Letta e l'ipotesi di accordo segreto con i 5 Stelle. Torna il campo largo?
Che cosa farà Enrico Letta dopo lo strappo di Calenda?
Probabile una grande coalizione con (quasi) tutti dentro e soprattutto il ritorno del campo largo con i Cinque Stelle
Alla fine Enrico Letta è l’uomo del giorno.
Infatti è stato l’indiscusso protagonista dell’intera settimana, prima con l’accordo siglato il 2 agosto con Carlo Calenda e poi con la rottura di ieri esattamente cinque giorni dopo.
Per ora il segretario del Partito democratico non si è mosso male, soprattutto considerando l’insalata russa che ha a disposizione.
Considerando che il centro – destra è secondo i sondaggi in netto vantaggio, il centro – sinistra non può far altro che allargare al massimo l’alleanza e ricostituire una sorta di Ulivo o Unione che le permetta di raccogliere il massimo dei consensi possibili.
Per far questo ci vuole un democristiano, come era Romano Prodi per quella immensa alleanza che conteneva dai comunisti di Fausto Bertinotti ai democristiani di destra di Clemente Mastella e non è un lavoro facile perché metti a posto un pezzo del puzzle e te ne scappa un altro, come se i pezzi fossero dotati di una sorta di repulsione magnetica naturale che li scombina continuamente appena si avvicinano.
Dunque Letta stava pazientemente cercando di creare le condizioni di una alleanza globale che includesse tutti, ma ha dovuto fare i conti con i capricci del più pericoloso e volubile, insieme a Matteo Renzi, dei protagonisti e cioè Carlo Calenda.
La strategia che il leader del Pd si era preparato intelligentemente era quella di fare accordi separati con più componenti possibili a cominciare proprio da quella più instabile e cioè Azione con cui il 2 agosto aveva chiuso un patto di ferro. Tuttavia, se si legge il documento programmatico di due pagine fitte, scritto proprio da Calenda, al punto 2 si trova l’apertura anche ad altre forze politiche. Lo si fa in maniera volutamente ambigua e questo non può essere che il frutto di una proposta del leader di Azione concordata e mediata con il segretario del Partito democratico, altrimenti nessuno dei due l’avrebbe sottoscritta.
L’idea era quella di deformare topologicamente gli spazi politici a disposizione creando una coalizione a geometria variabile. Poi il 5 e il 6 agosto c’è stata la chiusura con Bonelli dei Verdi e Fratoianni di Sinistra italiana.
L’accordo, il cosiddetto lodo Fratoianni, accettato da tutti era che i leader non potevano candidarsi nei collegi uninominali ma così si sarebbero salvati solo Di Maio, Spadafora e Castelli (con in più per il Pd il problema Tabacci) che avrebbero avuto un posto blindato da esterni nella lista Pd. L’accordo tra il ministro degli Esteri e Letta era però che la notizia non doveva uscire fino a 48 ore prima della presentazione delle liste.
Invece la notizia è stata fatta uscire a posta dal Nazareno e a quel punto Di Maio non poteva più reggere i suoi 60 parlamentari inferociti per non avere alcuna possibilità di rielezione e lì Letta è stato “costretto” a cedere una piccola percentuale dei collegi uninominali a Di Maio - Tabacci provocando le ire di Calenda che, anche a seguito degli attacchi ad personam di Bonelli e Fratoianni, ha mandato il tavolo a gambe all’aria.
Poiché Letta non è certo un ingenuo non si può pensare che non prevedesse la reazione di Calenda e forse l’ha volutamente provocata con la fuoriuscita della notizia che Di Maio avrebbe avuto solo tre seggi.
È piuttosto da pensare che il segretario del Pd avesse una strategia ben chiara: portare dentro Bonelli Fratoianni Di Maio Tabacci e la Bonino, separandola da Calenda, cosa che è effettivamente avvenuta. Il tutto con il minimo dei danni.
Però manca ancora un pezzo da spiegare. Perché far fuori Calenda che è caduto evidentemente nella trappola di Letta? L’unica spiegazione è che in mano avesse ottenuto nel frattempo un accordo segreto con i Cinque Stelle che elettoralmente valgono circa il doppio di Calenda (per di più senza la Bonino).
Ora, pallottoliere alla mano, è difficile che non si riapra un dialogo costruttivo tra il Movimento e il Pd e quindi non si ritorni al “campo largo” di Letta - Conte che sembrava abbandonato. Il che avrebbe anche l’effetto aggiuntivo di lasciare nuovamente fuori Alessandro Di Battista e Virginia Raggi (che comunque Conte già dà fuori dalle candidature) che con il Pd e l’”agenda Draghi” non ci starebbe mai.
E a quel punto Letta potrebbe costruire un piccolo capolavoro di strategia e tattica riaprendo addirittura con una alleanza con il Terzo Polo cioè il polo centrista, costruito inevitabilmente da Renzi e Calenda.
Fantapolitica?
Forse. Ma dato tutto quello a cui abbiamo assistito ed utilizzando il filo rosso della logica, questa sarebbe la soluzione che converrebbe a tutti quelli che non hanno a che fare con il centro – destra e la partita elettorale, attualmente chiusa, si potrebbe effettivamente anche riaprire.
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