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Politica
Crisi di governo, nemmeno Mattarella e Draghi ne escono bene

Crisi di governo, elezioni subito e parola agli italiani

La crisi di governo in atto ha i tratti della classica “commedia all’italiana” con una conclusione scontata. Comunque finisca da qui al prossimo mercoledì il tira e molla fra i partiti e dentro i partiti, o con il solito pateracchio salvapoltrone o con il definitivo ko dell’esecutivo imboccando la strada delle elezioni anticipate ai primi di ottobre, saranno gli italiani a pagare il conto assai pesante e sarà il Paese a rimanere in braghe di tela.

Comunque si chiuda l’opera in atto dei pontieri tesa a ricucire per interessi di parte lo strappo fra il capo del M5S e il premier sotto la spinta delle centinaia di deputati e senatori decisi a fare carte false pur di non essere costretti ad andare a casa certi di non rientrare in Parlamento in caso di nuove elezioni, la crisi politica resta. Anche Draghi e Mattarella, fin qui ritenuti fuori dal mercatino bacato della politica, rischiano di uscirne politicamente e istituzionalmente ammaccati, perdendo credibilità e privando così l’Italia delle uniche due figure di dignità e autorevolezza riconosciute anche a livello internazionale.

Peggio ancora se Draghi (il premier che ha ridato credibilità internazionale all’Italia portandola fuori dall’emergenza Covid, ha attivato il Pnrr, è considerato ovunque “la voce e il volto dell’Europa”) sotto la spinta del Colle comunque contrario al voto anticipato e pronto a indicare inediti zig-zag pur di salvare la legislatura, offrisse a Conte ulteriori concessioni sul programma (salario minimo, reddito di cittadinanza, altre poltrone), di fatto ancor più potere all’ex premier in affanno e al suo partito nel caos, politicamente ed elettoralmente squagliato.

Una eventualità, quest’ultima, del recupero in zona Cesarini del casino creato da Conte, davvero minima, se non inesistente, visto lo stato di salute del M5S (chi può fidarsi ancora dei grillini?) e considerate le caratteristiche politiche e personali di Draghi. Qui, non è tanto questione di numeri (a Draghi non mancherebbero, comunque, i voti alle Camere per proseguire l’esperienza di governo) ma di sostanza politica, con Draghi che non intende stare al guinzaglio dei grillini pronti poi a sparare dall’opposizione sul nuovo esecutivo soffiando sul vento della protesta per questioni elettorali.

La guerra contro i mulini a vento innescata da Conte, oltre a non far uscire dalle sabbie mobili il M5S, anzi inabissandolo definitivamente, mette l’Italia su un piano inclinato rischiando davvero di dare il governo del Paese in mano alla politica dei mediocri, magari “emissari” nel Belpaese al centro del Mediterraneo del fronte internazionale pro-Putin (e anche filo-cinese), anti USA e anti UE. Fantapolitica? Vale sempre l’antico adagio: “A pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”.

Il tutto in un quadro generale a tinte fosche, con la guerra in Ucraina e le tensioni geopolitiche che mettono in crisi le catene di forniture globali destabilizzando l’economia e rendendo insufficiente lo stesso Pnrr. Il Paese annaspa con l’inflazione oltre l’8 per cento che erode il potere d’acquisto, già in caduta libera. Oltre cinque milioni e mezzo di italiani sono sotto la soglia di povertà assoluta; quattro milioni di dipendenti guadagnano meno di 12 mila euro all’anno. 

Fisco, welfare, concorrenza, giustizia sono riforme senza risposte. Le emergenze si moltiplicano. Il Paese, passate le ferie estive, in autunno potrebbe esplodere. Adesso c’è il bivio decisivo del prossimo mercoledì 20 luglio, con il passaggio di Draghi alle Camere. Sulla bilancia due (vere) opzioni: il Draghi-bis o le elezioni anticipate. Messi tutti i pesi e i contrappesi - fra veti, diktat, calcoli elettorali e bramosie di potere - non ci sono oggi spazi politicamente sostenibili per ricostruire l’attuale maggioranza di governo.

Una ulteriore forzatura costituzionale (sarebbe l’ennesima dal 2011 quando dal Colle fu deciso il ko del premier Berlusconi), cioè un altro governo “del Presidente”, il quarto esecutivo senza voto, potrebbe costituire la “goccia che fa traboccare il vaso”. Dunque, la parola agli italiani.      

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