La settimana terribile di Ursula Von der Leyen: Pfizer Gate? Dazi? Il vero problema sono i malumori tra alcuni partiti che compongono la maggioranza. - Affaritaliani.it

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La settimana terribile di Ursula Von der Leyen: Pfizer Gate? Dazi? Il vero problema sono i malumori tra alcuni partiti che compongono la maggioranza.

La mozione di sfiducia non pare avere alcuna speranza di andare in porto. Ma già solo il fatto che sia stata presentata è la dimostrazione che...

di Vincenzo Caccioppoli

La settimana terribile di Ursula Von der Leyen

Comincia una settimana di fuoco per la presidente della commissione europea Ursula Von der Leyen. Il prossimo 10 luglio, giovedì, a Strasburgo ci sarà il voto sulla mozione di sfiducia sul Pfizer Gate (una serie di sms equivoci, scambiati tra von der Leyen e il ceo di Pfizer per l'acquisto di milioni di dosi di vaccini durante la pandemia di Covid-19) presentata da un deputato rumeno dell’Ecr, Gheorghe Piperea, del partito rumeno Aur. Il 16 luglio, invece, la Commissione Europea presenterà formalmente la sua proposta per il Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) 2028-2034, dove ancora non sussiste un accordo tra gli stessi componenti della commissione.

La mozione di sfiducia non pare avere alcuna speranza di andare in porto. Ma già solo il fatto che sia stata presentata è la dimostrazione che qualcosa si è rotto nel rapporto fiduciario tra la presidente e il parlamento europeo. Non solo per il fatto che si tratta di una cosa assai rara, considerando che l'ultima fu presentata 10 anni fa, contro l’allora presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, coinvolto in uno scandalo finanziario che risaliva agli anni in cui era stato primo ministro del Lussemburgo (e fu bocciata con soli 104 voti a favore), ma anche perché esistono già profondi malumori tra alcuni partiti che compongono la maggioranza.

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E l’evidente nervosismo al limite del fastidio, mostrato ieri, durante la discussione della mozione, della presidente, mostra come questo episodio rischi di indebolire ulteriormente la presidente, già alle prese con una difficilissima trattativa con l'amministrazione Trump sui dazi. Come detto, sulla carta non dovrebbe esserci storia, dal momento che i popolari, Renew, e i socialisti, insieme ai ⅔ del gruppo Ecr voteranno no alla sfiducia.

Ma, come detto, alcuni problemi, al di là della mozione, si sono già palesati all'interno della maggioranza. I socialisti, infatti, chiedono da tempo una verifica con la presidente. A fine giugno la presidente del gruppo S&D, la spagnola Iratxe Garcia Pérez (Elly Schlein, con una decisione che ha creato diversi malumori nel Pd, ha deciso di concedere la presidenza agli spagnoli, malgrado spettasse la Pd essendo la delegazione più numerosa all’interno del gruppo) ha avvertito la Von der Leyen “Non possiamo continuare con questa strategia dei popolari che negoziano politiche con l’estrema destra e ci chiedono di essere responsabili con le nostre posizioni”.

La questione verte tutto sulla presunta nuova maggioranza che si starebbe creando tra i popolari e il gruppo dei conservatori, soprattutto su tematiche molto calde come quella relativa al green deal e al tema dei migranti. Ed è proprio per questo che Nicola Procaccini, copresidente del gruppo Ecr ha definito la mozione di censura “un grande regalo ai nostri avversari politici”, non tanto per una questione di merito della stessa mozione, ma perché ha ribadito l’eurodeputato meloniano” questa mozione arriva proprio nel momento di loro (le sinistre) maggiore frustrazione. Quando grazie a delle maggioranze di centrodestra che non si erano mai viste prima, stiamo riuscendo a riportare un po' di buon senso qui dentro”. Ma le spine per la Von der Leyen, riguardano anche la discussione intorno al nuovo Quadro Finanziario Pluriennale (QFP), per il periodo 2028-2034, che sta creando diversi malumori, all’interno dei gruppi parlamentari, della stessa commissione e di molti governi europei. Socialisti e Ppe sono sul piede di guerra per le modifiche previste sulla Pac, così come sono contrari all’idea di centralizzare i fondi in capo ai singoli stati. Il nuovo bilancio europeo deve affrontare nuove esigenze, prima tra tutte quella dei fondi destinati al riarmo e il rischio che qualcuno paventa è che si possa verificare una riduzione, per esempio, nella erogazione dei fondi della Pac ( che dovrebbe essere accorpata in unico fondo, tema fortemente criticato dalle principali associazioni di categoria).

Inoltre, la Von der Leyen, vorrebbe dare meno poteri alle Regioni sulla gestione dei fondi di coesione, incontrando l’opposizione in questo, a quanto sembra, del vicepresidente esecutivo della Ue, Raffaele Fitto, responsabile proprio della coesione che sarebbe invece favorevole ad un maggior coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali, rendendo magari meno farraginose le procedure e accorpando i diversi fondi esistenti. Fitto sarebbe appoggiato da mezza commissione, oltre che dai popolari, il partito della presidente. Le trattative sono serrate da giorni, e fonti autorevoli, confermano che l’accordo potrebbe essere vicino (il ruolo di Fitto all’interno dell’esecutivo è considerevolmente aumentato, e da molti ormai è considerato una sorta di Primus inter pares, nel ristretto comitato direttivo dei 6 vicepresidenti a fianco della presidente). Ultima tegola, infine, per la presidente è arrivata invece in queste ore, e riguarda la nuova consigliera diplomatica della Von der Leyen, l’italiana Elisabetta Belloni. Dopo nemmeno cinque mesi dal nuovo incarico a fianco della presidente della commissione, la sessantaseienne diplomatica italiana, ha deciso di lasciare Bruxelles e tornare nella sua amata casa di campagna a Monte San Savino, in provincia di Arezzo.

L’improvviso addio della Belloni, secondo autorevoli fonti della commissione, sarebbe arrivato per i forti dissapori con il capo di gabinetto di von der Leyen, Björn Seibert, alimentando le voci dell’eccessivo potere che il capo di gabinetto avrebbe assunto all’interno dello staff della presidente. Ecco allora che, se si pensa a come solo un anno fa la presidente della commissione fosse considerata la leader forte dell’Europa (a settembre, sfidò Macron, chiedendo e ottenendo il ritiro del candidato transalpino a commissario Thierry Breton) ora la situazione per lei sembra essersi improvvisamente capovolta.