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Politica
Di Battista attacca "il trasformista" Di Maio: scontro tra gli ex gioielli M5S

Di Battista e Di Maio: da una stretta amicizia a uno scontro totale

 

Si erano tanto amati, erano i gemelli del goal dell’attacco dei Cinque Stelle. Erano i due frontman del Movimento, i gioielli di casa Grillo. La loro amicizia era proverbiale e superava i confini della politica per travalicare nelle vite private. Non ci sarebbe stato male, anche in questo caso, un bel murale con i due che si baciano, un po’ sulla falsariga di quello famoso in cui si baciano sulla bocca Salvini e lo stesso Di Maio, imbustati in una invero inquietante “uniforme” di partito. Ma poi tutto è cambiato e nell’eterna ruota nell’alternarsi dello Yin e dello Yang si è passati all’esatto opposto.

Ad esempio scrive ieri Di Battista sul suo profilo FB: “Saltate tutte le previsioni sull’impatto delle sanzioni alla Russia, sui tavoli dei banchieri centrali e dei governi finisce la gestione di una fase nuova: la fine dell’era della Grande Moderazione e bassa inflazione. Fed e Bce preannunciano: 'Sarà doloroso'. A pagare saranno i soliti: imprese e famiglie”. Avete letto bene? “Saltate tutte le previsioni sull’impatto delle sanzioni alla Russia”. Lo scrive stamattina l’HuffPost (Gruppo GEDI).

Ricordatevi che chi quelle previsioni folli non le ha mai avallate - al contrario ha sempre detto che la strategia europea ed italiana in particolare sarebbe stata un fallimento - è stato trattato da populista, “putiniano”, anti-europeo. Invece gli “esperti” alla Draghi, quelli del “volete la pace o i condizionatori?” non ne hanno azzeccata una ma il sistema li ha glorificati.

Draghi e Di Maio sono i primi due che dovrebbero vergognarsi e sparire dalla scena politica. Invece il primo ancora sogna il Quirinale ed il secondo mendica un seggio al PD.” A dire il vero quello che scrive Dibba non è affatto sbagliato. Si scopre solo ora che le sanzioni hanno colpito l’Occidente e non la Russia che si invece rafforzata con l’efficientamento della propria economia e con la fascistissima autarchia che funziona sempre. E che lo scriva un giornale del Gruppo Gedi è molto, ma molto significativo visto il posizionamento
atlantico del gruppo editoriale nelle vicende belliche.

Di Battista è letteralmente infuriato con l’ex amico e quando può gliene dice di tutti colori. Intendiamoci, l’ex deputato romano ha – anche in questo caso - pienamente ragione. Mentre infatti Di Battista si è comunque comportato correttamente perché ha tenuto fede ai suoi valori ideali derivati da Gianroberto Casaleggio non ricandidandosi per un secondo mandato ed uscendo fuori dal Movimento quando questo ha supportato il governo Draghi, Di Maio invece ha tradito tutto e tutti dimostrando di essere un “uomo vinavil” che ha la terga letteralmente incollate alla cadrega. Roba da far impallidire la Prima Repubblica, la Seconda e tutte quelle future.

Gli scienziati di tutto il mondo lo studiano, l’uomo che ha mandato in pensione Agostino Depretis il fondatore dell’italica arte del trasformismo nostrano. Abbiamo tutti compreso che Di Maio è una specie di Zelig di Pomigliano D’arco che può assumere qualsiasi poliedrica personalità di chi gli è più vicino in quel momento.

Gilet giallo tra i gilet gialli francesi, terzomondista africano tra i contestatori del franco francese, trumpiano tra i repubblicani, putiniano tra i putiniani, populista tra i populisti, democristiano tra i democristiani, la sua unione mistica con Bruno Tabacci è molto eloquente in tal senso.

La leggenda dice che gli sia anche spuntata la barba vicino a Salvini e che cantasse: “Emilia-Romagna nazione tutto il resto è meridione”. Si dice che Di Maio ragazzetto abbia mostrato una gobba vicino a Giulio Andreotti in visita agli stabilimenti dell’Alfa Romeo.

Il cardinal Crescenzio Sepe non sapeva più come allontanare il già deputato Di Maio dalle processioni a Napoli perché si mimetizzava così bene con i chierici che era impossibile scoprirlo. Di Maio è la quinta essenza del trasformismo, un vero fenomeno, che imbarazza e mette in difficoltà gli stessi camaleonti.
Il suo vessillo fluttua al vento della politica portando scritto un eroico (ed italicissimo) motto: “Franza o Spagna basta che se magna”.

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