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Medicina
AAIC 2020, dallo studio DIAN-TU la terapia contro l’Alzheimer

di Paola Serristori

È il professore Randall Bateman della Washington University School of Medicine in St. Louis ad annunciare ad Alzheimer Association International Conference (AAIC 2020) la notizia più attesa dai clinici, oltreché dal mondo della ricerca sul morbo di Alzheimer: i farmaci somministrati ai volontari dello studio DIAN-TU, due anticorpi monoclonali, sono efficaci contro le placche della forma tossica di amiloide (Aß 42), che a cascata coinvolge tau, fosforilata in grovigli, le due proteine che si comportano in modo anomalo all’esordio della malattia. Primo passo fondamentale per prescrivere la terapia che evita, o come minimo ritarda di parecchi anni, il decadimento cognitivo.

Altro dato essenziale: l’Alzheimer dev’essere contrastato subito, prima che compaiano i sintomi. Dunque la diagnosi precoce è fondamentale. Com’è noto il processo di formazione delle proteine tossiche, che provocano la morte dei neuroni, responsabile delle disfunzioni cognitive, inizia quindici-venti anni prima che ci si accorga di avere un problema.

I professori Randall Bateman e John Morris, responsabile dello studio DIAN che indaga sui meccanismi biologici del cervello aggredito dal morbo, conducono le ricerche più avanzate sull’Alzheimer. Ad AAIC 2017 Bateman aveva già presentato i risultati dell’esame del sangue sul bio-marcatore di amiloide col metodo Stable Isotope Label Kinetics (SILK), attendibile quanto l’esame sul liquido cerebrospinale e che può servire da screening nel modo in cui oggi misuriamo i livelli di colesterolo o la pressione, consentendo di individuare al più presto nel corso della vita i soggetti a rischio di Alzheimer, ai quali somministrare la terapia.

DIAN CONTATTI
 

Lo studio DIAN-TU è condotto tra i membri di famiglie che trasmettono la forma ereditaria di Alzheimer, a componente genetica ed esordio giovanile. Si è osservato che i meccanismi di malattia sono molto simili a quelli della forma più diffusa, senile, del morbo. Dunque, i risultati potranno essere estesi a tutti i pazienti.

“Amiloide svolge un ruolo chiave nella malattia di Alzheimer – ha sottolineato il professore Bateman durante il webinar di AAIC 2020 – ed agire su amiloide permette di ridurre sintomi e prevenire danni più gravi al cervello. Gli effetti biologici dei farmaci Solanezumab e Gantenerumab sono positivi ad alte dosi su volontari asintomatici, su cui abbiamo osservato la riduzione sia delle placche di amiloide che di grovigli di tau fosforilata, effetto che è confermato dai risultati dei test: i volontari non presentano declino cognitivo. Abbiamo anche una notevole base di dati di somministrazione a basse dosi.”

Per alte dosi s’intendono dagli iniziali 225 a 1200 ml per Gantenerumab (da metà del periodo di osservazione, 37% della terapia dal quarto anno), da 400 a 1600 ml per Solanezumab (16%). Dopo la terapia con Gantenerumab Bateman e colleghi hanno verificato nei soggetti asintomatici la diminuzione nel liquido cerebrospinale di tau e dei neurofilamenti, marcatore della degenerazione del cervello. Il farmaco funziona meno sui pazienti sintomatici. I volontari sono ultraquarantenni, ma non ancora cinquantenni.

Il direttore scientifico di Alzheimer’s Association, professoressa Maria Carrillo, che seguiva la presentazione, commenta: “Questa popolazione unica, per il fatto che sappiamo che è destinata ad ammalarsi, offre molto alla comunità scientifica e la comunità offre a loro una grande opportunità di evitare la distruzione del cervello. Alzheimer’s Association è fiera di sostenere questa ricerca.”

Sull’anticorpo monoclonale Solanezumab (Ely Lilly) Affari aveva pubblicato un’anticipazione (https://www.affaritaliani.it/cronache/alzheimer-faramco161012.html). Durante AAIC 2019 il ricercatore Eric Mcdade, del team del Professore Bateman, ha spiegato ai lettori i contenuti dello studio DIAN-TU (https://www.affaritaliani.it/medicina/nel-2020-sapremo-se-possiamo-bloccare-l-alzheimer-644239.html)

Bateman ha ringraziato le famiglie di volontari, i gruppi filantropici, e l’agenzia governativa NIA, che finanzia lo studio, concludendo: “Siamo pronti per sperimentazioni combinate di farmaci anti-amiloide ed anti-tau, la vera sfida da lanciare. In attesa, mettiamo a disposizione una banca di dati biologica che servirà anche ad altre ricerche. Attraverso l’osservazione di quello che accade nel cervello di chi si sta ammalando sappiamo che amiloide coinvolge tau e che tau si deteriora in diverse forme, tra cui p-tau217, e che il cambiamento di tau è strettamente correlato col comportamento di amiloide. Manca ancora la comprensione di che cosa scateni queste modifiche nella biologia del cervello.”

 

 

 

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