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FoodExp, giovani chef per anticipare il futuro della ristorazione
Cosa è emerso dell'incontro tra 26 chef emergenti che hanno dialogato su uno dei punti di forza del nostro paese

“Dna Evolution”, ecco il tema di FoodExp che ha posto alla base la necessità di provare ad anticipare il futuro, individuando trend emergenti, che nel bene o nel male stanno trasformando il comparto.
A Lecce ci si è confrontati con il mondo intero: cuochi, addetti ai lavori, professionisti del settore sono arrivati da ogni angolo del globo, si sono lasciati contaminare e ci si è accorti che è in atto un cambiamento. Perché sta aumentando l’attenzione verso una sostenibilità che non può più essere solo ambientale ma deve essere anche economica. Si è poi analizzato il nostro rapporto con il cibo, anche in funzione di un cambiamento climatico che ci porta ad avere a che fare, senza avere una via d’uscita, con una biodiversità ricca, unica ma cangiante come conferma Giovanni Pizzolante, ideatore e organizzatore di FoodExp.
Archiviata l’ottava edizione di FoodExp. Quali sono le conclusioni?
"Quest'anno il tema era l'evoluzione nel mondo della cucina e dell'hotellerie. Abbiamo visto come il nostro futuro si presenti come un movimento giovane, dinamico e positivo, che sta trasformando la cucina italiana. C'è un ottimismo vivace tra i giovani chef, che non accettano l'idea che il fine dining sia finito. Questi cuochi stanno tirando fuori tutto ciò che hanno raccolto nelle esperienze passate, spesso legate a grandi nomi della cucina e finalmente riescono a esprimere la loro identità in modo autonomo; un esempio su tutti è Mattia Pecis, uno dei più giovani cuochi presenti al Forum, che pur essendo stato in qualche modo influenzato dal suo maestro Carlo Cracco ha sviluppato una sua forza, una sua identità precisa e uno spirito distintivo. Tutta questa energia ha contagiato i teatri del Chiostro dei Domenicani, che ci ha ospitato".
Non basta più essere dei bravi cuochi, vero?
"È emerso chiaramente che oggi non basta più essere solo dei bravi cuochi; è fondamentale anche avere una forte identità personale. Prendiamo Domenico Schingaro, lo chef del Ristorante Due Camini, a Borgo Egnazia, con la sua idea di creare la banca dei semi o il laboratorio di Ciro Scamardella a Roma e il lavoro fatto insieme al Basque Culinary Center; o ancora Francesco Sodano che coltiva piante antiche e nel mentre si prende cura delle sue api. Ognuno di loro in maniera trasversale integra le passioni personali, ad atteggiamenti virtuosi arrivando ad addomesticare le tecniche culinarie che padroneggiano. Sono passioni che vengono poi utilizzate in modi innovativi: ad esempio, la cera d’api può servire come conservante nel processo creativo di un piatto come il Piccione 100, che lo chef Sodano ha raccontato proprio dal palco di FoodExp. Non si tratta solo di idee originali ma di essere in grado di diversificare: solo l'innovazione permette di costruire processi che vanno al di là della tradizionale cucina scritta nei libri di scuola o nei ricettari".
Chi più di altri ha lanciato un messaggio significativo?
"Richard Abou Zaki ha parlato dell'importanza dell'identità, del personale e delle risorse umane intese nel senso più ampio del termine; una certa passione e quell’energia pura che non ti fa sentire la stanchezza sono centrali nel racconto che fa del suo progetto imprenditoriale dietro al suo Ristorante "Retroscena" a Porto San Giorgio. Francesco Sodano avanza silenziosamente ma con chiarezza nella sua identità, affermando "basta gourmet!". Oggi tutto sembra gourmet – dalla pizza, ai piatti tradizionali – ma lui sostiene che andare in un ristorante gastronomico dovrebbe offrire un'esperienza diversa rispetto all’osteria tradizionale dove dovremmo trovare solo un oste ad accoglierci. Tutto questo per evitare di perdere l’identità di certe tradizioni; ciò non implica negare i cambiamenti nella forma o nel gusto ma riconoscere ciò che rimane essenziale: una pizza resta sempre una pizza".
Quanto il comparto è influenzato dalla recente storia americana dei dazi e dagli eventi globali?
"La scelta del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di imporre dazi sui prodotti d'importazione, suscita reazioni e conseguenze che non toccano solo il mondo del turismo, dell’agricoltura, dell’enogastronomia ma anche equilibri economici. Sono tante le aziende che vivono con apprensione il momento storico. Ferrari Trento Doc, il gruppo Lunelli, Agugiaro & Figna, lo stesso Monogramma Felicetti, hanno investito significativamente negli ultimi cinque anni, creando depositi in Centro America o negli Stati Uniti. Molte aziende italiane hanno ridotto negli ultimi cinque anni gli investimenti in Italia perché alle prese con progetti rivolti all'America. La situazione attuale richiede precise valutazioni: potrebbero tornare in Italia o orientarsi verso altri mercati come Cina o Giappone. Le aziende devono considerare strategie finanziarie che vadano oltre i dazi americani non dimenticando che ad esempio il vino incontra altri tipi di difficoltà nei mercati giapponesi o a Dubai. Ecco perché molte aziende stanno tornando a concentrarsi sul mercato europeo e nel mentre affrontano sfide significative dovute alla crisi economica globale. Investimenti ingenti, come un deposito di 20 milioni di euro in America, oggi rischiano di diventare critici se perduti".
L’Hackfest è stata la novità dell’edizione di quest’anno. Di cosa si tratta?
"Parliamo di una ramificazione di FoodExp, un laboratorio creativo che ha messo al centro le sfide più urgenti e le opportunità più interessanti nel mondo enogastronomico contemporaneo. Uno spazio di confronto tra studenti, professionisti, operatori e rappresentanti istituzionali chiamati a lavorare fianco a fianco per sviluppare soluzioni condivise e condivisibili. Non siamo solo una vetrina ma una vera e propria piattaforma di programmazione, dove la riflessione strategica è chiamata a tradursi in azione. Alla base di una simile iniziativa l’esigenza di dar vita ad un ecosistema regionale dinamico. Continueremo a sviluppare progetti che mirano a creare quella socialità professionale, che è venuta a mancare negli ultimi 5-6 anni. Le persone non comunicano più e costruiscono forme autonome di ideologia professionale".
Qual è l’obiettivo che sperate di raggiungere?
"Vogliamo creando una rete d'impresa tra giovani professionisti per convogliare informazioni in uno spazio comune utile a tutti. Questa iniziativa nasce dall'esigenza della nuova amministrazione regionale pugliese di avere un documento informativo dedicato al turismo, messo a punto da un comitato scientifico misto pubblico-privato. Un punto di partenza per comprendere i fattori chiave nella gestione delle decisioni o degli investimenti che ricadono sui territori".
Quali sono le sfide più ardue che dovremo provare a vincere nei prossimi anni?
Dal punto di vista turistico e dell'ospitalità, le sfide più difficili nei prossimi anni riguardano la formazione degli imprenditori più che la gestione delle risorse umane. La maggior parte delle imprese locali sono piccole o familiari; gli imprenditori spesso sfruttano solo in parte gli strumenti finanziari offerti dalla Regione per modernizzare le loro strutture ricettive (60% a fondo perduto). Serve ragionare da manager, essere in grado di farlo, di seguire la gestione delle colazioni in un determinato modo, i servizi che si vogliono offrire o i pacchetti esperienziali che si vogliono proporre. Inoltre, è cruciale saper formulare proposte efficaci nel settore della ristorazione: spesso manca la visione necessaria a comprendere l'importanza di tale approccio. Questi tabù devono essere superati affinché si possa condividere una visione comune nel settore turistico-ristorativo locale.
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