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Roma, 22 set. (Adnkronos Salute) - Il Covid-19 ha comportato una migliore predisposizione nei confronti della vaccinazione. A dirlo è un sondaggio condotto da Kantar per conto di Gsk su un campione di 16.000 adulti di età pari o superiore a 50 anni in otto Paesi (USA, Italia, Spagna, Germania, Francia, Brasile, Canada e Giappone) e su loro atteggiamento nei confronti della salute e dell'invecchiamento. Secondo lo studio - presentato oggi durante un webinar internazionale - se prima della pandemia il 44% si è tenuto aggiornato sui vaccini ritenendoli importanti, il dato è aumentato al 65% subito dopo l’emergenza. In questa fascia di età, mantenere uno stato di buona salute nei successivi dieci anni è la priorità per assicurare una buona qualità di vita (94%), seguito dalla sicurezza finanziaria (46%) o avere una vita familiare attiva (44%). Il modo migliore per raggiungere questo target della popolazione – emerge dalla ricerca - e incoraggiare la promozione di una buona salute, anche attraverso la vaccinazione, è concentrarsi sul sistema immunitario, non sul fattore età. Quasi il 50% degli adulti dei Paesi intervistati, infatti, afferma di sentirsi più giovane della propria età cronologica. E più le persone invecchiano, più la definizione di “anziano” si sposta in avanti come età. Mentre gli adulti di età pari o superiore a 50 anni possono sentirsi fisicamente più giovani della loro età, alla domanda su quale sia l’età in cui ritengono che il loro sistema immunitario si indebolisca, circa il 50% riconosce correttamente come questo avvenga generalmente dai 50-60 in poi. Tuttavia, solo il 20% degli intervistati ritiene che la "vecchiaia" inizi tra i 50 e i 60 anni. Ciò indica che le persone sono consapevoli della crescente vulnerabilità del sistema immunitario a determinate età ma possono non riconoscersi come "persone anziane”. Ecco perché, spostando la conversazione sul sistema immunitario, sarebbe possibile rimuovere gli ostacoli a una corretta percezione di ciò che è "vecchiaia” e consentire in futuro comunicazioni più incisive sulla vaccinazione e sull'invecchiamento in buona salute. Inoltre, secondo il campione oggetto dello studio, anche i tassi di vaccinazione degli adulti possono essere migliorati con informazioni più chiare e coerenti, promemoria sulla scadenza delle vaccinazioni e l’indicazione dei centri di vaccinazione più facili da raggiungere. Se otto su dieci degli intervistati riferiscono di essere vaccinati contro il Covid-19, solo il 19,8% ritiene di essere adeguatamente aggiornato e informato sui vaccini raccomandati per gli adulti. In tutti i Paesi, gli over 50 hanno infatti affermato di volere informazioni migliori e più chiare su quali vaccini siano necessari e perché. “Entro la fine di questo decennio – ha detto Francesca Ceddia, Head of Global Medical Affairs di Gsk Vaccines - si prevede che il numero di persone di età pari o superiore a 60 anni aumenterà di oltre un terzo, raggiungendo 1,4 miliardi di persone in tutto il mondo. Se i tassi di copertura vaccinale degli adulti non miglioreranno, potremo assistere a un aumento della mortalità e delle gravi conseguenze causate da malattie infettive negli adulti. Questo sondaggio ci ha mostrato che la buona salute è ciò che gli adulti con più di 50 anni considerano come la priorità per garantire una migliore qualità della vita. Ci ha anche mostrato che la pandemia di Covid-19 ha contribuito a creare una maggiore consapevolezza collettiva sulla vulnerabilità del nostro sistema immunitario e sui reali benefici della vaccinazione. Ancora più importante, abbiamo acquisito preziose informazioni sugli adulti ultra50enni, le informazioni che stanno cercando e gli ostacoli che dovrebbero essere superati. Ora tocca a noi nell’ambito della salute pubblica ascoltare e agire di conseguenza”. Pierre Van Damme, professore alla Facoltà di Medicina e Scienze della Salute all'Università di Anversa, ha quindi esposto i risultati di un’indagine, contenuta in un progetto europeo, cui hanno risposto 3.515 studenti di medicina. “La maggior parte – ha ricordato Van Damme - afferma di non avere una formazione sufficiente sul tema dei vaccini. È un gap da colmare, anche perché tutte le ricerche rilevano che la popolazione si fida del medico in tema di vaccinazione e gli attribuisce la maggiore credibilità rispetto ad altre fonti di informazione”. Se i piani vaccinali previsti per l’infanzia a livello globale si sono dimostrati efficaci, Van Damme ha sottolineato che “l’Italia è attualmente il modello da seguire in Europa, perché già prevede un piano nazionale di vaccinazione che include la vita adulta e anziana”.





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