Alemanno dal carcere: “Violati tutti i diritti umani. Che la politica si muova” - Parla l’avvocato Albertario - Affaritaliani.it

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Ultimo aggiornamento: 16:24

Alemanno dal carcere: “Violati tutti i diritti umani. Che la politica si muova” - Parla l’avvocato Albertario

Affaritaliani.it ha intervistato l'avvocato Edoardo Albertario, difensore di fiducia di Alemanno, che ci ha spiegato le ragioni dietro le violazioni

Di Gabriele Parpiglia

Alemanno dal carcere: “Violati tutti i diritti umani. Che la politica si muova”

Era la sera del 31 dicembre 2024 quando Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma, ha mandato un ultimo messaggio a suor Paola: "Non potrò partecipare alla festa di fine anno perché i giudici mi hanno negato l'autorizzazione". Di lì a poco, verso le 20, si è presentato spontaneamente ai carabinieri di Monte Mario che lo hanno accompagnato al carcere di Rebibbia, dove si trova tuttora.

Ma per capire come ci è arrivato, dobbiamo tornare al 2014, quando esplose l'inchiesta "Mondo di Mezzo", più nota come Mafia Capitale. Un'indagine che svelò un sistema di corruzione che coinvolgeva politici, imprenditori e criminali nella gestione di appalti pubblici a Roma.

Al centro della rete c'erano Salvatore Buzzi e Massimo Carminati, e secondo l'accusa anche Alemanno aveva fatto la sua parte. Il reato per cui è stato condannato può sembrare tecnico: "traffico di influenze illecite", ma in pratica, i giudici hanno stabilito che tra il 2012 e il 2014 Alemanno aveva usato il suo ruolo di sindaco per sbloccare pagamenti dell'azienda comunale Eur Spa a favore di Buzzi e Carminati. E in cambio, attraverso la sua Fondazione Nuova Italia, avrebbe ricevuto oltre 223mila euro tra finanziamenti, cene elettorali e contanti.

Nel 2022 arriva la condanna definitiva: un anno e dieci mesi per traffico di influenze. Una pena tutto sommato contenuta, che Alemanno aveva commentato con amarezza: "Che cosa mi viene contestato? Aver sollecitato il pagamento di debiti già accertati e in ritardo". Ma soprattutto, una condanna che non prevedeva il carcere immediato: il Tribunale di Sorveglianza aveva infatti concesso ad Alemanno una misura alternativa: invece di andare subito in prigione, avrebbe potuto scontare la pena facendo lavoro socialmente utile e il posto scelto era perfetto: il villaggio "Solidarietà e Speranza" di suor Paola D'Auria, una struttura che accoglie ragazze madri, famiglie in difficoltà e vittime di violenze.

Tutto sembrava andare per il meglio e Suor Paola aveva persino riferito che Alemanno "aveva trovato tra le ospiti ucraine della comunità sostegno e perfino simpatia: lui insegnava loro l'italiano". Ma c'erano delle regole precise da rispettare: non uscire di casa prima delle 7 del mattino, rientrare entro le 21, non frequentare pregiudicati, e ovviamente svolgere regolarmente il servizio presso la struttura. Ed è qui che le cose sono andate storte. Alemanno, che nel frattempo aveva fondato un nuovo partito chiamato "Movimento Indipendenza", non riusciva a stare lontano dalla politica. Come ha ammesso lui stesso durante l'udienza: "Ho sbagliato e l'ho fatto perché innamorato della politica".

L'innamoramento per la politica, infatti, lo ha portato a un comportamento che i giudici hanno definito "sprezzante e arrogante”: per partecipare agli eventi del suo partito in giro per l'Italia, Alemanno produceva documenti falsi; faceva finta di dover partecipare ad assemblee condominiali che in realtà non esistevano, sfruttando il suo ruolo in una società di gestione immobili. Il trucco è emerso dalle intercettazioni di una nuova inchiesta per riciclaggio in cui Alemanno è indagato. In una telefonata del 29 giugno si sentiva dire: "Dai su! Un'assemblea da qualche parte si troverà". I giudici hanno contato undici incontri politici tra il 18 e il 19 ottobre, ognuno coperto da una giustificazione falsa. Ma c'era di più, Alemanno aveva anche violato il divieto di frequentare pregiudicati, incontrando più volte Paolo Colosimo, ex avvocato condannato a 4 anni e mezzo per il caso Fastweb.

E quando tutto è venuto a galla, il Tribunale di Sorveglianza non ha avuto dubbi. Le violazioni erano "gravissime e reiterate", il comportamento mostrava "evidente irresponsabilità". I quattro mesi già svolti ai servizi sociali? Non contano: Alemanno deve scontare per intero la sua pena di un anno e dieci mesi, stavolta tra le mura di Rebibbia. Così, dalla cella l'ex sindaco ha iniziato a scrivere lettere che denunciano le condizioni drammatiche delle carceri italiane: il sovraffollamento, il caldo torrido nelle "celle forno", i suicidi (38 nei primi sei mesi del 2025). Lettere che hanno trovato eco anche in Parlamento, dove sono state lette durante i dibattiti sulla giustizia.

Le parole del difensore

Abbiamo intervistato l'avvocato Edoardo Albertario, difensore di fiducia di Alemanno, che ci ha spiegato le ragioni dietro le violazioni: "Lo ha fatto sempre e solamente per il suo impegno politico. Aveva fondato il suo movimento e quando non ha ricevuto le autorizzazioni per poter portare avanti il suo impegno politico, non ha saputo aspettare. Ha messo la politica davanti a sé stesso".

L'avvocato è convinto che il suo assistito abbia subito un trattamento severo anche a causa della sua notorietà: "Se non fosse stato Alemanno, ma fosse stato un cittadino comune, almeno quattro mesi glieli avrebbero riconosciuti. Era una proposta della procura, non della difesa; un atto di clemenza si poteva fare". Il legale considera inoltre ingiusta la condanna originaria: "Sono convinto che abbia subito delle ingiustizie. A un certo punto avevano derubricato tutti gli imputati di Mafia Capitale a traffico di influenze illecite e lui era l'unico condannato per corruzione. Alemanno quindi mi diceva: ‘La corruzione si fa in due. Sarò traffico di influenze illecite pure io, no?'".

Ora, a 66 anni, l'ex ministro dell'Agricoltura ed ex sindaco di Roma sta scontando la sua pena a Rebibbia fino al 30 giugno 2026, diventato suo malgrado un cronista delle condizioni del sistema carcerario italiano e proprio dal carcere ha lanciato una sfida a tutti i politici: "Venite a provare e a starci un momento solo per capire che cosa significa vivere in queste condizioni". L’avvocato Albertario racconta anche la realtà che Alemanno vive quotidianamente: "Rebibbia è un carcere nuovo, è tutta lamiera, non si respira. Chi è allocato ai piani più alti muore di caldo. Lui è in cella con altre cinque persone. A volte manca l'acqua calda. E quando accendono tutti i ventilatori insieme, salta la corrente perché il sistema elettrico è antico".

Ma le condizioni sono aggravate dal sovraffollamento estremo: "In carcere ci sono persone di 87 anni. C'è un povero signore di 87 anni in cella con Alemanno", racconta il legale. "La multietnicità crea delle difficoltà nelle comunicazioni, non solo fra i detenuti, anche con gli agenti penitenziari e questo non rende facile agli agenti tenere sotto controllo la situazione. Ma anche la mancanza di personale sanitario è un problema: da quello base a quello specializzato. Ci sono troppi suicidi, molti dei quali sono dovuti a condizioni psichiatriche che dovrebbero essere curate adeguatamente, ma non è possibile a causa della mancanza di specialisti ".

La cosa più sorprendente è che Alemanno ha intrapreso una battaglia per i diritti dei detenuti dalla quale, paradossalmente, non può trarre alcun beneficio personale. "È un gesto totalmente altruistico", ci spiega il suo legale, "perché quando hai una revoca di un beneficio, per tre anni non puoi chiedere nulla. Quindi lo sta facendo veramente perché è una battaglia in cui crede". E nonostante le difficoltà, l'avvocato descrive il carattere granitico del suo assistito: "Ha un carattere forte, lo è sempre stato, ed è anche molto zen. La freddezza nei confronti di sé stesso, (perché poi è molto empatico verso gli altri), lo aiuta. Però, assistere ogni giorno un dramma nuovo non è facile. Ad esempio, la situazione che lo ha provato di più è stato il tentato suicidio avvenuto proprio ieri. Un suicidio che ha rischiato di diventare un suicidio consumato proprio perché l'infermiere era da sola, il medico non è arrivato. Sono riusciti a salvare un ragazzo che si era impiccato in cella per un pelo". Insomma, continua l’avvocato “Il sistema è al collasso, non regge più”.

Perciò, dal carcere Alemanno ha trasformato la sua cella in una tribuna per denunciare le condizioni del sistema penitenziario italiano. "Invita tutti i politici in carcere", ci racconta l'avvocato Albertario, "e quando un politico si reca lì, gli fa proprio vedere le celle, perché il discorsetto fatto da fuori, dal giardinetto, non serve a nulla. Lui vuole proprio che vedano le condizioni delle celle con i loro occhi”. L'avvocato sottolinea che questa battaglia comporta anche dei rischi per il suo assistito: "Quando conduci certe battaglie, non è che la direzione del carcere è sempre contenta. Di certo non saranno contenti che denunci tali condizioni". Ma, aggiunge: "Credo dovrebbero vedere questa condotta come una spalla su cui appoggiarsi, perché loro sono i primi ad avere bisogno d'aiuto". Sul futuro invece, è ottimista riguardo alla resistenza del suo assistito: "Nonostante le difficoltà, arriverà fino alla fine e spero che possa dare una mano anche per arrivare alla soluzione (anche se parziale) di questa situazione".

La scarcerazione di Gianni Alemanno è prevista per i primi giorni di luglio 2026, grazie agli sconti di pena per buona condotta ed è una parabola che racconta molto della politica italiana e dei suoi protagonisti, ma che paradossalmente ha trasformato un uomo condannato per traffico di influenze in un inaspettato paladino dei diritti umani dietro le sbarre.