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Dario Galimberti: “Le mie storie dai ricordi del passato della mia città”

Quali altre figure di investigatori della narrativa apprezza?

Comincerei con il primo della storia della letteratura gialla, o perlomeno identificato come tale: Auguste Dupin, il genio immaginato da Edgar Allan Poe, capace di scoprire il colpevole usando unicamente la logica della deduzione e le regole d’inferenza. Poi aggiungerei Porfirij Petrovič, il giudice istruttore di Delitto e castigo di Dostoevskij, maestro di maieutica,in grado di mettere con le spalle al muro il giovane Rodiòn Raskòl'nikov inducendolo alla confessione. Petrovič ispirò, per la sua furbizia e geniale diversione, la caratterizzazione del famosissimo tenente Colombo. Da ultimo gli investigatori di Dürrenmatt: l’ostinato commissario Matthäi del romanzo “La promessa” e l’ispettore della polizia bernese Hans Bärlach del romanzo “Il sospetto”. Entrambi capaci, nel loro agire, di avvalersi della giusta dose di fantasia e irrazionalità.

“La ruggine del tempo” si svolge tra passato e un presente non troppo vicino, perché l’azione di Beretta è collocata nel secolo scorso. Perché questa scelta?

Come ho accennato in precedenza, il tutto nacque dal luogo in cui ambientare le vicende, di conseguenza decisi di collocare i personaggi quando il quartieredi Lugano - chiamato Sassello - era ancora pulsante di vita: la prima metà degli anni Trenta.“La ruggine del tempo” inizia nel 1931, cinquant’anni esatti dopo un reale e bruttoepisodio avvenuto al castello di Trevano nel 1881.

Si può dire che molta sua narrativa è ispirata dalle atmosfere del lago?

Il lago di Lugano è una presenza importante nella città. Negli anni dei romanzi era anche fonte di sostentamento e scrutato dagli abitanti di allora con occhi diversi di come lo osserviamo oggi. Le insidie della profondità, le bizze dei venti, le derive dei tronchi trasportati dal fiume, lo rendevano vivo e ribelle, ma nella calma piatta, nella lucentezza, nel blu più del cielo, un grande amico.Nei miei romanzi luganesi il Ceresio appare spesso, a volte di più perché è scena diretta di avvenimenti principali o secondari, a volte invece è solo una presenza misteriosa che cheta osserva.

Molti scrittori del passato svolgevano altri mestieri, lei è un po’ come loro. Ma la sua vera grande passione è la scrittura?

Questa è la domanda difficile. La scrittura è un’attività che mi appassiona da sempre e mi accompagna nel lavoro di architetto fin dall’inizio. Ho sempre amato scrivere, e le relazioni tecniche che accompagnano i progetti le scrivo tutt’orain maniera narrativa, cosí le ricerche storiche i riferimenti concettuali, gli articoli e quant’altro.La passione per l’architetturaè ormai consolidata. Credo, tutto sommato, che entrambe le passioni convivano felicemente. A comprova di ciò riappaionosovente assiemesostenendosi a vicenda.

Come spiega l’abnorme proliferare dei romanzi di investigazione?

Le storie con i buoni e i cattivi arrivano dalla notte dei tempi e sono parte dei nostri cromosomi: saghe e leggende narrate attorno al fuoco. I romanzi d’investigazione contengono diversi elementi di questa tradizione ancestrale: senz’altro i buoni e i cattivi, in aggiunta la suspense, i colpi di scena e altri elementi accattivanti. Forse vi è un desiderio intrinseco di leggere queste storie e la conseguente voglia di narrarle.

Su quali romanzi si è formato?

Da giovanissimo leggevo Erle Stanley Gardner (Perry Mason) ed Emilio Salgari, in casa li avevamo tutti. Poi sono arrivati Hemingway, Moravia, Camus, Poe, Crichton, Pavese, Dürrenmatt e Dostoevskij.Da ultimo vorrei citare, sebbene non sia proprio un romanzo, ma forse un saggio, una raccolta di racconti, un trattato d’architettura, o chissà cos’altro: “Parole nel vuoto”dell’architetto Adolf Loos, libro che è stato molto importante per la mia formazione.

Oggi legge tutto o soprattutto romanzi che possano ricondursi al suo genere narrativo?

Leggo quasi di tutto e ho sempre la matita a portata di mano per segnare le parti che mi intrigano, le descrizioni che mi affascinano e le parole che mi colpiscono, sia nel significato e sia nel suono.

Dal suo osservatorio svizzero, come vede l’Italia e che tipo di legame ha con il nostro paese?

Il Cantone Ticino è l’unico Stato al mondo, fuori dall’Italia, dove la lingua madre è l’italiano. Il che significa una vicinanza e un’influenza culturale importante e significativa. Ad esempio, i libri, a eccezione dei pochi testi pubblicati in Ticino, vengono letti quelli editi in Italia, così l’uso della radio, della televisione, del cinema, ecc. Di conseguenza la presenza dei fatti italiani è una costante della quotidianità ticinese. Con l’Italia ho un legame rilevante: mia mamma è nata a Nesso un paese tra Como e Bellagio, quindi parte delle mie radici sono cresciute bagnandosi nel Lario.

9788851195205
 

 

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