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Libri & Editori
L’informatica è la nuova filosofia. Il libro di Varanini ribalta la tradizione

di Virginia Perini

Numerosi, e spesso appassionanti, sono i saggi di divulgazione scientifica. Molto rari sono i saggi che si propongono, invece, di avvicinarsi all'informatica. Questo nonostante la vita quotidiana di ogni cittadino del pianeta sia oggi condizionata dall'uso di strumenti digitali. L'esercizio di qualsiasi attività lavorativa umana vede coinvolto il computer e con l'uso del computer, cambia, per l'uomo, il modo di pensare. Eppure l'informatica resta un campo del sapere separato, ignoto ai filosofi, affidato a tecnici che si trovano però ad essere inconsapevoli sostituti dei filosofi.
Da oggi non è più così. E' arrivato nelle librerie il nuovo libro di Francesco Varanini, Macchine per pensare, Guerini & Associati dalla cui lettura si può capire bene che l'informatica è la prosecuzione della filosofia con altri mezzi. Il computer è una 'macchina per pensare'. Ma da questo punto di partenza due strade divergono. Due diversi paradigmi convivono.
Da un lato chi considera il computer come macchina destinata a sostituire l'uomo. L'uomo, incapace di evitare i conflitti, malato, colpevolmente orientato all'autodistruzione, sará convenientemente sostituito da una macchina capace di attingere ad una 'ragione' inattingibile per l'uomo. Dall'altro lato, chi considera il computer come strumento destinato ad accompagnare l'uomo, incrementando, approfondendo, potenziando l'umano pensiero.
Chi lavora da professionista nel campo dell'informatica troverà in questo saggio stimoli per allargare lo sguardo alle implicazioni politiche, etiche e filosofiche del suo agire. L'umanista troverá in queste pagine una narrazione priva di inciampi e di non necessari tecnicismi. Una narrazione che è un viaggio nel futuro dell'umanitá.
Il filosofare è esperienza umana ben diversa dallo studiare filosofia. Conta certo ripercorrere le tracce del percorso dei grandi filosofi. Ma ben di piú conta, per ogni uomo, esercitarsi a filosofare, a pensare. In questo saggio si parla di come l'uomo puó meglio pensare con l'ausilio di apposite macchine.
Il computer è pensiero codificato. Le macchine e i loro programmi sono frutti, non sempre del tutto consapevoli, di tradizioni filosofiche e stili di pensiero. Ripercorrendo alcuni passaggi della storia dell'informatica, è possibile ripercorrere, in una chiave inattesa, tappe chiave del pensiero filosofico. Al contempo, ripercorrendo alcuni passaggi della storia del pensiero filosofico, sarà possibile cogliere l'implicito senso di macchine e programmi che ci appaiono altrimenti incomprensibili, o lontanissime da noi.

L'idea della macchina per pensare ci impone di risalire a Cartesio e a Leibniz. E ci impone sopratutto di viaggiare attraverso la storia del Ventesimo Secolo. La ricerca della macchina per pensare è un viaggio attraverso le paure e le speranze umane che, attraverso una intervista, l'autore ripercorre con Affaritaliani.it.

Ci può spiegare in che senso l'informatica è la nuova filosofia?
La filosofia è 'amore per la conoscenza', 'ricerca della conoscenza', 'costruzione di conoscenza'. La storia della cultura occidentale, dalle sue remote origini, ha visto la presenza di questa figura sociale eminente, il filosofo. Ma il filosofo è stato, fino alla Rivoluzione Scientifica, diciamo fino a Galileo e Newton, un 'esperto totale' della conoscenza, conoscenza complessiva che comprendeva anche ciò che oggi chiamiamo scienza e tecnologia.
Con Galileo si è affermata la scienza sperimentale, con Newton si è affermata la descrizione matematica, formale, dell'universo. La scienza si si è sempre più evoluta e specializzata, finché gli stessi scienziati hanno finito per essere portatori di uno sguardo specifico, sempre più profondo, ma settoriale, sempre più lontano da una visione d'insieme. Ciò che osserva e descrive il biologo è ben distinto da ciò che osserva e descrive il fisico; la stessa fisica si specializza: Fisica Teorica, Fisica delle Particelle, Fisica della Materia... Lo sviluppo scientifico porta con se l'impossibilità della visione d'insieme.
Il tradizionale compito del filosofo, garantire la visione d'insieme. Sembra oggi impraticabile. Così cresce il ruolo dell'informatica. Solo con gli strumenti dell'informatica è possibile gestire la sterminata massa di conoscenze che l'uomo è in grado di generare.
Il pericolo -che metto a fuoco in Macchine per pensare- è evidente. Un conto è se il compito di tenere insieme le conoscenze è affidato all'uomo. Un conto è se il compito è affidato a una macchina.
I tecnici dell'informatica si trovano a sostituire i filosofi. Ma non hanno una formazione filosofica. Sono appunto solo dei tecnici, abili a costruire e governare il funzionamento di macchine.

Che tipo di creatività sta dietro l'informatica, questa disciplina che che ci appare di tipo esclusivamente analitico?
Un grave rischio che mi sforzo di sottolineare nel mio libro è proprio questo: analisi vuol dire 'scomposizione'. L'informatica è una disciplina orientata a scomporre la conoscenza un unità minime -i dati-. E orientata a conservare poi i dati in modo da far sì che essi possano essere riutilizzati. L'informatica, nel corso della sua storia ormai non breve -possiamo datarne l'inizio negli anni '40 del secolo scorso- ha mostrato la propria capacità nello scomporre e nell'ordinare. Ma ha fallito tutte le volte che ha tentato di crescere verso una più complessiva 'intelligenza'. Ha fallito sul fronte della capacità di sintesi, di intuizione, di creatività. L'informatica ha cercato di dotare la macchina di queste capacità eminentemente umane.
Sostengo che invece di cercare di incrementare le capacità delle macchina, immaginando che essa possa sostituire l'uomo, dovremmo tornare a considerare più pienamente queste macchine, i computer, come strumenti nelle mani dell'uomo.

Che cosa vuol dire informatica umanistica essendo questi termini apparentemente contraddittori?
Informatica Umanistica -espressione con cui si traduce l'inglese Digital Humanities- può voler dire cose diverse. Conosco varie persone che se ne occupano. E direi che ognuno considera l'Informatica Umanistica in modo differente. In genere, tutte le definizione che ho visto dare mi sembrano riduttive.
Secondo me l'Informatica Umanistica non si riduce, come spesso si intende, all'uso di hardware e software in ambito editoriale, in biblioteche e musei, né si riduce alla predisposizione di supporti informatici per ricerche storiche, linguistiche, o filologiche.
L'Informatica Umanistica per me consiste nel considerare l'arte, la poesia, la letteratura, la filosofia -in genere il vasto campo della cultura umanistica- come fonte di ispirazione per immaginare e costruire macchine in grado di accompagnare l'uomo nel produrre conoscenza.

Ci può anticipare il contenuto degli altri due volumi dell'opera?
Gli altri volumi previsti -con il titolo complessivo di Trattato di Informatica Umanistica- sono tre.
Nel secondo volume -ripercorrendo la storia di vita di personaggi esemplari- ripercorro in modo dettagliato il passaggio dalla logica formale e dalla matematica al computing. Noi tutti conosciamo e celebriamo la figura di Alan Turing come capostipite, ma ci sono altri personaggi che meglio di lui ci permettono di raccontare la storia di queste macchine che chiamiamo computer. Macchine che si sono manifestate in forme di verse: grandi sistemi che pretendono di sostituirsi all'uomo, Personal Computer, Web...
Nel terzo volume affronto il cambiamento legato all'avvento dell'informatica nell'ambito editoriale e letterario. Il libro e le biblioteche ci presentano un mondo dove il problema a cui far fronte è la scarsità e la chiusura. Poche conoscenze conservate in modo ordinato, in oggetti ben distinti l'uno dall'altro. Il Web ci mette di fronte ad una conoscenza sterminata, sovrabbondante, un caos sul qualche ci affacciamo, estraendo di volta in volta quello che ci serve. Per così dire, chi prima comprava un libro già confezionato e chiuso, in prospettiva sempre più costruirà il testo che gli serve attingendo ai materiali che la Rete offre. La distanza tra pochi che scrivono e molti che leggono si assottiglia fino a scomparire.
Nel quarto volume pongo al centro dell'attenzione l'opposizione tra due modelli: da un lato la classificazione, l'ordinamento esatto; dall'altro la creatività, l'innovazione, il sempre nuovo emergere della conoscenza. Cerco inoltre di mostrare come il fatto che i computer funzionino, e aumentino sempre la loro potenza, non significa che non si possano immaginare e costruire macchine diverse, migliori strumenti nelle mani dell'uomo.

Si può ipotizzare che questo libro indichi un'apertura ad un pubblico di non specialisti come invece era quello dell'università di Pisa dove lei insegnava?
Certamente il mio tentativo consiste nel portare a riflettere sull'informatica qualunque lettore curioso, non specialista. Esistono moltissimi ottimi libri che parlano di scienza, rivolti a non specialisti. I libri che parlano di informatica rivolti a non specialisti sono veramente pochi. E si concentrano per lo più su qualche aspetto meraviglioso o inquietante. Ma non si curano di dare una visione d'insieme.
Penso che l'informatica sia importantissima, da un punto di vista sociale e politico. Riguarda tutti i cittadini. Non possiamo lasciarla nelle mani dei tecnici. Raccontare l'informatica liberandola dai tecnicismo e dai paroloni in inglese, ricollocandola nel quadro della storia e della cultura del nostro tempo: questo è Macchine per pensare.
Comunque continuerò a insegnare all'Università, solo che mi sposto da Pisa a Udine.

Francesco Varanini, Macchine per pensare. L'informatica come prosecuzione della filosofia con altri mezzi, Guerini e Associati, 315 pagine, 24,5 euro.

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