Da martedì, più dei primi passi di Mario Draghi, nel teatrino politico, si discute dell’elogio di Nicola Zingaretti a Barbara D’Urso che, con i suoi programmi, “porta la politica vicino alla gente”. Proprio quello che dovrebbero fare i partiti. Non so se a te, e ai lettori il tweet del leader del Pd abbia ricordato le polemiche, provocate da Natta, segretario del Pci dopo Berlinguer, che andò a farsi intervistare, in tv, da Raffaella Carrà.
Sui social, ieri, pioggia di critiche e sfottò nei confronti di don Nicola. Episodi alcuni gradevoli, altri meno, tutti rivelatori di uno dei problemi della sinistra contemporanea: la comunicazione, settore in cui prevale la destra, con Berlusconi, ieri, e con Salvini, oggi. Non so se, come ritengono Michele Serra e altri osservatori, Zingaretti abbia sbagliato, legittimando un “livello non eccelso di comunicazione”.
Credo che il segretario del PD, seppure in modo discutibile, intendesse tentare di restringere il fossato, che separa la sinistra dalla vita di milioni di telespettatori, ed elettori, che seguono la D’Urso, su Mediaset: l’azienda che nel 1998 l’allora premier, D’Alema, definì “un importante patrimonio produttivo del Paese”.
E Zingaretti? Chi ha parlato con lui lo descrive "deluso", "amareggiato" per le continue critiche che, da settimane, gli piovono addosso, da dentro il partito. Il segretario non ha ancora deciso se fare, come gli consiglia lo stratega romano, Goffredo Bettini: ricandidarsi, al congresso, portando i risultati di due anni di lavoro e una proposta chiara sul futuro e sulle alleanze con M5S e LEU.
O passare la mano. Lo annuncerà in tv. Da Giletti o dalla marchesa Berlinguer? No, quei conduttori interrompono, troppo spesso, gli ospiti. E, dunque, il fratello di Montalbano tornerà a Canale 5, in uno dei programmi, molto seguiti, della brava Barbara nazionale.
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