Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Credo sia errato trascinare il Senato in un conflitto di attribuzione che non ha ragione di essere. Ritengo che non ci siano i presupposti per sollevare un conflitto di attribuzione". Così Pietro Grasso in aula al Senato nelle dichiarazioni di voto sul conflitto di attribuzione nell'ambito del caso Open annunciando il voto contrario di Leu. "La relazione considera l’acquisizione dei messaggi come sequestro di corrispondenza, e conclude 'che occorre in ogni caso l’autorizzazione preventiva a prescindere dalla circostanza dell’utilizzo o meno di tali prove nei confronti del parlamentare e a prescindere che il sequestro avvenga verso terzi'. Vorrei che l'aula comprendesse l’abnormità di tale pretesa, proprio per l’imprevedibilità ex-ante dell’esistenza del dato riferibile al parlamentare. L'autorità giudiziaria non potrebbe, neanche volendo, munirsi preventivamente dell’autorizzazione della Camera di appartenenza". "Inoltre i documenti, pur legittimamente sequestrati a un terzo, per la mancanza di autorizzazione preventiva risulterebbero inutilizzabili anche nei suoi confronti, estendendo di fatto le prerogative parlamentari anche ai non parlamentari. Basterebbe che in un telefono sequestrato ad un mafioso vi fosse un whatsapp a un parlamentare per determinarne l’inutilizzabilità anche nei confronti del mafioso". Prosegue Grasso: "Mi sforzo di credere che il senatore Renzi abbia affrontato questa battaglia non per difendere se stesso dal processo, ma le prerogative del Senato e di tutti i parlamentari. Per questo ritengo che non ci siano i presupposti per sollevare un conflitto di attribuzioni come prevede la relazione, ma che sia urgente intervenire integrando la disciplina della legge 140 del 2003 a tutela di tutti i componenti del Parlamento". "Infatti non ci può essere materia di conflitto tra poteri perché il Pm non può avere abusato di una norma che non c’è, così come il Senato non può pretendere un’autorizzazione preventiva non prevista dalla Legge per un sequestro presso terzi, e nemmeno una applicazione analogica della disciplina delle intercettazioni indirette in un caso di sequestro di documenti presso terzi. Infatti le norme che sanciscono immunità e prerogative parlamentari in deroga al principio di parità di trattamento dinanzi alla giurisdizione, debbono essere interpretate nel senso più aderente al testo". "Si dovrebbe quindi assimilare per Legge ciò che transita dai nostri smartphone (sms, messaggi, Whatsapp, messaggi di posta elettronica in memoria) alla disciplina prevista per le intercettazioni indirette, prevedendo quindi per i parlamentari, per tutti, la necessaria richiesta di autorizzazione all’utilizzo. Questa innovazione legislativa non solo colmerebbe un vuoto, ma per il principio del favor rei, si applicherebbe allo stesso senatore Renzi già nel procedimento in corso".
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