusso Vladimir Makei, al termine della riunione annuale dei collegi dei ministeri degli Esteri russo e bielorusso. Entrambi hanno definito "inaccettabili" le sanzioni occidentali unilaterali senza l'approvazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, "utilizzate come strumento per combattere regimi indesiderati".  E anche sul fronte strategico, due bombardieri russi a lungo raggio Tu-22m3 hanno effettuato dei voli di pattuglia nello spazio aereo bielorusso. Il ministero ha aggiunto che gli aerei russi "svolgono i compiti di allerta al combattimento per la difesa aerea nel sistema di difesa aerea regionale dell'Unione statale Russia-Bielorussia".

Dietro la crisi c'è infatti una questione geopolitica ben più ampia. Da una parte l'avvicinamento della Nato ai confini dell'unione statale Russia-Bielorussia, dall'altra parte il tentativo di riaccreditare il regime di Lukashenko o quantomeno dargli un'onorevole uscita di scena. Entrambi i punti di vista rischiano però di saltare anche per gli interessi di un altro attore, che complicano la storia e la rendono meno semplice nella divisione dicotomica tra buoni e cattivi. Si tratta, ovviamente, dela Polonia, che potrebbe aver visto nella situazione che la coinvolge direttamente un problema in grado di trasformarsi in opportunità.

La crisi "ingigantita" dalla Polonia a caccia di leve negoziali con Bruxelles?

Varsavia è infatti coinvolta in uno scontro durissimo con Bruxelles e dopo una sentenza della sua corte costituzionale che pone il diritto polacco al di sopra di quello comunitario si parla sempre di più di Polexit. Ebbene, amplificare la portata della crisi in atto potrebbe non solo attrarre simpatie e aiuti a Varsavia, ma anche a porla in una migliore posizione negoziale con le istituzioni Ue. Lo sostiene per esempio Matteo Villa, responsabile del programma migrazioni dell'Ispi, che all'AdnKronos ha spiegato che il problema è "ingigantito", visto che si tratterebbe al massimo di 2500 migranti che premono per entrare in territorio comunitario. Anche se le autorità polacche parlano di numeri ben diversi e identificabili nell'ordine di diverse decine di migliaia. Ma secondo Villa la Polonia starebbe "cavalcando la crisi". Una crisi che coinvolge soprattutto la Germania, meta prediletta dei migranti in arrivo da Afghanistan e Iraq. Forse anche con questo si spiega la solerzia con la quale Berlino vuole colpire Minsk.

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