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Italia tra le ultime in Europa nella digitalizzazione

L’Italia resta sempre più indietro in Europa nel grado di digitalizzazione dell’economia e della società, anche a causa della scarsa educazione tecnologica. L’edizione 2020 del rapporto europeo Desi, appena diffusa dalla Commissione, vede la Penisola scivolare di una posizione nella classifica dei Paesi Ue, scendendo dal 24esimo al 25esimo posto. Peggio fanno solo Romania, Grecia e Bulgaria.

Ancora peggio se si guarda solo alla dimensione del capitale umano, quella cioè che riguarda le competenze digitali: nel 2019 l’Italia ha perso due posizioni e si colloca ora all’ultimo posto nell’Ue. Se ci si concentra sugli indicatori di connettività, invece, il Paese è al 17esimo posto: tra 2018 e 2019 le famiglie che hanno accesso alla banda ultralarga (velocità superiore a 100 Mbps) sono salite solo di quattro punti percentuali, dal 9 al 13%. Insomma il quadro per quanto riguarda la digitalizzazione del nostro paese in un momento in cui, a causa del covid 19, la digitalizzazione assume un ruolo sempre piu importante per la vita di tutti noi, pare piuttosto desolante. Fanno un po' sorridere allora le dichiarazione del minsitro dell'Innovazione Paola Pisano che agli Stati generali a Villa Pamphili ha affermato “Oggi siamo chiamati a una prova di innovazione e a inizare a spingere il nostro paese sempre più nel campo dell'innovazione e della trasformazione digitale.” Insomma come sempre tanti buoni propositi che però si scontrano con una realtà che non sembra seguire il percorso verso una completa ed efficace innovazione del sistema paese. La Vicepresidente esecutiva della Commissione europea Margrethe Vestager commentando i dati ha dichiarato: “La crisi Covid-19 ha dimostrato quanto sia fondamentale che i cittadini e le imprese siano collegati e in grado di interagire tra loro online. Continueremo a collaborare con gli Stati membri per individuare gli ambiti che necessitano di maggiori investimenti affinché tutti gli europei possano beneficiare dei servizi e delle innovazioni digitali.” Secondo l’indice Desi 2020 Finlandia, Svezia, Danimarca e Paesi Bassi sono i quattro Paesi in cima alla classifica per quanto riguarda le prestazioni digitali globali all’interno dell’UE, seguite da Malta, Irlanda ed Estonia.

Negli ultimi cinque anni però i progressi più significativi sono stati realizzati dall’Irlanda, seguita da Paesi Bassi, Malta e Spagna. Questi paesi hanno anche conseguito risultati nettamente superiori alla media dell’UE sulla base del punteggio del Desi 2020.

Il nostro paese può consolarsi solo per quanto riguarda lo sviluppo della tanta contestata rete 5G. I dati precedenti la pandemia indicano, infatti, che il nostro Paese è in una buona posizione in termini di preparazione al 5G, in quanto sono state assegnate tutte le bande pioniere e sono stati lanciati i primi servizi commerciali. Sussistono però appunto “carenze significative per quanto riguarda il capitale umano: rispetto alla media UE, l’Italia registra livelli di competenze digitali di base e avanzate molto bassi. Anche il numero di specialisti e laureati nel settore TIC è molto al di sotto della media UE”.

Le attività online più diffuse sono l’ascolto di musica, la visione di video o giochi, seguite dalle videochiamate, dalla lettura di notizie e dall’uso dei social network. Seguire un corso online e vendere online sono le attività meno diffuse. Gli indicatori sono rimasti complessivamente stabili nell’ultimo anno. Nessuna delle attività online monitorate ha ottenuto un punteggio superiore alla media UE, ad eccezione delle videochiamate, utilizzate dal 65% degli utenti di Internet (cifra superiore alla media UE del 60%). Si tratta dell’unica attività che ha registrato un aumento significativo rispetto all’anno precedente (dal 47% del 2018). Da segnalare anche come in questa situazione il presidente della Consob, nella sua relazione annuale, abbia indicato nel fintech e nelle cripotvalute uno dei driver per uscire prima dalla crisi determinata dalla pandemia. Il presidente Consob sollecita l’Italia a “raggiungere la frontiera più avanzata della tecnologia, tenendo conto degli equilibri geopolitici che si vanno formando”. La soluzione per arrivare a questo potrebbe essere, secondo Paolo Savona, quella di creare criptovalute nazionali, con “regole di cambio uguali per tutti”, come stanno facendo Russia e Cina. Si potrebbe perciò chiosare che nelle intenzioni il nostro paese è sicuramente pronto alle grandi sfide digitali del futuro, nei fatti per ora molto meno.

vcaccioppoli@gmail.com

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