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La verità su StraMorgan, un successo che non piace alle agenzie esterne RAI

Il mistero StraMorgan: lo show musicale ideato e condotto da Morgan e Pino Strabioli che apre agli interrogativi. Non si vedeva da anni un programma così. Ecco perché

 

Un bel record quest’anno: è passato in RAI un programma finalmente bello (prima di "guardabili" c’erano solo le partite di Coppa Italia). Si chiama StraMorgan, uno show che si occupa di musica, in onda su RAI 2 in seconda serata: poetico, straripante di idee, pop e al tempo stesso colto, inquietante con una carica di energia quasi commovente. Un programma che mette in scena l’atto creativo e cosa c’è dentro. Come si fa, come si diventa un’opera d’arte. Lo hanno fatto dei maestri come Modugno, Bindi, Battiato, Battisti, Presley, Mercury, Eno, Bowie. Da anni nessuno aveva più messo in scena una cosa del genere. 

Tutto in 6 ore, dove il Servizio Pubblico torna a sperimentare con 4 puntate dedicate alle canzoni d’autore e prodotte internamente dalla RAI, prassi rara di questi tempi. Al contrario fanno tutto le agenzie televisive private, esterne alla RAI.

Ma ci sono due StraMorgan, quello sui teleschermi con il suo fascino e i numeri d’ascolto e quello descritto dai giornaloni, che parlano di flop. Ci siamo chiesti perché? E’ stato un flop?

Anche se gli indici di ascolto spesso non coincidono con la qualità, basti leggere quelli RAI per capire se è vero.

Per StraMorgan si parla di una media di share del 4,37% dei telespettatori. Prima serata 3,43%; seconda 6,63%; terza 3,97%; quarta 3,44% (media: 339.000 spettatori).

Se ad esempio guardassimo un altro programma, in onda sulla stessa rete, RAI 2, e nella stessa fascia oraria, “Stasera c'è Cattelan su RAI 2”, troviamo che la messa in onda del 2022 ha toccato uno share medio del 3,24% dei telespettatori, 18 puntate (media 300.000 spettatori). Nessuno si è sognato di dire che era un flop. Come mai questo diverso trattamento?

Così nel 2023 per “Stasera c'è Cattelan su RAI 2” arrivano altre 30 puntate con uno share al 5,04%. La media di “Cattelan”, tra le due edizioni, è di 4,14%. StraMorgan ha una media del 4,37%.

E “Stasera c'è Cattelan su RAI 2” viveva del trascinamento dello stesso format andato in onda su Sky 1 dal 2014 al 2020 più l’esposizione di Alessandro Cattelan alla conduzione di Eurovision 2022. Mengoni vince Sanremo e va da Cattelan. Così fanno gli altri cantanti di grido del Festival. Altri ospiti? Da Fiorello a Elettra Lamborghini, da Elodie a Panariello, attori del cinema come Pierfrancesco Favino ed Edoardo Leo, fino a politici quali Elly Schlein. Un programma di ben altra potenza di fuoco rispetto al piccolo StraMorgan, cotto e mangiato dentro mamma RAI in pochi giorni.

Per i giornaloni Morgan ha la colpa di veicolare contenuti troppo di destra, anzi no, scusate, troppo di sinistra. E’ eccessivamente intellettuale, no è troppo pop, non è un personaggio positivo (la droga, le donne…), è un cavallo pazzo, fa attacchi ai poteri forti che non esistono, alle piattaforme per ascoltare la musica, e che c'entra?, e quand’è che ha scritto l’ultima canzone di successo? non ha più la voce di un tempo eh!, eccetera, eccetera...

Ma da nostre fonti RAI, confermate anche da ex dirigenti, sembra che il problema non siano gli ascolti, davvero buoni, ma un altro che con i giornaloni va a braccetto: Morgan non ha un agente. O meglio: il problema è non avere come agenzia una delle case produttrici private che vende i programmi alla RAI. Non fate arrabbiare le società esterne alla RAI che producono la maggioranza dei programmi in palinsesto nel Servizio Pubblico!

Viviamo in una tv generalista il cui scopo è quello di essere uniforme, qualcuno direbbe piatta come una tavola da surf, inguardabile e noiosa per i telespettatori (non tanto per le agenzie private, quando leggono i propri fatturati). Non a caso almeno 17 milioni di italiani sono migrati verso le piattaforme a pagamento. Milioni neanche guardano la tv. E questo vuol dire introiti e pubblicità che si spostano.

Per capire lo strano corto circuito tra programmazione tv e qualità basti guardare il Festival della canzone italiana, Sanremo. Torniamo sempre alla musica. Da anni, all’ascolto sul lungo periodo, la maggioranza delle canzoni sembrano simili, tutte; col tempo non resta niente nella memoria uditiva ma non è colpa del nostro orecchio: accade perché gli arrangiatori che lavorano sono praticamente sempre gli stessi, un gruppo ristretto che opera per le pochissime case produttrici private.

Stesso tema per i programmi tv: sono pochissimi gli agenti che seguono i conduttori e gli ospiti e pochissime le case produttive private che nell'ultimo decennio hanno moltiplicato in maniera esponenziale le proprie attività. Gli autori e i tecnici che lavoravo sono un nugolo di soggetti, sempre gli stessi, che migrano da un programma all’altro, a ripetizione, dando questo senso di uniformità al tutto. I programmi sono la copia di una copia di una copia. Stesse facce, stessi sorrisi, stesse battute, stessi copioni, stessa allegria.

In StraMorgan invece si rivede l’uomo, al centro dell’atto creativo. Un essere che si emoziona, sperimenta, cade, soffre con la poesia, sbaglia, si arrabbia, si rialza, è inquietante, imprevedibile, fuori posto. E soprattutto è imperfetto e non ha paura di mostrarlo. Questa è la sua forza e la sua grandezza.
In una società, sempre più artificiale e controllata, è una piccola chicca che riporta in scena l’umanità degli autori raccontati e del protagonista Marco (Morgan) Castoldi, in sintesi l’autenticità dell’animo umano che si ritrova impreparato rispetto al mondo. Mostra i modelli di imperfezione che sono alla base del processo creativo e artistico, a differenza delle performance e dell’abilismo dei vari talent e modelli educativi di plastica.  
In questo universo dei media in cui tutto è finto, rassicurante, costruito, lui va in tv, si sveste e riveste. E ci mostra che il dolore, le miserie dell'animo umano possono diventare arte e grandezza tramite una trasformazione. Soprattutto lo ricorda a noi italiani che abbiamo nel dna la capacità di affrontare un problema e capovolgerlo in arte. Vi viviamo immersi, nell'esempio di migliaia di uomini della storia che hanno fatto lo stesso. Ed è un messaggio rivolto alle nuove generazioni, nate dopo l’avvento di internet, che si ritrovano come destino portare a spasso un cellulare. Pensano di essere consumatori e invece sono consumati: sono loro ad essere strumentali ai padroni delle tecnologie. 
StraMorgan ricorda che le nostre radici non sono i media, la società dello spettacolo o i cellulari ma le emozioni e il cervello, la voglia di lottare, di ribellarsi quando è il caso.

E’ come se gridasse a ognuno di loro: non credere nel vuoto del conformismo, non è vero che non vali niente, non ti devi uniformare. Avere delle emozioni che ti turbano e ti attraversano l’animo sono un' occasione. Non è qualcosa da cui scappare, nascondendosi dietro un account. 

E quando mai poi si è visto un copresentatore, Strabioli, che non ha l’ansia di divismo e non sgomita per rubare la parola al socio?

StraMorgan ha sicuramente un grande difetto: è “fuori contesto”. 

Ma gli spettatori ci consegnano una fotografia ben diversa da quella descritta dai giornaloni.

Chi ha sale in zucca dovrebbe sperare in tanti StraMorgan, anzi che programmi come questo siano l’inizio di un’alleanza tra intellettuali e lavoratori della cultura italiana, liberi dall’establishment che guida il Paese da decenni, per far sì che il “fuori contesto” divenga una direzione o almeno uno spirito.

 

 

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