Paolo Gentiloni all’Eastwest Coffee: l’Europa tra USA e Ucraina - Affaritaliani.it

I Protagonisti

Ultimo aggiornamento: 09:46

Paolo Gentiloni all’Eastwest Coffee: l’Europa tra USA e Ucraina

Paolo Gentiloni ospite all’Eastwest Coffee: l’Europa tra la dipendenza dagli USA, la guerra in Ucraina e la sfida dell’autonomia strategica.

L’Europa può davvero fare a meno dell’America? La domanda, cruciale e al tempo stesso provocatoria, ha guidato l’ultimo appuntamento dell’Eastwest Coffee,

la tavola rotonda periodica organizzata da eastwest e presieduta da Giuseppe Scognamiglio, diplomatico ed esperto di scenari geopolitici. Ospite d’onore della giornata del 16 settembre è stato Paolo Gentiloni, già Presidente del Consiglio e oggi Commissario europeo per l’economia, che ha animato un confronto serrato con imprenditori, accademici e rappresentanti istituzionali.

Il dialogo si è svolto in un momento particolarmente delicato per il Vecchio Continente. Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, la guerra in Ucraina e le nuove tensioni economiche globali stanno riscrivendo gli equilibri internazionali. In questo contesto, Gentiloni ha posto l’accento sulla necessità per l’Europa di costruire una propria autonomia strategica, non in contrapposizione agli Stati Uniti ma per riequilibrare una dipendenza che appare oggi sempre più evidente.

La discussione è partita dall’accordo commerciale firmato nel luglio 2025 tra Washington e Bruxelles, che molti analisti hanno definito una vera e propria “capitolazione” europea. L’intesa prevede dazi del 15% su circa il 70% delle esportazioni europee – colpendo settori chiave come automotive, semiconduttori e farmaceutica – oltre a tariffe del 50% su acciaio e alluminio. In cambio, l’Unione si è impegnata ad acquistare energia statunitense per 750 miliardi di dollari entro il 2028, ottenendo promesse di investimenti americani fino a 600 miliardi sul mercato europeo. Un compromesso che, se da un lato garantisce stabilità, dall’altro conferma la fragilità della posizione europea.

Sul fronte della difesa, i numeri parlano chiaro: l’Europa importa dagli Stati Uniti il 55% degli armamenti e spende appena l’1,9% del PIL contro il 3,5% americano e oltre il 4% russo. Per colmare questo divario, Bruxelles ha lanciato il piano ReArm Europe, che prevede investimenti per 800 miliardi di euro in dieci anni, con l’obiettivo di portare la spesa al 3-4% del PIL e costruire una base industriale autonoma.

Il divario tecnologico è altrettanto preoccupante. Le infrastrutture digitali, i semiconduttori e l’intelligenza artificialerestano in gran parte controllati da aziende statunitensi o asiatiche. Secondo il Rapporto Draghi, servono 800 miliardi di euro di investimenti per colmare il gap e rilanciare la competitività industriale europea. Un impegno che richiede unità politica e visione strategica, elementi che spesso mancano nel dibattito comunitario.

Il banco di prova immediato resta però la guerra in Ucraina. L’Unione Europea ha mobilitato circa 150 miliardi tra aiuti e prestiti, ma è Kiev ad aver sorpreso per capacità produttiva: 1,5 milioni di droni costruiti in un anno, contro i 100.000 statunitensi. Un segnale che, se sostenuto nel tempo, potrebbe ridefinire gli equilibri sul campo e dimostrare la possibilità per l’Europa di agire come attore geopolitico maturo. Gentiloni ha sottolineato come un passo indietro in questo sostegno equivarrebbe a perdere un’occasione storica, destinata a non ripresentarsi nei prossimi quindici anni.

Attorno a lui, nella sede di eastwest, una platea selezionata di imprenditori e personalità  da Andrea Benetton a Claudio Tesauro, da rappresentanti di Avio Aero e Philip Morris a figure del mondo accademico ha arricchito il dibattito con prospettive diverse. Ne è emersa la consapevolezza che l’Europa, pur non potendo rinunciare oggi all’alleanza con gli Stati Uniti, non può neanche restare schiacciata in una posizione di subordinazione.

In un mondo segnato da quella che gli analisti definiscono una “weaponized world economy”, un’economia armata in cui i rapporti commerciali e finanziari rispondono sempre più agli interessi nazionali e alla forza relativa, l’autonomia strategica europea non è più un tema teorico ma una necessità. La sfida per il futuro sarà costruire una capacità comune che permetta all’Unione di sedersi ai tavoli globali da protagonista e non da comprimaria.

Il messaggio dell’incontro è stato chiaro: l’Europa non deve scegliere tra America e indipendenza, ma deve imparare a bilanciare il rapporto transatlantico, rafforzando al tempo stesso la propria coesione interna. Perché solo un’Europa più forte, sul piano economico, tecnologico e militare, potrà davvero cantare con voce propria nel concerto delle grandi potenze globali.